Maestri della trottola intrattengono i passanti di Taiwan

Spin Top Masters

Nel giorno fondamentale della tua realizzazione, non sarà quello che hai fatto, dove sei stato prima di oggi, il nome del colore preferito a definirti. Ma come verrai lanciato. È una pura applicazione delle leggi della Fisica, l’insieme delle forze che costituivano l’ora migliore della settimana. Quando, dopo aver passato la mattina a lambiccarsi la memoria con latino, greco e matematica, ci si ritrovava nel cortile per giocare a…Pallavolo? Canestro? Mano? Finché un giorno, finalmente, non si palesava d’improvviso quel tripudio di sferoidi, toroidi, clessidre orizzontali. Che i compagni a turno si mettevano a far dondolare. Alla ricerca di un’augusta verità. Immedesimazione: il fanciullo lancia il sasso piatto sopra la superficie della polla d’acqua, perché più di ogni altra cosa, egli desidera acquisire lo stato dell’oggetto minerale. Il quale non possiede il dono del pensiero, ma nonostante ciò, si muove. Per le ragioni post-copernicane dell’inerzia, il gesto e la parola. Comprenderlo, non è difficile. La parte complicata è dimostrarsi in grado di “operare”.
Kuma Films è quel canale di YouTube, gestito dai due fratelli di Salt Lake City Todd e Joe Robins, che attorno a un simile mondo ha costruito la sua non trascurabile fortuna. Con oltre 300.000 iscritti all’attivo, guadagnati soprattutto per il tramite dei loro viaggi in Asia con senza la famiglia, durante i quali hanno saputo catturare in video l’esibizione di alcuni fantastici artisti di strada e non, abili praticanti dei più vari ed imprevisti passatempi. Così quando verso il Natale scorso (che vuoi fare, il montaggio non si fa da se) ci raccontano nella sequenza di accompagnamento della loro ultima creazione, ebbero modo di assistere per caso alla scena prototipica di quanto qui mostrato, non poterono fare a meno di dire un qualcosa di simile a: “Lo voglio.” Oppure: “Dev’essere mio.” Sarebbe davvero difficile biasimarli. Siamo nel distretto di Taoyuan, sito nella parte settentrionale dell’isola un tempo nota come Formosa, che costituisce l’unico territorio della Repubblica di Cina che si oppose a Mao Tse-tung, trasformandosi negli anni in uno stato indipendente ormai riconosciuto de facto dalla comunità internazionale. Una potenza economica ed industriale, tra l’alto, tutt’altro che trascurabile. Sopratutto nel campo delle nuove tecnologie. Ma all’interno della quale, come avviene del resto in buona parte dell’intero Estremo Oriente, sopravvivono degli scorci delle antiche tradizioni e dei valori trasmessi nei secoli, come la facciata di questo piccolo tempio, impreziosita da quelle che sembrerebbero presentarsi come immagini taoiste di antiche divinità ed eroi. Dinnanzi ai quali, come si confà alla loro maestosa presenza, si esibiscono i moderni guerrieri di strada (*ovvero sia, Street Fighters) che acquisita con la lunga pratica la loro arte, non sono troppo lontani dal riuscire a renderla marziale.
Non per niente il dinamico duo di cineamatori li chiama, nel titolo del video, i “cecchini della trottola” benché l’appellativo ufficiale del gruppo di acrobati sia un più patriottico Sānxiá dìngdiǎn tuóluó duì (三峽定點陀螺隊) che stando a Google significa”Team Giroscopico delle Tre Gole” dove gli elementi di riferimento in questione non sono parti anatomiche, ma una celebre regione paesaggistica ad alta percorribilità da parte dei turisti, lungo il corso dello Yangtze, il cosiddetto Fiume Blu. Siamo di fronte, dunque, ad una vera e propria squadra sul modello sportivo, che probabilmente partecipa a tornei e gare su scala per lo meno regionale, e questa mansione dell’intrattenere la gente trovata per caso in strada, la pratica soltanto come un utile valore aggiunto dell’addestramento svolto ogni dì.
Fatto sta che vederli all’opera è una scena totalmente memorabile, che ben poco ha da invidiare ai migliori professionisti della fisarmonica, dell’imitazione di Michael Jackson, delle percussioni di pentole e bottiglie, del vestirsi ed atteggiarsi come una statua…Che si affollano puntualmente, al sopraggiungere di ciascuna primavera, nelle nostre piazze storiche più celebrate…

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L’immensa gioia di abbracciare un orso

Russian Bear Hug

Come in un sogno, in cui le ansie di difficili giornate possono svanire nell’abbraccio tenue di Morfeo, così è l’incontro con quella creatura tipica di molte fiabe, che dopo aver vagato alla ricerca di cibarie in mezzo agli alberi della foresta, ritornava finalmente a casa, nella sua caverna o dentro l’antro di un ennesimo letargo. Certo, quando giunge la notte, si dorme. Finché si è bambini, normalmente, assieme all’orso. Ma è pur vero che nelle oscure notti di luna piena, come ben sapevano gli antichi, qualsiasi creazione della fantasia tende ad animarsi e può persino, raramente, parlare? “Cosa devo fare, padrone? Mi dai da mangiare?” Grossi guai! Per tutti coloro che dovessero dimenticarsi di nutrire…Il peluche! Soprattutto, in un’ipotesi speciale, ancor più rara e degna di essere onorata col rispetto dell’accordo primigenio. Perché quando è notte, c’è la luna piena, e addirittura si verifica l’allineamento tra Mercurio e Marte in prossimità della costellazione dell’Orsa Maggiore, non soltanto la vita torna a visitare quei pacifici pupazzi, ma esattamente come la zucca di Biancaneve questi potranno assumere una proporzione ben più grande, o nello specifico, a dimensione NATURALE. Il che per un orso, è tutto dire: guarda qui che roba. Un vero disastro…
In un cortile assai chiaramente russo, perché il video ha molti titoli e quasi tutti in quell’idioma, un uomo dall’aspetto amichevole è alle prese con una particolare, straordinaria contingenza: il suo cane gioca amichevolmente assieme a lui, strofinando il grosso muso sulla sua testa, slinguazzandolo con espressione sciocca, alzando allegramente le corpose zampe che poi appoggia sopra le sue spalle, come la creatura straordinariamente affettuosa che, senza ombra di dubbio, è. Soltanto che a un’analisi più approfondita…Forse questo non è propriamente un pastore tedesco. Non è un levriero. Non è uno spinone, ne un boxer o un labrador. Ma qualcosa di radicalmente differente….L’URSOS ARCTOS, per essere tipologicamente precisi, ovvero l’imponente specie il cui areale giunge ad estendersi per una buona parte del continente Nordamericano dove riceve spesso il nome comune di Grizzly, e poi nell’Eurasia, dalle propaggini occidentali della Russia fino alla remota terra di Siberia, dove spalanca la sua grossa bocca e poi saluta con gli artigli i pochi avventurosi viaggiatori in moto o in auto, rigorosamente fuoristrada. Qui in Italia, ancora oggi ne permane una sempre più scarsa popolazione, di non più di 30-40 esemplari, tra l’Abruzzo e le montagne del Morrone. Che talvolta riesce ancora a procurare dei problemi all’uomo. Eppure non c’è nulla di selvatico, in questo allegro svago del momento presente, il tipico rilassamento di chi sa che il piatto è ben fornito, la carne è chiusa lì nel frigo e dunque non c’è una singola, valida ragione per stringere lievemente le zampe anteriori, stritolando l’adorabile “padrone”. E allora il sentimento che un tale scena ispira nella mente degli osservatori, in molti casi soggettivi, non può essere che invidia.
Guarda quel testone, la cui portata cranica raddoppia per diametro la fragile apparenza della controparte. Il pelo lucido e probabilmente morbidissimo, in forza di una dieta di alta qualità. La sua presenza immane ma bonaria, come quella di un drago del fantastico, o un leocorno, o un candido grifone, reso docile dalla presenza di un qualcosa di meraviglioso, vedi la prototipica e splendente dama (rigorosamente vergine) in attesa del suo cavaliere di rincorsa, con la lancia ed il vessillo sfavillante. Per non parlar di Jaime Lannister nel telefilm di Game of Thrones, malefico e spietato, che dinnanzi al pericolo di un orso diventava il salvatore della Sua… Ma che poi, serviva veramente, quello lì? Alla fine, gli animali sono esattamente come noi. Trattali con rispetto e considerazione, loro ti daranno – TUTTO. Benché questo non significhi, in considerazione delle circostanze di contesto, che gestire un orso sia una cosa – FACILE. Ciò denuncia, l’evidenza! Per non parlar dell’esperienza, di quei pochi che osarono percorrere la strada, prima ancora di questo signore russo, il cui nome resta ignoto al vasto web.

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I sei Giganti del mondiale di yo-yo

Gormley yoyo
Se questo fosse soltanto un giocattolo, allora Raffaello avrebbe avuto un semplice pennello. Lo scalpello di Michelangelo sarebbe stato uno strumento come tutti gli altri. Il ritratto scultoreo di San Giovanni Evangelista, capolavoro di Donatello, niente più che una scultura tra le tante che decorano la facciata del duomo di Firenze. E gli studi scientifici di Leonardo, meri passatempi… Non a caso sul finir degli anni ’80, come fu narrato nelle saghe istoriche di anfibi con il guscio e mascherina colorata, quei grandi nomi ritrovavano una nuova fama, grazie all’opera e l’addestramento che gli fu fornito dal monumentale topo antropomorfo, il sommo maestro Splinter delle fogne di New York. Così avviene, a più riprese nella storia di qualsiasi arte, sia questa marziale, acrobatica o figurativa: che l’antico perde il suo significato, rinascendo nelle gesta di una nuova estatica generazione; come un lancio filosofico verso il terreno, che non perde quella rotazione al termine del filo, bensì torna indietro, ancor più ricco di connotazioni significative. Porgiamo i nostri onori, dunque, a questi sei vincitori dell’edizione 2015 del campionato mondiale di yo-yo, tenutosi alla Belle Salle Akihabara di Tokyo, dal 13 al 17 agosto: Zach Gormley, Shinji Saito, Hajime Miura, Naoto Onishi, Jake Elliott e la squadra dei SHAQLER. Appellativi, largamente poco conosciuti fuori dall’ambiente operativo, che nonostante questo fanno molto per portare il progresso in quello che sia lecito aspettarsi, come spettatori, da una disciplina tanto vecchia e molte volte trasformata. Che traeva la sua origine remota, come ben sappiamo grazie alle pitture giunte fino a noi, dalla Grecia di cinque secoli prima dell’anno zero, quando era l’usanza che i fanciulli, fino al raggiungimento della maggiore età, possedessero quel doppio disco fatto in terracotta, con un filo in mezzo, in grado di roteare prima di tornare al punto di partenza. Il quale veniva poi donato, finito il tempo delle mele e delle pere, sull’altare del nume sovrannaturale che sceglievano come divino protettore. Mentre molti anni dopo, in corrispondenza del nostro tardo Rinascimento, i resoconti dei mercanti provenienti dall’Olanda ci raccontano dei popoli dell’India e della Malesia, presso cui l’equivalente offensivo dell’oggetto in questione, con lame acuminate sul suo corpo vorticosamente tondeggiante, veniva impiegato per andare a caccia di piccoli uccelli, scimmie o mammiferi sfuggenti. C’era quindi sempre stata, quest’associazione tra il rocchetto acrobatico e il conflitto, il bisogno quotidiano di lasciare un segno sull’ambiente e sulla società.
Ma basta guardare questa esibizione del diciannovenne Zach Gormley, il campione della categoria 1A di quest’anno, che consiste nell’impiego di “Un singolo yo-yo legato al dito, per l’esecuzione di figure che richiedono la manipolazione del filo” per rendersi conto del punto remoto in cui siamo ormai giunti attraverso i secoli di perfezionamento. L’abilità che trova sfogo, nei quattro minuti dell’esibizione, in una serie interminabile di acrobazie, presentate col consueto stile lievemente recitato dell’atleta (acrobata? Giocoliere?) Proveniente dallo stato del Colorado, già trionfatore l’anno scorso del campionato nazionale del Pacific Northwest, nonché più volte scelto per rappresentare il suo paese in quella che è la categoria più popolare, e celebre, dell’arte multiforme di far mulinare uno yo-yo. Qui impegnato in quello che i giudici di gara hanno qualificato come il miglior exploit della sua carriera, fatto di sequenze stranamente lente e cadenzate, seguite da momenti adrenalinici di folli e sorprendenti rotazioni. Ma soprattutto memorabili risultano i momenti, tra l’uno e l’altro stile, in cui Zach interpone le sue mani lungo il tragitto del filo, costringendolo ad assumere forme contorte ed intrecciate. In più e più casi, lo show sembra raggiungere un punto di rottura, mentre quel groviglio, visibilmente annodato, viene osservato con finta perplessità dal suo dominatore, per poche, lunghissime frazioni di secondi. Quindi un rapido colpo di mano, qualche ostentata oscillazione che ricorda vagamente lo zombie di Michael Jackson in Thriller, bastano a rimettere in moto l’orbita del piccolo pianeta, trasformato nel pendolo delle assolute circostanze. La sensazione restituita agli spettatori è quella di un vero e proprio trionfo della mano umana sulla fisica, l’accrescimento della fantasia…Tanto meglio, dunque, se quello era soltanto l’inizio!

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L’ingegnere delle palle astrali rotolanti

Kugelbahn

Un bambino che traccia piste nella sabbia per giocare col tallone, verso il mezzogiorno di una domenica di primavera. La risacca giunge con quel suono ripetuto, SWOOSH che pare richiamarsi al segno dell’aspettativa. Cosa sta per capitare a tante biglie decorate? Quale mistica evenienza può manifestarsi nel riflesso luminoso di una sfera, trasportata verso la sua meta semi-sotterranea? Il segreto non alberga al termine dell’arco di un baleno, bensì all’apice di questo, dove ponti arcuati, costruiti con sassetti e bastoncini, si protendono verso la punta e i limiti della questione. Qualsiasi forma di divertimento personale, se portata alle sue estreme conseguenze, si trasforma inevitabilmente in arte. Ma quando palesandosi ci appare tanto mistica e complessa, bizantina nel suo progredire, non si può fare a meno di chiamarla “scienza” e togliersi il cappello verso il suo creatore/costruttore/controllore. Niente sabbia, qui. Pura applicazione della mente di un elettricista; Ernst Heye, tecnico e tedesco, mette assieme incredibili labirinti gravitazionali con il fil di rame, in cui dozzine di sferette albergano immanenti, nell’attesa che qualcuno ponga il segno d’iniziare. Una leggera spintarella: tanto basta per partire. Verso l’oltre, addirittura, l’aldilà!
La piramide di Nefertiti, usata a ispirazione del costrutto, è una contraddizione in termini, la fantasia non-storica di un menestrello. Ella, che visse nell’Egitto della XVIII dinastia del periodo Armaniano (XIV secolo a.C.) fu regina col marito Akhenaton, dalla loro capitale di Tell al-Amarna. Ebbe, secondo le scene rappresentate sulle tombe coéve, ben sei figlie, al punto che il titolo nobiliare di figlio-della-figlia-di-Nefertiti fu usato a partire da quei giorni come il segno massimo di nobiltà. Alla sua nascita oltre mille anni, tuttavia, erano ormai trascorsi dall’epoca dell’edificazione delle grandi piramidi di Giza, e invero la sua mummia, assieme a quella dei familiari maggiormente rilevanti, non furono mai ritrovate dagli archeologi. Silenziosamente, giacciono immote in qualche misterioso sotterraneo. L’energia potenziale di una simile scoperta non deve essere sfuggita agli occhi chiarificatori dell’artista. Un meccanismo, in fondo, è soprattutto quello e questo. Lo strumento bello per creare un gesto! Quando un giorno finalmente, sotto rocce millenarie, si scorgerà quel sepolcro misterioso, l’effetto domino dei suoi segreti contenuti innesterebbe una reazione quasi senza fine, rimescolando presunzioni e congetture secolari. Come la cascata di palline dentro a un flipper del pachinko. Oppure le automobili in partenza dal casello, all’inaugurazione di una nuova via – paragone, questo, niente affatto accidentale. La caratteristica tipologica della scultura cinetica mostrata in apertura, intitolata Die Pyramide der Nofretete – 2teVers. è generalmente identificata con il termine tedesco di kugelbahn ovvero, la strada per palline. Come nell’alternativa maggiormente celebrata delle autobahn, non esiste un tetto ultimo per la velocità. Né il numero degli pneumatici partecipanti… 

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