Bagliori nelle tenebre: l’incubo marino del drago nero

Avete mai sentito della condizione nota come paralisi ipnagogica? Totale stasi tra il sonno e la veglia, in uno stato d’immobilità terrificante. Bianca ceramica, come candide sono le nocche delle dita, così saldamente abbarbicate al bordo della vasca giusto mentre il contraccolpo di un tremore impercettibile, con un tonfo clamoroso, fa cadere la bottiglia di sapone esattamente in mezzo ai piedi, nello spazio di gran lunga troppo definito. Ed avviene allora d’improvviso, innanzi ai nostri occhi eternamente spalancati, che l’oggetto fuori posto inizi a scomparire, come risucchiato verso il nulla dell’antimateria. Mentre le luci del bagno tremano, quindi si spengono del tutto e un vortice si forma tra le increspature della… Superficie? Impossibile: la pressione si fa dura ed opprimente mentre l’acqua ci sovrasta, permettendoci una stima approssimativa di 1.500, 2000 metri di profondità (almeno). Una nota sibilante ci accompagna in quei momenti che non sembrano finire mai, mentre l’unica speranza, almeno all’apparenza, è quella luce dondolante che compare vagamente all’orizzonte. Destra, sinistra, come un metronomo perfettamente calibrato. Destra, sinistra. La mano che si estende, lentamente, per toccare l’angelo del focolare. Quindi l’accendersi improvviso di due linee in contrapposizione, sulla forma assai sinuosa di quella che può soltanto essere una sorta di creatura tubolare. Grazie ai fotoni che rimbalzano contro di noi ed un grugno che diventa orribilmente chiaro! Occhi chiari come il latte, denti acuminati. Il lungo tentacolo con l’esca sotto il mento che si mette, molto lentamente, a lato. Mentre le due fauci contrapposte della più terribile condanna, lentamente, molto lentamente si aprono per darci il benvenuto…
Tanto strettamente ha finito per essere associato il termine “idrofobia” alla malattia diffusa tra determinate specie animali causata dal lyssavirus, la rabbia, da aver fatto largamente dimenticare il suo significato etimologico ai più: dalle parole greche ὑδρο, acqua e ϕοβία, paura e sottolineo terrore, una profonda e indicibile avversione, ovvero l’assoluta incapacità di trovarsi alla presenza di anche soltanto poche gocce di quel fluido trasparente che normalmente ci da la vita. Ora immaginate solamente per un attimo, purché non sia eccessivamente orribile, l’esperienza personale di un qualcuno che si trovi in questo stato non a causa della contrazione di uno stato alterato di salute, bensì per l’effettiva e duratura disfunzione dei propri più intimi processi neuronali. Una condizione, in altri termini, comunemente fatta oggetto di studio da parte della psichiatria. La quale avrebbe, proprio in funzione di ciò, la propensione imprescindibile a tentare di risolvere il problema assai diffuso della crisi di panico. Che quando arriva, arriva, persino in un momento all’apparenza salubre come una sessione d’abluzioni mattutine. Ma chi l’avrebbe mai detto che in effetti il pesce vipera, anche detto Drago Nero del Pacifico, non soltanto esista veramente, ma sia almeno tanto terribile, quanto effettivamente appare…

C’è un qualcosa di naturalmente inquietante in un essere privo di scaglie, pinne, zampe o altre appendici normalmente associate alle forme di vita più prossime alla superficie. Tali da spostare una presenza tanto oscura, a pieno nonché meritato titolo, nelle più remote regioni oniriche del nostro tormento.

E lo chiamerebbero delizioso cucciolo scaturito dalle più remote profondità del mondo, se non ci fosse per lui il ben più pratico nome scientifico di Idiacanthus antrostomus, in realtà soltanto una delle tre specie effettivamente collocate dagli scienziati (ed a parte quello, ben poco altro) nell’omonimo genus facente parte della famiglia degli Stomiiformes. Citiamo brevemente le altre, indistinguibili all’occhio inesperto: I. atlanticus, I. fasciola & that’s all (folks). Pesci brutti, veramente orribili, pesci a tal punto eccessivamente mostruosi nel loro aspetto, da aver fatto ritenere a molti che possano persino aver costituito l’ispirazione biologica per una delle più famose creature da incubo degli anni ’90, il mostro xenomorfo disegnato dall’artista H.R. Giger per il film “Alien”. Particolarmente quando si pensa a questa inquietante specie, in cui la colorazione scura, la forma totalmente inusitata e lo stesso comportamento ecologico per quanto ci è concesso di capire, collaborano nel metterci di fronte all’ideale personificazione del prototipico psicopompo, pronto ad accompagnare l’anima dei peccatori nei più profondi gironi dell’Inferno.
In tutto questo, ad ogni modo, almeno una consolazione: stiamo parlando di una creatura lunga appena 40-50 cm, per lo meno negli esemplari occasionalmente catturati nelle reti notturne dei pescatori, quando simili creature tendono ad avvicinarsi presso la superficie, nel tentativo spesso fallimentare di agguantare qualche gambero in fuga. Questo perché i pesci confratelli dell’orribile drago nero, come molti altri abitanti delle profondità, possiedono in realtà un metabolismo eccezionalmente lento, concepito per massimizzare la durata delle trascurabili risorse nutritive a disposizione, presso gli strati eccezionalmente remoti della propria subdola esistenza. Ma prima d’approfondire oltre questo approssimativo spunto d’analisi, sarà opportuno specificare come quanto spiegato fino ad ora riguardi effettivamente soltanto la metà femminile di una queste specie, laddove ogni potenziale partner d’accoppiamento del sesso opposto conduce una vita assai più breve ed in conseguenza di ciò, triste. Affermare che il pesce vipera presenti l’occorrenza di un semplice dimorfismo sessuale sarebbe riduttivo, quando si considera come il maschio di questo essere sembri a tutti gli effetti una creatura totalmente diversa, lunga appena 4-5 cm e del tutto priva di uno stomaco, tanto che poco dopo la nascita, il suo unico obiettivo diventa quello di accoppiarsi prima di morire inevitabilmente di fame. E come riesca a trovare la sua consorte, nell’infinita oscurità degli abissi, potrebbe probabilmente uno dei più irrisolvibili misteri della natura. Benché esista almeno una teoria. Visto che come si suol dire, è sempre possibile trovare un modo, sopratutto qualora si presenti l’occasione di generare una di… Queste… Cose?

Larva di Idiacanthus – Via

La larva del pesce drago/vipera nera, non appena fuoriuscita dall’uovo, è particolarmente interessante. Poiché presenta il tratto genetico piuttosto raro degli esseri chiamati stiloftalmini (in inglese: Stylophthalmine) ovvero dotati di due lunghi peduncoli tentacolari, al termine dei quali sono situati altrettanti occhi di forma elittica. Che verranno assorbiti e cresceranno di dimensioni soltanto nel caso dell’esemplare femmina, al raggiungimento dell’età adulta. Mentre per quanto riguarda il transitorio ed assai meno prezioso veicolo per lo sperma, incapace di sopravvivere lungamente o nutrirsi, questo stadio costituirà il primo e l’ultimo della propria vita, permettendogli di scrutare con estrema facilità tutto attorno al suo piccolo corpo serpentiforme. Capite ciò di cui stiamo parlando? I membri maschili del genus Idiacanthus non troverebbero l’altra mediante l’impiego di feromoni o altre metodologie biologicamente avanzate, bensì semplicemente riuscendo a scrutare, con le proprie mobili pupille, il sito più probabile di un tenue lucore, presumibilmente originato dall’esca mobile attaccata sotto al mento della propria partner. Oppure quello prodotto, possiamo soltanto immaginare a comando, dalle due linee laterali che risplendono di un tenue azzurrino. Accese soltanto occasionalmente, per non spaventare le proprie prede, un’obiettivo a vantaggio del quale va anche lo stomaco spesso e il colore nero del pesce, dimostrati capaci di oscurare completamente il persistente bagliore di un’eventuale pasto anch’esso bioluminescente fagocitato e non ancora defunto, casualità tutt’altro che rara a simili profondità.

Il pesce vipera è già sufficientemente orribile senza che alla sua forma si aggiunga la gobba causata da un pasto non ancora digerito, ulteriormente utile nell’amplificare l’illusione di trovarsi di fronte a un effetto speciale cinematografico. Ma fantasia e natura hanno almeno un aspetto in comune: nessun possibile limite alle proprie creazioni…

Per tornare quindi al discorso alimentare, sono certo che resterete delusi di sapere come in realtà sappiamo pochissimo delle abitudini esistenziali di questi pesci. I quali mangiano questo…O quello, indubbiamente attirandolo grazie al movimento invitante del proprio illicium, lo speciale organo produttore di luce posto, niente affatto casualmente, proprio di fronte all’apertura terrificante della loro diabolica bocca quasi costantemente aperta. Perché pronta a serrarsi, nell’attimo momentaneo dell’oscuro trionfo, su qualunque cosa possa essere abbastanza sciocca da non riconoscere l’aspetto più chiaro ed innegabile della Morte.
Mostro, alieno, incubo e orco-diavolo. Molti sono i modi in cui si può descrivere questa presenza infrequentemente discussa ed ancor meno conosciuta dei mari e gli abissi più remoti del nostro azzurro pianeta. Ciascuno dei quali allo scopo di sottintendere, in un modo o nell’altro, la provenienza inusitata delle sue spaventevoli forme. Ma la realtà è che siamo tutti figli della stessa stella. Prodotti dagli atomi che furono proiettati dalla remota di un singolo punto al centro della materia! Peccato soltanto che alla fine, qualcuno sia rimasto più prossimo al centro dell’Universo, altri meno. Verrà un giorno in cui ci verrà offerto di scoprire chi, o cosa, avesse effettivamente ragione. Ma quel giorno è ancora…Lontano.

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