L’artista visionario che occulta trappole nelle monete d’argento

Quanti secondi significati, quante nascoste dietrologie, possono annidarsi nell’apparentemente chiara frase: “Tenga pure il resto, signora mia”. Benevolenza, generosità, l’evidente desiderio di ricompensare la diretta controparte, nel più basico e comune processo d’interscambio umano. Che è l’offerta, e al tempo stesso ricezione, di un servizio o di una merce d’uso comune. Ma in particolari circostanze, il fastidioso senso di non avere tempo e neanche voglia di contare il “vil” denaro, sopratutto quando ci si trova innanzi ad individui che si trovano incastrati in un noioso compito professionale, per la maggior parte delle ore diurne della propria “ordinaria” esistenza. E in rari casi, mai narrati per il tramite di entrambe le campane (poiché soggettivi al massimo e generalmente scevri di effettiva razionalità) l’ostilità di chi è deluso, infastidito e vuole solamente andarsene, lasciando una memoria il più possibile neutrale del suo problematico passar di lì; un barista distratto, che dimentica l’ordine dei clienti; un cameriere che trasporta in tavola, suo malgrado, la proverbiale mosca nella minestra; un benzinaio che prende l’iniziativa di pulire il parabrezza, senza poi accertarsi di asciugarlo con l’attrezzatura del suo mestiere. E non parrebbe certamente appropriato, benché innegabilmente crudele, poter disporre in questi casi di un particolare elemento di conio, capace di esternare in qualche modo tutta quell’ostilità e lo stress accumulato, da un dover gestire più e più volte simili sgradite contingenze? Un soldo da includere tra gli altri, che non sia semplicemente bucato, bensì custodisca al suo interno un sofisticato piccolo meccanismo, con tanto di desiderabile esca dorata. Toccando la quale, con un lieve risuonar meccanico, la ghiera esterna sembra trasformarsi in una piccola tagliola dentata. In grado di serrarsi, con terribile efficienza, attorno al polpastrello di colui che sembrerebbe avervi (ma davvero!) gravemente offeso.
Ora non sto certo dicendo che un pezzo unico prodotto dallo scultore di hobo nickel di origini russe Roman Booteen, frutto di molte ore di scalpello esperto sulla superficie di un tradizionale Morgan Dollar, famosa moneta in argento dell’inizio del ‘900, sia propriamente l’ideale per togliersi una piccola soddisfazione nel corso della propria esistenza quotidiana. Sopratutto quando si considera come simili oggetti, venduti originariamente al dettaglio dallo stesso autore attraverso i suoi profili social di Instagram e Facebook, riescano facilmente a superare il valore di 10.000 dollari cadauno, anche senza attraversare i banchi di una casa d’aste, dove restano comunque tra gli articoli più agognati. E desiderabili, proprio perché frutto di un particolare tipo di creatività ingegneristica, veicolata in direzione di uno scopo che nessuno, prima di costui, aveva mai pensato di perseguire. Che poi sarebbe non soltanto concentrare un’intero messaggio o un’opinione, all’interno degli appena 38 mm della più piccola concentrazione fatta circolare dallo stato di un metallo innegabilmente prezioso, bensì farlo in via dinamica, mediante l’impiego di minuscole molle o meccanismi di scappamento, non dissimili da quelli di un minuscolo, surreale dispositivo ad orologeria. Verso la creazione di un catalogo che, persino in questo campo della creatività popolare naturalmente aperto ad infinite forme d’espressione procedurale, semplicemente risulta privo d’eguali. Oppure pallide, insensate imitazioni…

Non tutte le monete di Booteen sono animate: altrettanto notevole, a suo modo, risulta essere la lunga serie di hobo nickel da lui ricavati da svariati tagli, raffiguranti vari personaggi della cultura Pop e inquietanti mostruosità aliene.

“Aurum multo magis animas perdidit, quam ferrum corpora cecidit” riporta l’iscrizione in latino sul margine, attentamente cesellata in corrispondenza della precedente e ben più ordinaria dicitura “United States of America”. Il che significa, essenzialmente: “L’oro ha ucciso un maggior numero di anime dell’acciaio” riferendosi all’irresistibile esca posizionata al centro, costituita da niente meno che una moneta messicana del 1945 da due pesos. Insegne criptiche d’ispirazione massonica completano il quadro, mentre quel sinistro messaggio trova il suo coronamento nel preciso attimo in cui la vittima dovesse tentare di toccarla, finendo sanguinosamente intrappolata nella mostruosa tagliola (o almeno, ciò prevede il patto finzionale di quello che resta, in fin dei conti, solamente un gioco.) Un soggetto simile trova espressione nell’altra opera recente a tema Maya, in cui campeggia al centro un idolo che potrebbe anche essere quello della famosa scena d’apertura d’Indiana Jones, toccato il quale attorno al bordo appaiono una serie di punte di freccia dall’aspetto, e non soltanto quello, quanto mai pericoloso (potete vederla in azione all’interno del video di apertura). Ancor maggiore risonanza mediatica ebbe invece, già a partire da qualche settimana fa, la moneta realizzata sul tema del ciclo arturiano, con incisi sopra un cavaliere ed una dama innanzi ad una grotta sigillata, riportante il monogramma del Chi Ro, antico simbolo di Cristo e il sottinteso desiderio di trovare il Graal. Obiettivo perseguibile, dal fortunato proprietario dell’oggetto, solamente prelevando la minuscola spada direttamente dalla mano del personaggio maschile, per inserirla quindi dentro uno scompartimento segreto nel taglio della moneta. Il che rivelerà, d’un tratto, il miracoloso recipiente d’oro sotto la porticina apribile integrata nel fondale. Non soltanto trappole o segreti, dunque, ma anche un qualche tipo di significato più profondo e qualche volta, allegorie mirate a commentare il governo e i crismi dell’odierna società: come nell’ampia serie di opere dedicate al tema degli Illuminati ed altre società segrete, nelle quali figurano occhi in grado di spostarsi, letteralmente, da un lato all’altro del triangolo divino. Oppure quelle con scene di stregoneria satanica, satiri, streghe in estasi e altre comparabili, peccaminose amenità.
Il che mostra, incidentalmente, il desiderio di raggiungere il bersaglio presso un pubblico più ampio e colto dei tradizionali nichelini, incisi a partire dal secolo scorso dalla moneta di poco valore della cosiddetta “testa d’indiano” battuta dalla zecca di stato tra il 1913 e il 1938. Secondo la leggenda, principalmente dal popolo dei senzatetto vagabondi, che erano soliti alterare in modo artistico con lo scalpello la figura del nativo indiano senza nome, assieme a quella sul rovescio di un bisonte (o bufalo che dir si voglia) per avere una merce di scambio attraente, facilmente trasportabile e di sicuro effetto. Un’attività, incidentalmente, considerata illegale dal Governo Federale, benché conduttiva a un’ampia serie di pezzi piccoli e insostituibili, con teschi, mostri, draghi e altre creature di fantasia, oggi molto ricercati dai collezionisti. *Vedi il precedente articolo per una storia più approfondita dell’argomento. Praticamente nessuno, tuttavia, potrebbe negare come la complessità dell’obiettivo finale, e le metodologie impiegate da questo eccezionale artista russo, fuoriescano largamente dalle aspettative normalmente attribuite ad un manovratore autodidatta del cesello usato in metallurgia…

Tra le più notevoli creazioni di Booteen, i suoi scintillanti accendini Zippo, tratti in più di un caso dalle opere di stampatori medievali come Albrecht Dürer, piuttosto che raffiguranti i personaggi a cartoni animati del nostro contemporaneo Matt Groening.

E tutto questo, seguendo i crismi operativi esposti in una delle sue immagini più visitate su Instagram, nient’altro che una nota, scritta nero su giallo e in un inglese scoordinato, in cui specifica che: ogni moneta è un pezzo unico. Non si prendono ordinazioni. Quelle rese pubbliche sono già state vendute. E il prezzo viene concordato senza nessun tipo di trattativa, perché “Non ha tempo da sottrarre alla prossima opera del suo percorso creativa” (E se non dovesse andarvi bene, provate a metterci dentro il dito!) Il che solleva il comprensibile interrogativo di come, in effetti, una persona comune possa aspirare a vedere coi propri occhi, o addirittura possedere, qualcosa di tanto eccezionale e senza termini di paragone.
Fortuna che, ancora una volta, riesce a soccorrerci la straordinaria efficienza della produzione in serie dei paesi d’Asia. Grazie, nello specifico, alla compagnia thailandese Hotcoco (Heads & Tales / Coins & Collectibles) che da qualche anno ha dedicato il suo considerevole know-how tecnologico in materia di stampanti 3D e metallurgia, per mettere a frutto un approccio ultra-moderno alla fusione a perdere, nella fedele riproduzione di alcuni dei più famosi e stimati hobo nickel degli ultimi anni, direttamente dal laboratorio di vari autori, tra cui Roman Booteen. Ed anche vere e proprie statuette a tutto tondo, raffiguranti l’effettivo soggetto prodotto dagli artisti caso per caso, dell’altezza variabile tra i 10 e i 15 centimetri con i soggetti più diversi (vichinghi, mostri, cavalieri…) Naturalmente, “prezzo accessibile” in questo caso è un concetto relativo, con somme che vanno dai circa 200 dollari per le monete inanimate, fino ai quasi 15.000 per un incredibile set di scacchi tratto direttamente dalle illustrazioni fantasy di Frank Frazetta, tra cui il suo celebre guerriero barbarico, il Death Dealer. Più o meno quanto un’automobile di classe media, però vuoi mettere? È (quasi) tutto argento riciclato a partire da vecchia attrezzatura informatica, come incidentalmente è stato appena annunciato che saranno le medaglie ai Giochi Olimpici di Tokyo del 2020. Salvare l’ambiente mentre si acquistano costosissime opere d’arte. Riuscite ad immaginare un passatempo che possa definirsi ancor più alla moda?

1 commento su “L’artista visionario che occulta trappole nelle monete d’argento”

Lascia un commento