L’idea innovativa di un monopattino a forma di sfera

Dieci soldati dalla candida uniforme, il colletto rosso, la testa bulbosa, una forma fisica che lascia intendere l’assunzione di qualche caloria di troppo prima dell’ora di colazione. Un colpo risuona sulla distanza, seguito dalla furia rotolante che avanza. Nove soldati dalla candida uniforme aspettano il proprio turno, prima di cadere. In origine, l’uomo preistorico faceva una grande fatica nell’organizzazione del suo gioco preferito, il bowling. Questo poiché, per quanto potesse risultare semplice trovare pietre dalla forma relativamente sferoidale, esse dovevano necessariamente essere impugnate con due mani sopra la testa, prima di essere scagliate nella direzione generica della pista di gioco. Il che portava inevitabilmente a una quantità piuttosto elevata di tentativi, prima che il suddetto pegno potesse realisticamente riuscire a colpire bersagli multipli, ottenendo un punteggio degno di essere annotato sulla tavoletta d’argilla di giornata. Almeno finché a un uomo, chiamiamolo “Atouk”, non venne in mente di praticare nel sasso tre fori per le dita, mediante l’impiego del suo pratico trapano a mano. Non c’è dubbio, in effetti, che la sfera sia la forma più elegante nonché efficiente in natura: una pletora di punti equidistanti dal centro, il nesso esatto della questione. E un involucro ragionevolmente resistente, in grado di deflettere gli urti e giungere rapido verso il traguardo. Ma prima che un tale solido possa dimostrarsi utile all’umanità, ciò resta innegabile, occorre che sia dotato del giusto tipo e quantità di appigli. Oppure, perché no… Sostegni.
Jyroball! Ne avevate sentito parlare? Ci avrei scommesso, dopo tutto, si tratta dell’ultima diavoleria (con campagna di finanziamento su Indiegogo) proveniente dal fervido incubatore aziendale dell’irlandese Thomas O Connell, già promotore di una serie di monopattini a tre ruote ed altri giocattoli “mobili” per bambini di ogni età, questa volta alleatosi con Marc Simeray, nient’altro che uno dei pionieri, nonché primi costruttori, di un effettivo veicolo monoruota a batteria. Poco dopo che, all’inizio degli anni 2000, il successo in campi altamente specifici del Segway bastò a dimostrare al grande pubblico come l’impiego di un giroscopio coadiuvato dal baricentro basso potesse garantire il mantenimento automatico dell’equilibrio nella maggior parte delle situazioni, fatta eccezione quella di un utilizzatore particolarmente inetto o spericolato. Ragion per cui, una volta miniaturizzati per quanto possibile batteria, pneumatico e motore, tutto ciò che sarebbe rimasto era un oggetto altamente trasportabile che poteva, a sua volta, spostare in giro il suo bipede proprietario umano.
Ora per chi conosce la storia di un tale ambito, l’effettiva presa di coscienza in merito al funzionamento dell’avveniristica Gyroball non potrà che ricordare almeno in linea di principio il veicolo personale dal ragionevole successo creato dall’inventore di origini cinesi Shane Chen nel 2010, noto col nome di marketing “Solowheel” (vedi precedente articolo sull’argomento) benché la sua forma geometrica presenti effettivamente un maggior numero di punti di forza in comune con un qualcosa di prodotto soltanto successivamente, la cui bellezza e semplicità estetica, tuttavia, potrebbero risultare soggettivamente inferiori…

L’aspetto originale di entrambi i Solowheel, come lasciato intendere dal pragmatismo del loro creatore, risultava essere piuttosto semplice e funzionale. Soltanto negli ultimi modelli si trova un qualche tipo di ricerca in merito, benché l’effetto finale sia ancora ben lontano dall’appariscente “cattiveria” sferoidale della Jyroball.

Il concetto dello scooter elettrico autobilanciato, chiamato per un’erronea convenzione hoverboard (dopo tutto, nessuno di questi dispositivi è in grado di “fluttuare”) ha iniziato ad occupare un posto di primo piano nella cultura di massa con il grande successo del particolare modello inventato da Shane Chen attorno al 2016, quindi subito copiato da molte aziende del suo stesso paese di provenienza, composto da due ruote con un piano d’appoggio centrale il cui utilizzo risulta essere naturalmente molto più limitato, ma forze anche per questo divertente, dell’originale Solowheel. Il che costituì per lungo tempo un rammarico dell’inventore affermato, in realtà intenzionato a fornire con le sue soluzioni un nuovo approccio alla copertura del cosiddetto ultimo miglio, migliorando in questo modo la vita d’innumerevoli pendolari. Ecco, dunque, l’origine della “via di mezzo” Solowheel Iota, veicolo compatto consegnato ai finanziatori di Internet dalla compagnia di Chen Inventist nel febbraio del 2017, per poi incontrare la produzione in serie nella versione migliorata dello IOTAtrax. E sembra in effetti che la Jyroball di Chen e Simeray voglia collocarsi proprio in competizione con quest’ultimo dispositivo, anche visto il prezzo relativamente simile (321 euro per la palla contro i 399 del Solowheel) per lo meno nel corso dell’attuale campagna di raccolta fondi, benché il prezzo del nuovo apparecchio sia destinato, almeno sulla carta, ad aumentare esponenzialmente fino a 899 dollari nella versione che dovrebbe arrivare nei negozi, in un momento imprecisato del prossimo, o non tanto prossimo futuro. Dal punto di vista tecnico, la nuova proposta presenta dei vantaggi innegabili rispetto all’alternativa della Inventist, tra cui soprattutto una velocità massima di 20 Km/h contro i 9 dello IOTAtrax, oltre a un raggio massimo promesso di 24 Km, superiore di 11 a quello della concorrenza. Il tutto grazie a un potente motore elettrico da 500w e relative batterie, che richiedono comunque due ore e mezza per raggiungere la piena carica, contro i soli 60 minuti della proposta di Chen. Un ulteriore vantaggio offerto dalla forma a sfera del Jyroball, nel frattempo, risulta essere la facilità con cui è possibile cambiare lo pneumatico della ruota principale, un’operazione normalmente molto complessa in questo tipo di dispositivi, al punto da richiederne l’invio diretto presso la sede della compagnia produttrice. Mentre su Internet, qualcuno esprime dubbi proprio sulla naturale tendenza di questa forma a rotolare, soprattutto nel caso di un raro ma sempre possibile inciampo, evento a seguito del quale potrebbe rivelarsi necessario andare a caccia del proprio veicolo in fondo ad eventuali declivi, non importa quanto ripidi, sperando che gli eventuali birilli al termine del viaggio non siano stati saldi, al punto da frantumare la scocca del nostro sistema di mobilità a batteria.

Pratica ed altamente trasportabile grazie alla maniglia integrata, la Jyroball presenta un progetto di design altamente funzionale. Benché un piccolo appunto possa essere rivolto alla difficoltà nel sollevarla quando i predellini sono aperti, richiedendone la sistematica chiusura e successiva riapertura all’incontro di ciascuna barriera architettonica sul percorso.

Detto questo, sarà interessante vedere la futura risposta di Chen e Inventist alla proposta irlandese, indubbiamente ispirata allo spirito dell’originale e i successivi modelli di Solowheel. Benché in origine, nei fatti, il brevetto per un veicolo a motore sollevabile monoruota fosse stato creato proprio da Marc Simeray col fratello Janick nell’ormai remoto 2010, ponendo la base di una serie di dispute, talvolta portate avanti mediante vie legali, tra le due sponde di questo particolare fiume d’idee. Al fine di conquistarsi lo spazio principale di un mercato sottoposto a numerose flessioni e correnti, mentre la cognizione popolare di come andrebbero percorsi gli ultimi chilometri delle proprie trasferte continua a piegarsi da un lato all’altro, un po’ come le caviglie del coraggioso utilizzatore, disposto ad apprendere la basi di un simile dispositivo per la mobilità.
Che per tutti gli amanti dei cartoni animati giapponesi almeno nel caso di Jyroball, non può che evocare la forma e lo spirito di uno dei più popolari e celebri “mecha” giocattolo fuoriusciti da una serie animata, il robottino-mascotte Haro costruito dal pilota spaziale di Gundam Amuro Ray, soltanto coi settori apribili rivolti in senso contrario ai predellini del monopattino, proprio perché utilizzati da quest’ultimo in qualità di ali, per fluttuare in condizioni di bassa o del tutto assente gravità. E bisogna pure ammetterlo: QUESTO è un capitolo che nei fatti, siamo ancora ben lontani dal poter scrivere. Benché il tempo, si sa, non conosca condizioni d’arresto valide o segnali di Stop. Contrariamente al rotolamento di una sfaccettata pietra da bowling, condanna inerziale dei crani (ir)ragionevolmente pronti a tutto, pur di guadagnarsi un posto nella Preistoria.

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