Buggy volanti nel vento

Skyrunner Expedition

Sabbia nel carburatore, sassi che bucano gomme, dune che rompono i collettori. Il deserto è l’ultima spiaggia dell’ingegno automobilistico. Forse per questo, da che esistono i mezzi a motore, si tenta di attraversarlo per sport. Dove non c’è strada, occorre passare attraverso i valichi dell’intraprendenza, la creatività umana. Il gotha ingegneristico d’Europa, cimentandosi nella Parigi-Dakar, ci ha dimostrato che la tecnologia può far molto. Ma è comunque l’istinto del pilota, alla fine, a decidere l’esito della sfida. Che fare dunque, da persone comuni, per attraversare il Sahara? Ciascun paese ha la sua soluzione. Ecco la più incredibile: bypassarlo del tutto. Sarebbe bello poter partire da Londra, diciamo, a bordo di un’auto più o meno normale. All’alba guidare, fra nebbie insistenti, lungo le strade sinuose del Berkshire, fra boschi di faggio e chiazze di cardi, giungendo alla bianche scogliere del Kent. Sarà mezzodì, in quel momento fatidico, di una pausa fatta per prender coraggio. E poi presso Dover, con entusiasmo pindarico, oltrepassare la fine del nastro d’asfalto, verso il Mare del Nord, cercando le spiagge dei continenti. Per atterrare in Normandia, con quattro ruote ed un parapendio a motore. L’Africa aspetta….
Questa è la storia di un’auto volante. Però diversa da tutte le altre. Skyrunner di Parajet, nata da un sogno british e poi prodotta oltreoceano in Louisiana, evita le trappole di un’eccessiva complessità. Senza ali, turbine o cabine pressurizzate, semplicemente ha una serie di marce. La prima è folle, l’ultima e pazza: perché accende l’elica e gonfia le ali, superando l’ostinata insistenza del suolo. Dona un senso sfrenato di libertà! O almeno, così la descrive chi l’ha inventata: Gilo Cardozo, giovane Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico, MBE. Colui che ha vissuto la più improbabile delle avventure, alla pari di un viaggio di Jules Verne, attraverso la Francia, la Spagna e il Marocco, lunga la Mauritania ed il Mali. Verso il miraggio di Timbuctù! A bordo di quello che, commercio volendo, sarebbe stato il prototipo di una nuova razza di mezzo-ibrido. Non più nella propulsione, bensì nel tipo di spazi che può percorrere: la terra, i cieli allo stesso tempo. Sembra uscita dalle pagine di un comic book.

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Pongo e colla, finalmente insieme

Sugru

Ecco la sostanza brevettata con dentro silicone, talco e diversi altri ingredienti, che può servire a riparare molte cose o perché no, dare pure vita ad un’idea pazzesca, magari combinando gli elementi, appiccicando mille pezzi disparati fra di loro. Facendone un tutt’uno nuovo, con la forza della mente? E la sola imposizione delle mani! Questa roba strana, malleabile, nasce dalla creatività di una giovane studentessa d’arte irlandese, stanca di dover gettare via gli oggetti rovinati, dopo solo un mese o due, come da prassi del moderno mondo consumista.
Si chiama Sugru, tale nemico/a inanimata/o dell’obsolescenza programmata. Che sia maschio, oppure femmina nel suo pronome rilevante, lo lascio decidere a voialtri. L’appellativo, comunque, deriva dal concetto di giocare, per come viene espresso dall’antica parola gaelica “súgradh”. Una giusta concessione da parte di  Jane Ní Dhulchaointigh, probabilmente assai sentita, verso il suo luogo di provenienza, la storica città di Kilkenny. E anche verso il quadrifoglio, simbolo di San Patrizio l’isolano, come dell’improvvisa ricchezza da lei guadagnata, grazie alla pensata di un mattino veramente fortunato. Questa colla in pastiglie, una meraviglia della tecnica e dell’invenzione, viene venduta su Internet da qualche anno, in confezioni variabili per quantità e colori (manca il verde) dalle quali fuoriesce, all’inizio, con la consistenza di un comune chewing-gum. A quel punto può essere manipolata neanche fosse Pongo, per un tempo approssimativo di trenta minuti. Potrete plasmarla, arrotolarla, farla aderire a qualche cosa. Quindi sarà opportuno lasciarla indisturbato per 24 ore, affinché completi il suo processo polimerico d’indurimento, detto reticolazione. L’aspetto più significativo è che a differenza dei tipici prodotti a base di silicone, i quali tendono a far presa solo su se stessi, Sugru aderisce facilmente a legno, plastica, alluminio, vetro, ceramica, metallo e addirittura cuoio, per chi avesse uno stivale rovinato o due. È inoltre anti-scivolo, anti-urto e resiste a temperature variabili tra i -50 e i 180 gradi Celsius, cosa che permette, a chi lo volesse, di usarlo per proteggere la lavastovigle dalla ruggine, come dimostrato in apertura.
Rossa, blu, gialla, bianca e nera: fosse proprio questa qui…La gomma sospirata, per la ruota della macchina del capo, etc. etc.

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Elicottero effettua doppio giro della morte

Elicottero effettua giri della morte

Sembra quasi un modellino. Internet è ricca di testimonianze video sulle peripezie degli appassionati del volo radiocomandato, in cui gli antenati del moderno drone, gli elicotteri lillipuziani, compiono evoluzioni simili a quelle di una piuma trasportata da un ciclone. Qualcuno chiami Forrest Gump! Strumenti straordinari, questi folli frullatori, dalle lame affilatissime, senza posa e che continuano a stupire, soprattutto quando volano…Così. Questo, in particolare, pesa circa 3 tonnellate, forse poco meno. Non è in effetti un semplice giocattolo ma un vero mezzo bellico: l’elicottero Westland Lynx, che qualche tempo dopo aver riconquistato le sofferte isole Faulkland, nel 1982, si ritrova ormai impegnato nell’annuale dimostrazione acrobatica della città di Abingdon sul Tamigi, centro abitato tra i più antichi d’Inghilterra, famoso soprattutto per il suo campo d’aviazione militare. Meglio stupire che sparare, per conquistare l’opinione pubblica! A partire dal 2000, ogni mese di maggio, qui si riuniscono i migliori piloti della RAF e della Royal Navy, con l’obiettivo dichiarato di coinvolgere i presenti, tenere alto il nome del paese e perché no, affascinare qualche giovane mente in età da reclutamento, perché scelga d’inseguire i propri sogni tra le nubi. Come biasimarli…
Pochissime persone al mondo, di qualunque nazionalità, hanno mai effettuato simili capriole, sfidando i limiti dell’aeronautica e del senso comune. L’agile Lince, mezzo volante che per pura coincidenza condivide il nome con il nostro equivalente a quattro ruote dell’Humvee (l’Iveco LMV) decolla in un attimo, sale quasi in verticale, si orienta a candela e poi, incredibilmente, per un breve istante, si ritrova a testa in giù. Il pericolo del volo invertito, soprattutto a bassa quota, non può essere sopravvalutato, neanche in un comune aereo. Figuriamoci, dunque, a bordo di un dispositivo come questo, che sfrutta la portanza di quattro sciabole da samurai e un piccolo rotore, simile allo shuriken di un ninja del futuro.

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Il pandemonio amletico delle scimmie infinite

Chimpology

La gente scruta spesso verso quel canale di YouTube, finestra verso un particolare tipo di follia, ricorsiva, senza fine, di una catartica ingiustizia visuale. Sperando, non senza un certo grado d’incertezza, proprio in cose come questa. Quando l’animatore inglese Cyriak, navigato surrealista, incontra una delle metafore scientifiche più note, astruse e illogiche dell’intera storia umana, non può che nascerne un’allucinogena visione da quasi-fine del mondo, di fronte agli occhi attoniti del pubblico del web, ancora oggi solo parzialmente abituato, dopo tanti anni di avventure straordinarie. Esserci per ricordare, questo è ciò che conta. Dalla sicurezza di casa propria. Eccolo qui, il nuovo frattale di un poema… E ancora in corso di scrittura, tra l’altro. Dunque salga subito quel rigido sipario, entrino gli scimpanzé. Al ritmo sincopato di una musica elettronica, l’esercito scimmiesco batte sopra i tasti d’infinite macchine da scrivere, senza posa e senza scopo. Un orrido orco robot, dal volto d’insensibile metallo, riceve il suo tributo in balbuzie grafiche senza copione, in attesa della fulgida rivelazione: “Non essere, oppure non esserci, qual’era la domanda?” Lettera 42, mille miliardi di volte per conoscere l’inutile risposta. ERROR! Dannati pelosi scribacchini, stiamo finendo le banane. Qualcuno si ricorda quale fosse la domanda?
È tutta una questione di remotissima casualità, applicata alla letteratura. Fu, dicono, Aristotele, quell’accademico sapiente (III sec. a.C.) ad elaborare il prototipo di questa scena, qui dimostrata grazie ai delìri un PC moderno. Si stava giusto pronunciando, sotto i portici gremiti della munifica agorà d’Atene, a sostegno delle teorie di un suo insigne predecessore: “Leucippo di Abdera, l’atomista? Aveva il suo filosofico perché. Come questo vasto mondo, anche Tragedia e Commedia si compongono della stessa materia reciproca e invariata.” Reggendosi il mantello, alzò allora un dito didascalico. Gli studenti tacquero rapiti: “Le lettere, caratteri tracciati sulla carta, sono come la struttura delle cose. Cambia l’ordine, variano gli eventi. Tuttavia, Alfa resta Alfa, e così l’Omega. Prese da sole, sono prive di un significato.” Era, già in quell’epoca, un’evidenza chiara, che il caso governasse il corso degli eventi. Che minuscole particelle, viaggiando in mezzo al vuoto, si scontrassero tra loro, senza il suono di un sussurro, restando appiccicate per formare stelle, rocce, piante, animali e poi persone. Più le cose scorrono, più restano le stesse, questo era l’ideale di una tale Scuola. Trecento anni dopo o giù di lì, il celeberrimo romano Cicerone, non senza spirito polemico, decise di confutare quell’idea: “Tengo in mano un grosso sacco nero. Dentro ci sono una miriade di copie delle 21 lettere dell’alfabeto dei latini. Se io le getto tutte a terra, mai e poi mai potrebbe comparire neanche UN SOLO VERSO degli Annali di Ennio. La casualità, mia cara SPQR, non può produrre il bello.” Scese allora dal suo aureo palco, soddisfatto, verso centomila sgradevoli lezioni di latino. Lui non lo sapeva ancora, che le scimmie discendono dall’uomo. E viceversa, all’incontrario.

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