Buongiorno, bruco verde con la maschera di un adorabile felino

Oggi più che mai, attraversiamo i momenti successivi delle nostre vite adattando il modus operandi sulla base delle circostanze transitorie del momento. Il che poi sarebbe, volendo usare una definizione già sentita, la nostra propensione a cambiarci la maschera di ora in ora: studente rispettoso, animale festaiolo, professionista responsabile, rabbioso Anonimo baffuto alla sfilata dei Guy Fawkes. Ma se c’è un momento in cui dovremmo essere noi stessi, almeno per qualche minuto, è quello in cui accendiamo per la prima volta il lume della fievole coscienza, al risveglio mattutino di ogni singola giornata. Quando la mente grida con potente enfasi: Ohayou Sekai, Good Morning World! O per usare la comune traslitterazione anglo-giapponese, HARO WARUDO, a meno che… Sia proprio la prima di queste due parole a ricordarci, con due sillabe riconoscibili, l’esistenza di un particolare personaggio le cui sembianze, più di ogni altra, dovrebbero tornare utili ad interpretare il sentimento. Ed il nome di una simile creatura vagamente antropomorfa, voi lo conoscete molto bene. Grazie a un merchandising senza fine che ritorna periodicamente a ondate di gran moda, sin dal 1974: Gatto del Buongiorno, o se vogliamo usare ancora un termine straniero, Hello Kitty, una gattina che frequenta eternamente la terza elementare.
E se io vi dicessi, di nuovo, che in natura esiste veramente un animale con quel volto? Quasi come se il bisogno di trovare un’espressione fin da subito composta, il massimo bisogno del risveglio, avesse dato luogo all’imitazione biologica dei presupposti artificiali. Quello che succede raramente, ma quando succede… Apriti (mi)cel(i)o, ed Internet nel suo complesso! Un’altra piccola creatura è stata illuminata dai due o tre o cinque attimi di fama, questa volta grazie al posto originario di un entomologa e meteorologa (curiosa combinazione, vero?) della regione di Tokyo, il cui soprannome è Wapi-chan. In primo luogo perché il bruco tipico delle “farfalle marroni del sottobosco asiatico” (Gen. Mycalesis) nonostante la lunghezza media di appena 3/4 cm, appare caratterizzato dalle proporzioni di un magnifico fagiolo di peluche, fatta eccezione per le borchie dei bitorzoli prese in prestito da una zucchina. Il secondo per la pinza definita scientificamente corno/bi-corno, situata in corrispondenza della parte posteriore, che sollevandosi a intervalli regolari lascia fuoriuscire una pallina nera dall’aspetto estremamente regolare, deiezione derivante dalle foglie che il suo proprietario ingurgita senza riposo. E terzo, beh, non credo serva farvelo notare… Il bruco striscia su dozzine di pseudopodi ma se lo guardi con la giusta prospettiva, sembra quasi che si muova sulle zampe di un agile cacciatore d’indesiderati topolini. In altri termini, sembra quasi che sia pronto per alzarsi in piedi, poco prima d’iniziare a gattonare.

Il bruco-gatto, come molti altri appartenenti alla sua categoria, attraversa fasi successive d’ispessimento chiamate instar o fasi, ciascuna delle quali inizia con l’abbandono del suo involucro esterno, fino alla costituzione del grande bozzolo finale. Ecco la probabile ragione di questa bizzarra versione smagrita…

Il particolare bruco diventato celebre online qualche anno fa, in origine attraverso un cursus dei soliti canali social che oggi appare arduo da ricostruire (Internet, purtroppo, ricorda tante cose quante ne dimentica senza rimedio) era stato identificato come un appartenente alla particolare specie della Mycalesis gotama, anche detta Bushbrown cinese, benché proprio l’implicita plasticità delle forme e colori di queste particolari larve di lepidottero, in funzione della stagione, condizioni climatiche ed umidità vigenti, renda tale riconoscimento molto difficile persino per gli esperti del settore. Ragion per cui, l’unica prova inconfutabile finisca spesso per derivare dall’attesa apertura del relativo bozzolo, prendendo nota dell’aspetto adulto della farfalla. E rimarrebbe assai probabilmente deluso, in questo caso, chiunque fosse propenso ad aspettarsi variopinte ali d’insetto, per non parlare, data la succitata somiglianza, di una versione vagamente tangibile del personaggio ibrido dei cartoni americani, Catbug. Poiché tutto, nelle farfalle adulte appartenenti a questo genere, lascia intuire il desiderio di passare inosservate ai predatori, data la livrea di un marrone chiaro concepita per ricordare le foglie autunnali, con l’unico elemento distintivo di una serie variabile di ocelli (occhi dipinti) concepiti per confondere o allarmare i predatori. Del resto, si sa, il bruco raramente presenta qualche tipo di somiglianza con la sua versione adulta e volatile, per quanto labile, sia nell’aspetto che nelle particolari potenzialità. Una faccenda riconfermata nel saliente caso delle Mycalesis dalla faccia-di-gatto, le cui larve non possiedono veleni o altri metodi di protezione chimica, dovendo affidarsi per via di questo unicamente al mimetismo e un orario di attività per lo più notturna. Il che ci porta, nuovamente, alla questione della cosiddetta plasticità cromatica come definita originariamente in uno studio in materia di Harshad Vijay Mayekar et al, del centro di ricerca indiano Thiruvananthapuram, nello stato del Kerala (vedi).
Il quale ha definito tramite un approccio sperimentale sui bruchi della farfalla Mycalesis mineus, come l’introduzione in un ambiente umido tendesse a provocare in loro la creazione di una pupa (il bozzolo) tendente il più possibile al colore verde. Mentre viceversa, la tonalità preferita risultava essere la stessa delle ali degli adulti, o persino più scura per confondersi con le piante secche. Il tutto ad ogni modo, in modo totalmente indipendente dall’aspetto della maschera sopra-citata, ovvero quella testa stranamente “trapiantata” sulla larva e protetta da scleriti (placche difensive) per lo più regolari. La quale potrebbe facilmente derivare, in maniera pressoché diretta, da un negozio specializzato negli articoli della gattina più famosa della giapponese Sanrio.

Quanta fatica, quale impegno nutritivo a spese delle piante ospiti. Per procedere fino all’agognata metamorfosi finale e trovare il partner del remoto sottobosco! Con cui operare quel mistico incontro, che rinnova le generazioni.

Dal punto di vista ecologico, i lepidotteri del genere Bushbrown non sembrano presentare particolari problematiche per gli umani nel loro intero areale, che si estende dal sub-continente indiano fino all’Asia centro-meridionale, il Giappone, l’Indonesia e persino l’Australia. Probabilmente in funzione delle loro preferenze in ambito vegetale, che li porta a diffondersi primariamente sulle piante di genere Bambusa (il bambù) e varie tipologie di erbe selvatiche, come Isachne, Miscanthus, Setaria e Oryza. Difficilmente, quindi, potrete mai aspettarvi di trovare una piccola Hello Kitty nel vostro giardino, a meno che sia Halloween e la derivazione della maschera appaia di un tipo decisamente più convenzionale: il catalogo del succitato negozio, oppure qualche sito per gli acquisti online.
Ma ricordàtelo prima di ogni altra cosa: non è davvero possibile assegnare un prezzo al “buongiorno”. Quando l’unico approccio possibile, risulta il miagolare per la maschera che in qualche modo, dovremo pur decidere di metterci, anche stavolta! Lo sapevano assai bene sia Pirandello, che la designer giapponese Yuko Yamaguchi. E quindi poco importa che diversi contesti geografici, epoche e background culturali, li avessero portati a esprimere quel sentimento in maniera totalmente opposta…

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