Il villaggio coreano che ha scommesso il suo futuro sull’attrazione magnetica del colore viola

Situato nella parte meridionale della più famosa penisola dell’Estremo Oriente, seguita in tale classifica dal non vicinissimo Vietnam, l’arcipelago costiero della contea di Sinan si compone di 111 isole abitate e 719 troppo piccole, remote o inaccessibili perché qualcuno potesse decidere di costruirvi un’abitazione. Regione dal clima mite, il mare attraente, la flora e fauna rispettabilmente diversificate, essa costituisce un sito turistico di un certo livello fin dall’epoca del regno della dinastia Joseon, che per oltre cinque secoli seppe tenere unito il paese nonostante le notevoli pressioni esterne ed interne. Luoghi di svago e di relax dalla ben nota fama nazionale, tuttavia difficilmente tali terre emerse potrebbero venire definite come dotate di uno charme imperituro tra le giovani generazioni, in assenza di attrazioni e svaghi come centri sportivi, mete escursionistiche o perché no, importanti reperti archeologici dall’interesse vicenda pregressa. Prendi per esempio il myeon (centro abitato) di Anjwa, composto da 59 Km quadrati ove figura, tra le altre, l’isoletta per lo più rurale di Banwol. Divisa dalle sue vicine più prossime mediante un tratto di mare non più profondo di qualche metro, tale da permettere il caratteristico tipo di pesca e raccolta delle pianure fangose, in uno scenario caratteristico ma relativamente ordinario nel suo complesso. Tanto da aver permesso il principale segno d’identificazione di un tale luogo di essere individuato nella presunta forma di “mezzaluna” della conformazione topografica emergente sullo sfondo, con la più alta collina identificata mediante il termine Gyeonsan, ovvero di “montagna della spalla” per la somiglianza con una comune spalla umana. Mentre una volta giunti presso quei tiepidi lidi, le principali mete offerte ai visitatori includevano tradizionalmente punti forti come la scuola elementare abbandonata, i cumuli di pietra apotropaici di un eccentrico abitante del luogo, la singola stele commemorativa qui posizionata dai primi membri del clan Indong Jang, forse il singolo oggetto più antico e significativo dell’isola. Situazione priva di particolari sorprese ma destinata a cambiare a partire dall’anno 2015, quando all’interno di un progetto per la rivalutazione economica della contea, lo stato stanziò finalmente i fondi necessari per la costruzione di un particolare punto di riferimento: il cosiddetto ponte o Passerella dell’Angelo tra le isole di Bakji e Banwol, della lunghezza approssimativa di 1.500 metri ma l’altezza misurabile in poche spanne, data la trascurabile profondità delle acque marine capaci di sollevarsi nel corso di una normale giornata tra queste due località geografiche. Struttura certamente affascinante, con il suo stile architettonico che guarda all’antico e l’utilizzo quasi esclusivo di materiali naturali, ma essenzialmente destinata a costituire un’ulteriore nota a margine nelle guide turistiche della regione. A meno finché nel 2020, successivamente al miglioramento dei collegamenti stradali nell’intera contea di Sinan, fu deciso di effettuare un’approfondita opera di restauro e manutenzione del ponte. Quando l’amministrazione locale, con una sorta d’ispirazione del momento, decretò che dovesse essere dipinto interamente di viola, per richiamarsi alle attraenti distese di campanule e fiori d’asteracee del New England che da lungo tempo avevano distintivamente caratterizzato l’entroterra di Banwol. Al che alcuni degli appena 150 abitanti del luogo dall’età media piuttosto avanzata, per buona misura, decisero di dipingere i tetti delle loro abitazioni dello stesso colore, mentre alcuni nuovi istituti d’accoglienza, tra cui un hotel e due ristoranti, finivano per subire lo stesso destino. Il che non avrebbe forse portato a cambiamenti significativi, se non fosse stato per la casuale occorrenza di un paio d’importanti fattori collaterali…

Oltre al Ponte dell’Angelo, rinominato in epoca contemporanea molto più semplicemente come “Ponte Viola”, Banwol presenta una seconda passerella più corta che la collega ad una terza isola, la piccola Anjwa. Vi lascio immaginare il suo colore…

Il primo dei quali sarebbe stato, all’inizio dell’anno 2020, l’implementazione delle prime misure di restrizione per la pandemia da Covid-19, tali da includere nell’intera Corea del Sud l’obbligo della quarantena per chiunque fosse costretto, da cause di forza maggiore, a lasciare il territorio del proprio paese. Il che avrebbe immediatamente favorito il ritorno ad abitudini di viaggio ricreativo dislocate principalmente nel solo territorio nazionale, con un ripopolamento stagionale progressivo delle tradizionalmente note isole dell’arcipelago di Sinan. Mentre il secondo aspetto, meno prevedibile ma forse ancor più rilevante dal punto di vista della popolazione, sarebbe stato identificato in uno degli esempi più riusciti dell’esportazione d’intrattenimento più influente dell’intera penisola coreana: la musica Pop contemporanea, nell’accezione praticata dal famoso sestetto dei BTS, più comunemente definiti i Bangtan Boys. Ed in particolare il riuscito slogan attribuito ufficialmente al membro e cantante del gruppo Kim Tae-hyung, alias semplicemente “V”, coniatore dell’espressione linguisticamente creativa di borahae (보라해). Grosso modo traducibile, con un certo livello d’immaginazione, in un I/we love you in cui il verbo amare sia stato sostituito con il termine viola/purple, sfruttando quel tipo di ambiguità tra verbo e sostantivo che manca del tutto nella lingua italiana. Espressione tanto amata dall’attivissimo e diffuso fandom del gruppo, da aver essenzialmente colorato di viola ormai da anni tutto il merchandising, l’abbigliamento e gli accessori collegati ai Bangtan Boys, disegnando onde concentriche da quel primo impatto di un singolo sasso nella superficie ininterrotta della loro comunicazione pubblicitaria vigente. E sapete quale rappresenta, al giorno d’oggi, il più importante valore aggiunto per un giovane dalla vita sociale particolarmente significativa? Quello collaterale ed intangibile, ovviamente, della foto su Instagram, da condividere e commentare assieme agli amici, possibilmente nel contesto dei propri interessi preferiti in comune con buona parte delle fasce di popolazione coetanee su scala più o meno nazionale. Aprendo quindi la stagione, presso l’isola di Banwol, d’intere schiere di visitatori armati di cellulari d’avanguardia e macchine fotografiche professionali, per realizzare veri e propri servizi sullo sfondo dell’affascinante ponte, i campi fioriti color lavanda, il paesino dagli edifici ed altri punti di riferimento dall’iconica tonalità di riferimento. Un’occasione ben presto colta al balzo dai locali, che iniziarono a promuovere l’opportunità con iniziative come sconti o accesso gratuito alle poche attrazioni dell’isola per chiunque vi giungesse con abbigliamento della settima sfumatura dell’arcobaleno (lo stesso numero, per l’appunto, dei membri della band BTS). Con un aumento stimato di oltre il 200% dei visitatori annuali anche in forza delle trattazioni su Internet in molte testate di argomento turistico, al punto di favorire la citazione dell’isola ed il suo villaggio nell’elenco delle migliori iniziative di riqualificazione sostenibili praticate da piccole comunità nel mondo. Nonché giungendo a costituire dal punto di vista turistico, molto apprezzabilmente, una nuova fonte di reddito per la popolazione per lo più in età avanzata dei pescatori rimasti a vivere in questo luogo lontano dal centro pulsante dell’odierna civiltà metropolitana. Dove ogni cosa sembra al giorno d’oggi poter accadere, inclusi alcuni eventi pregressi non del tutto degni di lasciare un’impronta positiva nella storia locale…

I campi fioriti violacei caratteristici dell’isola, come potrete facilmente immaginare, sono stati ulteriormente accresciuti ed accuditi per favorire ulteriormente la fama dell’intera ensemble d’attrazioni locali. Viene da chiedersi, a tal proposito, quando questa “fissazione” funzionale finirà per diffondersi anche al resto dell’arcipelago, facendone un’ancor più importante punto di riferimento per i fan della musica dei BTS.

Fece molto notizia, a tal proposito, il caso verificatosi proprio nel 2014 di due uomini mentalmente disabili e senza fissa dimora, Kim e Chae, che non senza difficoltà riuscirono finalmente a fuggire dalla spiacevole situazione che aveva condizionato la loro vita rispettivamente nel corso degli ultimi 3 e 5 anni. La stessa vissuta, a quanto fu in seguito scoperto, da almeno altri 18 individui con una storia personale simile, abusivamente deportati e sfruttati nelle saline di evaporazione locale, dietro minacce e maltrattamenti ad opera di quelle che loro si limitarono a definire ingenuamente delle “persone cattive”. Dopo il salvataggio delle quali, i responsabili del racket vennero immediatamente incarcerati e nuove misure di controllo implementate localmente, sebbene la semplice occorrenza pregressa di un caso simile nella tranquilla ed accogliente contea di Sinan fosse destinata a connotare in modo indelebile la reputazione di questi luoghi, con critiche allargate all’intera decentralizzazione delle forze dell’ordine sudcoreane, spesso a discapito dell’attenzione ai dettagli dimostrata nella maggior parte delle periferie.
Il che non dovrebbe certamente limitare il vostro eventuale interesse turistico nei confronti di un luogo tanto unico al mondo, benché suggerisca un certo grado di cautela qualora doveste pagare per prendere in affitto una delle biciclette in offerta al pubblico, per fare un giro solitario delle due isole congiunte da un ponte viola. Soprattutto visto come, persino in questo paradiso, non sono inauditi casi pregressi di violenza e rapina ai danni d’incolpevoli persone di passaggio. Qualcosa che non saremmo forse inclini ad aspettarci, nel sereno e ragionevolmente tranquillo territorio di uno dei paesi maggiormente industrializzati al mondo.

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