Mostrato il modo in cui le cellule si spostano attraverso la materia

Osservate questa scena: l’alone rosso che si configura in una multipla sovrapposizione di forme all’interno della testa di un pesce. Curvilineo, come il confine esterno di una stella, ed in continuo movimento, quanto la moltitudine di un brulicante formicaio. Attraverso cui bizzarre forme di un color cobalto intenso si palesano d’un tratto, poi scompaiono di nuovo, con saettante moto che in qualche maniera vuole tendere all’infinito. Ma in realtà, combatte una battaglia senza fine contro corpi minacciosi ed Estranei. Può sembrare una visione cosmica d’altri Universi, fantascienza di una mente fervida e sconnesso. Mentre in effetti, tutto questo, è quanto di più vicino si trovi a ciascuno di noi in questo preciso istante! Poiché raffigura, in circostanze molto simili benché diverse, ciò che sta avvenendo proprio adesso, all’interno delle nostro stesso paio d’orecchie in perenne ascolto. E se vi concentrate nel silenzio, magari, chi può dirlo, inizierete a udirne il rumore…
Nel corso dell’evoluzione della scienza attraverso i secoli, nessuna delle nostre doti ha avuto un’importanza maggiormente significativa dell’innata capacità umana d’immaginare. Quel potere della mente, alla base stessa del progresso e delle invenzioni che migliorano la nostra vita, che intravede margini di un possibile miglioramento, o si presta nel descrivere in maniera estremamente dettaglia tutto quello di cui conosciamo l’esistenza, benché i nostri occhi, allo stato attuale delle cose, non possano affermare di conoscere direttamente. E potrebbe forse sorprendervi la menzione del modo in cui, all’interno di un simile insieme di fattori, sia possibile nei fatti annoverare l’unità più basilare della vita. Quella “cellula” (nei fatti, ne esistono milioni di varianti) che infinitamente replicata, costituisce il nostro stesso essere ed è quanto di più facile, da prendere e spostare sotto un microscopio. Non abbiamo, forse, molto chiara quella forma fin dall’epoca della scuola? Una membrana grosso modo globulare, all’interno della quale, nel citoplasma, galleggiano essenziali mitocondri e altri organelli, mentre dal centro della stessa un corpo scuro, il nucleo, dirige e sovrintende alle fondamentali operazioni. Oggetto dai confini chiaramente definiti, così come appare sopra ad un vetrino ed isolato dai suoi simili, perfetto alla maniera di un cristallo estratto dalle viscere del mondo. Strano quindi che, come in parecchi avevano già lungamente sospettato, tale immagine possa portarci totalmente in errore. E a dimostrarlo ci ha pensato il fisico e professore di biologia molecolare Eric Betzig dell’Università di California, introducendo i processi di perfezionamento dell’acquisizione d’immagini che nel 2014 gli valsero il premio Nobel per la chimica, e di cui il nostro video mostrato in apertura, realizzato ad aprile dello scorso anno, costituisce una delle risultanze più recenti ed al tempo stesso, notevoli ed impressionanti. Realizzato attraverso la messa in chiaro delle immagini rilevate nell’orecchio di un pesce zebra (Danio rerio) trasportato ed analizzato presso l’Istituto Medico Howard Hughes di Chevy Chase, in Maryland, nel contesto di un programma per la dimostrazione antologica delle capacità di un simile nuovo approccio. Il cui effettivo funzionamento e requisiti tecnici, nei fatti, non risultano essere esattamente alla portata di chiunque…

Il microscopio a foglio lenticolare (LSFM) costituisce ad oggi un connubio estremamente sofisticato di tecnologie molto diverse tra loro. La cui comunione e funzionamento di concerto rappresentano, nei fatti, traguardi innegabilmente difficile da replicare o costruire in serie.

Per dare quindi spazio al (complesso) lato tecnico della faccenda, quanto qui stiamo vedendo all’opera è il sistema di acquisizione immagini noto come microscopia a foglio di luce reticolare, il cui effettivo funzionamento costituisce un’innovazione significativa per l’intero campo della biologia, capace di mutare profondamente le legittime aspettative in merito alla chiarezza visuale ottenibile durante le analisi di laboratorio. Questo perché, attraverso l’approccio convenzionale, qualsiasi apparato utilizzato ha sempre sottinteso l’utilizzo di un cosa, sopra ogni altra: copiose quantità di luce, immessa come una potente radiazione attraverso il campione da analizzare, con conseguente arresto pressoché istantaneo dei suoi normali metodi operativi. Poiché, già: quando si parla di singole cellule viventi, siamo dinnanzi a strutture forti ma al tempo stesso vulnerabili, proprio in funzione delle loro dimensioni ridotte, nei confronti di qualsiasi situazione esuli dal loro naturale contesto d’appartenenza. Con il risultato che, sebbene fossimo perfettamente in grado d’osservarne le forme, molto più misteriosi risultassero i processi di cui la scienza era solita informarci a margine di tale conoscenza superficiale. Tutti quanti sapevamo ad esempio, per tornare alla scena del nostro video mostrato in apertura, la maniera teorica in cui un macrofago (cellula immunitaria di tipo mononucleato) potesse attraversare lo spazio interstiziale tra gli organi e le vene dell’organismo, al fine di raggiungere le zone affette da contaminazioni batteriche all’interno del corpo. Ma come ciò potesse effettivamente avvenire, restava per lo più un mistero: mentre raffigurazioni più o meno scientifiche mostravano le altre cellule aprire le proprie inesistenti “porte” o in alternativa mutare forma o dimensioni, al fine di lasciar passare tali esseri in maniera non poi così diversa da quanto mostrato nel cartone animato “Siamo fatti così” di Albert Barillé o il più recente “Cells at Work” di Akane Shimizu. Mentre la realtà, alquanto prevedibilmente e come dimostrato dal nuovo approccio metodologico di Betzig, risulta essere ben diversa: con i rispettivi nuclei fatti immessi come un cavallo di Troia, grazie all’involucro cigliato del rispettivo citoplasma, oltre le mura invalicabili dell’uno o l’altro spazio. Per poi trascinarsi dietro, un poco alla volta, il resto della cellula stessa. E tutto questo, per la prima volta sopra i nostri schermi grazie ad un sistema ingegnoso: l’impiego di un fascio di luce perpendicolare che attraversa, per un singolo livello alla volta, lo spazio trasversale della cellula, affinché possa esserne fotografato uno “strato” ala volta (lo so, si tratta di una semplificazione). Ciascuno dei quali quindi, ricomposto grazie alla grafica computerizzata, contribuirà alla creazione di un letterale modello tridimensionale, per di più animato, del tutto affine a quello mostrato in apertura. Ulteriormente impreziosito dall’iniziativa di dare in pasto ai macrofagi proteine contenenti un mezzo di contrasto, capace di risplendere di affascinante azzurro sotto la lente del microscopio. Le implicazioni di un simile risultato risultano essere, semplicemente, impressionanti…

L’opera del macrofago è tra quelle più strane condotte all’interno del nostro corpo (e quello di altre creature complesse). Cellula dotata di un notevole grado d’autonomia, capace di dare la caccia alle proteine che lasciano intendere la presenza di un batterio, essa quindi lo ingloba, per morire subito dopo e poi venire espulsa, in forma di pus.

Ma l’idea geniale proposta da Benzig e successivamente migliorata, assieme ai ricercatori dello Hughes e quelli di un certo numero di altre prestigiose istituzioni scientifiche nel corso degli ultimi anni, va persino oltre nel perfezionare quanto sia possibile raffigurare tramite un simile approccio. Attraverso l’implementazione di un sistema noto come laser guide star (LGS) proprio perché impiegato, normalmente, in astronomia. Mediante il quale, grazie all’impiego di una traccia luminosa fatta risplendere grazie a un diodo laser, se ne possono successivamente correggere le evidenti distorsioni, potendo in tal modo correggere le distorsioni dell’immagine prodotte dall’atmosfera terrestre o come in questo caso, la moltitudine delle cellule all’interno di un organismo vivo e proprio per questo, pienamente funzionante.
Per la quantità di scoperte che con ogni probabilità giungeranno alle pagine delle riviste scientifiche di tutto il mondo, a partire da tale innovativa metodologia microscopica, probabilmente, non basterebbe un secondo articolo: nuove cure a malattie genetiche, capaci di agire nel momento stesso in cui malformazioni tendono a generarsi, o approcci risolutivi nei confronti di numerose tipologie di cancro. Forse persino medicinali prodotti a basso costo, capaci di debellare per sempre malattie ormai considerate anacronistiche nel Settentrione del Mondo, pur continuando a costare la vita ad innumerevoli quantità dei nostri fratelli e sorelle, al di là del mare. Ma in quest’ultimo aspetto, come ogni altra volta, occorrerà fare affidamento sulle naturali propensioni dell’indole umana. Capace di perseguire fantastiche meraviglie, ma anche dar luogo a profonde disuguaglianze nello stagno umido delle idee. Così come la mascella dell’affamato zebrafish con l’orecchio in fermento, mentre si chiude sulle inconsapevoli moltitudini del proprio pranzo… Infinitesimali molluschi privi (?) d’immaginazione e di fantasia.

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