La folle idea del pilota di caccia sdraiato in avanti

Sopra i cieli della Corea in fiamme, il grido silenzioso di un cranio volante. Compiendo evoluzioni dalla tecnica perfetta, esso insegue i suoi nemici, li raggiunge quando sembra troppo tardi, quindi allineandoli perfettamente al centro delle orbite oculari, lascia scaturire l’energia delle mitragliatrici. Attorno al cranio c’è un casco. Dietro ad esso, ben nascosto, un corpo umano! E a proteggerli, un aereo, anche se il suo stesso pilota non riesce a vederlo vederlo. Così terribile il suo strale, spaventosa la furia: nel corridoio aereo storicamente noto come il Mig Alley, dove i russi combattevano ferocemente gli americani ed alleati nei rudimentali primi jet da guerra con la loro straordinaria varietà di forme e soluzioni aerodinamiche, tale “mostro” avrebbe disegnato la leggenda di un eroe.
O almeno, ciò costituiva il sentimento di partenza in quel remoto 1950, quando ai vertici della RAF britannica qualcuno, oggi rimasto privo di un nome nelle cronache, iniziò a pensare che i piloti addestrati a difendere i confini più importanti dell’Impero decaduto non riuscissero a virare in modo sufficientemente stretto, a salire abbastanza rapidi, per quel fastidioso limite costituito dal cosiddetto G-LOC. Avete presente? Quel momento in cui superi i 4-5 g di accelerazione trasversale (ovviamente, i limiti variano da caso a caso) e tutto il sangue dal cervello tende a scendere giù, giù verso i piedi. Facendo perdere qualsivoglia pretesa di controllo dell’aereo. Problema trascurabile con la tecnologia moderna, che permette d’indossare le speciali tute di volo con calzoni gonfiabili, che permettono di limitare l’occorrenza del fenomeno. Ma verso la metà dello scorso secolo benché esistessero alcuni modelli, proprio ciò costituiva il condizionamento più stringente per la performance dei guerrieri dei cieli, ancora restii ad adottare su larga scala un sistema tanto contro-intuitivo. Ecco dunque, una possibile soluzione: se tirare verso di se la cloche causava svenimenti e l’occasionale impatto rovinoso col suolo, perché non mettere l’addetto a manovrarla in posizione perpendicolare all’asse di virata, ovvero in altri termini, in posizione prona? Certo, un’idea non facilissima da realizzare. Tanto che una volta coinvolto l’Istituto di Medicina Aeronautica della RAF attorno al 1951 per confermare la teoria, ingegneri consumati vennero messi al lavoro su un vecchio modello di Reid and Sigrist R.S.3 con il suo doppio motore a pistoni, per il quale venne elaborato un complesso letto regolabile, capace di mantenere il fortunato collaudatore in posizione adatta al volo, anche nel corso delle più vertiginose ed improbabili manovre. E venne anche effettuato qualche prova pratica, benché fosse evidente che nell’epoca contemporanea, un velivolo siffatto potesse servire a ben poco nel corso di un combattimento aereo. E fu così che nel giro di un paio d’anni circa, i capi del progetto sostituirono la vecchia carretta con uno sfavillante & spaventoso jet Gloster Meteor F8, esattamente l’ultimo ad essere stato prodotto, per essere precisi, dai vasti stabilimenti della Armstrong-Whitworth in quel di Elswick, Newcastle sul Tyne. Passaggio a seguito del quale ci si rese ben presto conto di come a conti fatti, nessun abitacolo orizzontale avrebbe potuto trovare posto nell’affusolato e stretto muso dell’aereo. Fortuna che era sempre percorribile la strada dell’allungamento…

Incastrato come un ingranaggio, eppure libero quanto un albatro sopra i selvaggi flutti del mare. Protetto ma vulnerabile. Di sicuro, il pilota prono dava luogo a strane giustapposizioni…

Oggi custodito presso il museo della RAF a Cosford, nello Shropshire (Hangar “Ricerca & Sviluppo”) il Meteor F8 “Prone Position” costituisce uno sguardo privilegiato verso un diverso possibile universo del volo. Dopo tutto chi aveva mai deciso che l’uomo, nel suo proposito d’imitare gli uccelli, dovesse decollare mantenendo l’improbabile ed innaturale posizione seduta? Che era il contrario dell’aerodinamica, della logica e in talune circostanze, addirittura della convenienza progettuale, poiché necessitava della prominente e bulbosa cabina di pilotaggio, non sempre facile da integrare nella linea di un aereo da combattimento. Non che tale aspetto, come possono ben osservare i visitatori del museo, venne effettivamente eliminato nel primo ed ultimo prototipo di un tale strano apparecchio: troppi dubbi sussistevano, a quel punto, sull’effettiva praticabilità dell’invenzione. E così svariati voli vennero compiuti, in circostanze talvolta segrete, altre invece tutt’altro, da una nutrita schiera di piloti e copiloti, in una configurazione tandem suggestiva che se non fosse stata separata da spesse paratie d’alluminio, avrebbe ricordato quella uomo-donna di certi specifici super-robot dei cartoni giapponesi. Particolarmente degna di nota resta, a tal proposito, la narrazione diretta che offrì il pilota della RAF C.M. Lambert durante il suo primo volo a bordo dell’aeromobile WK935, sul numero di marzo 1956 della rivista Flight. In cui esordisce descrivendo, con encomiabile dovizia di particolari, le particolari contingenze di una simile bizzarra esperienza, capace di lasciare in lui un’impressione di notevole interesse, benché il comfort potesse beneficiare di ulteriori e successivi perfezionamenti. Particolarmente per quanto concerneva la mobilità degli arti, talmente limitati dalla forma ad incastro del letto regolabile che il semplice gesto di manovrare la rigida barra di controllo del Meteor diventava faticoso, motivando l’inclusione di speciali servomeccanismi idraulici, che intervenivano aiutando nel corso delle manovre di più significativa entità. Tutti gli strumenti, nel frattempo, erano stati concentrati in uno stretto pannello fuori centro, posizionato a pochi centimetri dalla sua faccia, mentre l’input di controllo del timone veniva trasmesso tramite l’impiego di avveniristici pedali basculanti appesi alla parte superiore della carlinga, costruiti in modo tale da tenere bloccati i piedi. Una serie di cinghie attentamente regolate, per concludere, lo mantenevano perfettamente bloccato nella posizione, per così dire, del prototipico cagnolino.
Dopo un decollo compiuto “con la faccia a una distanza irrisoria dall’asfalto” e alcune brevi manovre di familiarizzazione, quindi,
Lambert eseguì alcune acrobazie con la supervisione del suo co-pilota in posizione seduta sul retro R.S. Wambeek, partecipando quindi a un combattimento simulato con un Gloster Meteor in configurazione convenzionale. Con risultati abbastanza buoni da poter giungere alla conclusione che il combattimento aereo in posizione sdraiata non era, fondamentalmente, del tutto impossibile, soprattutto al confronto tra le condizioni fisiche post-volo sue e di Wambeek, da cui risultò che lo stress fisico subìto era risultato decisamente maggiore per il secondo.
L’espulsione in caso di necessità del pilota prono, nel frattempo, costituiva una faccenda piuttosto complessa, benché comparabile all’alternativa per quanto concerneva la pericolosità. Dovete considerare, a tal proposito, come i jet di quei tempi non avessero un seggiolino eiettabile, ragion per cui saltare fuori comportava il l’eventualità di urtare contro la coda del velivolo già condannato. Un rischio compensato dalla procedura macchinosa di espulsione dei pedali, apertura della botola e lancio col paracadute alla stregua di una bomba umana del nuovo Meteor “prono”, evitando le più rovinose conseguenze immediatamente dopo il salto.
Detto ciò, Lambert dovette ammettere che il collo e le estremità gli dolevano alquanto una volta concluso il test, suscitando qualche dubbio sulla qualità ergonomica dell’intero marchingegno. A conti fatti, niente d’insuperabile per il dipartimento ingegneristico della RAF. Nel corso delle prove successive, tuttavia, insorse un altro e ben più insuperabile problema…

Un sistema di leve posizionato sotto i controlli principali permetteva di regolare adeguatamente il letto di volo, adattandolo alle più diverse configurazioni fisiche dei piloti. Ciò detto, persone eccessivamente alte non sarebbero mai entrate nel nuovo abitacolo del Meteor.

Poiché a conti fatti, il problema era il seguente: qual’è il singolo senso più importante per chiunque voglia affrontare le sfide del combattimento aereo? Sono certo che abbiate risposto come segue: la vista. Rendendo estremamente poco favorita qualsiasi soluzione tecnica che riduca, in qualsivoglia modo, l’arco possibile delle direzioni in cui individuare, o eventualmente colpire il proprio nemico. E questo, nel Meteor “Prone Position” era il vero cruccio principale del proposito di partenza. Alquanto stranamente, mai realmente preso in considerazione fino al completamento del prototipo, quando piloti come Lambert lamentarono il comprensibile fatto che in tale configurazione, gli riusciva possibile guardare solo, ed esclusivamente davanti. Addio quindi all’opportunità di seguire con lo sguardo il rivale nel corso di un dogfight, effettuare viti a cabrate dopo aver stimato la distanza longitudinale, o anticipare l’arco di virata con il percorso ideale delle proprie pupille… Condizionamenti semplicemente troppo significativi affinché una mera resistenza maggiore al fenomeno del G-LOC potesse motivarne l’implementazione seriale. La successiva nonché esponenziale diffusione delle tute anti-g, quindi, pose la parola fine ad uno dei progetti più improbabili ed avveniristici del corpo aereo già notoriamente eclettico della Gran Bretagna. E l’ultimo volo del prototipo avvenne il giugno del 1959, data successivamente alla quale l’aeromobile divenne un “semplice” pezzo da museo. Ma anche l’opportunità di immaginare un altro mondo possibile, in cui i fratelli Wright non avessero pensato d’includere la configurazione di una comune sedia da giardino nel loro fatale Flyer del 1903, scegliendo piuttosto d’ispirarsi in modo più diretto ai vermi ed alla natura. E chissà oggi, quanto più sfinati ed eleganti sarebbero stati i nostri amici aeroplani!

Il gloster Meteor, costruito per implementare le rivoluzionari motori a turboventola inventati da Frank Whittle verso la fine della seconda guerra mondiale, aveva il problema di essere scambiato occasionalmente nella foga della battaglia per un Messerschmitt Me 262 tedesco, diventando oggetto del fuoco amico. Ragion per cui, molti di questi aerei furono dipinti con una speciale livrea completamente bianca. Di certo, niente di simile sarebbe potuto succedere all’erede dotato del pinocchiesco ed inusitato prolungamento sul muso.

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