Uomo inventa il più potente forno solare della Thailandia

Ogni giorno quel dannato autobus passava all’incrocio Kloom Sakae di Nong Sano, nella provincia di Phetchaburi. Dove Sila Sutharat, ormai da un lungo periodo di 20 anni, gestiva il più rinomato e amato chiosco locale per la vendita di polli cotti alla brace. Un mestiere sereno e onesto, per la maggior parte del tempo… Escluso l’attimo cruciale e reiterato, verso metà mattina, in cui il riflesso direzionato dal parabrezza del mezzo infernale si configurava nella maniera perfetta per incrociare la direzione naturale del suo sguardo, causandogli uno spiacevole quanto persistente senso di accecamento. In un primo esteso periodo, il cuoco di strada aveva tentato di evitare una simile esperienza, spostandosi in maniera preventiva per offrire la sua schiena al punto d’origine del problema. Ma ogni giorno l’autobus passava in un orario leggermente differente, ragione per cui egli finiva, sistematicamente, per lavorare in una posizione scomoda per dei periodi sempre più estesi, finendo per restare lo stesso colpito in un’ampia varietà di occasioni. Cento, mille volte dovette limitarsi a sfogare la propria frustrazione con imprecazioni sommesse o semplicemente immaginate, al fine di non disturbare i suoi clienti. Finché ad un certo punto, da questo Purgatorio delle cose semplici non ebbe l’occasione di formarsi un’idea: “E se io trovassi il modo di trasformare questa mia vulnerabilità in un punto di forza?” Come un lottatore di judo, che veicola la spinta del suo avversario in una presa da cui è impossibile fuggire; come Highlander, che decapita il nemico immortale perché “Dovrà restarne soltanto uno”; come Mega-Man, che assorbe il power-up lasciato dal potente boss al termine di un livello.
Con la ragionevole ed altrettanto pragmatica distinzione, tipica del mondo materiale, per cui l’espressione di una tale iniziativa tende a svolgersi dall’interno verso l’esterno, piuttosto che il contrario. Così lui, zaino in spalla, dev’essersi probabilmente recato presso un fornitore locale di cornici a giorno. E poi un vetraio, o forse essersi procurato presso qualche fabbrica delle grandi lastre a specchio, da tagliare con cautela in tanti pezzettini rettangolari. Unendo quindi le due cose, le ha montate su una complessa struttura di metallo parabolica non dissimile da quella usata in svariate possibili opere d’arte moderne. E sarebbe stato perdonato un qualsivoglia passante che, conoscendo il dramma quotidiano di quest’uomo sereno e onesto, avesse pensato che qualcosa di sinistro fosse scattato in lui, per costruire la più fedele corrispondenza asiatica del leggendario specchio ustore di Archimede usato durante l’assedio di Siracusa per bruciare le navi dei Romani (212 a.C.) e indossare una maschera da saldatore per proteggersi gli occhi da tutta la sua potenza spropositata. E pensa che efficacia avrebbe avuto quel riflettore, contro l’inconsapevole, incolpevole rappresentante del trasporto pubblico urbano! Se non che verso l’orario della presunta resa dei conti, con il Sole già ben alto in cielo, piuttosto che puntare l’arma impropria contro la strada Sutharat la orienta attentamente verso il punto che era stato, fin dall’inizio, al centro dei suoi pensieri: la griglia con il pollo da servire ai suoi clienti. Senza fuoco, senza inganno, poco alla volta la genialità del suo progetto appare più che mai evidente. Mentre un sottile fil di fumo, appena tratteggiato in questo giorno senza vento, inizia a sollevarsi dalla coscia di volatile succosa e palesemente cruda. Si ma ancora per QUANTO, sotto la possenza di un raggio artificiale capace di raggiungere superare abbondantemente i 300 gradi?

Il recensore di attrezzatura per campeggiatori CheapRVliving (pardon: influencer) ci mostra il funzionamento di alcuni modelli di forni solari portatili, una tecnologia recentemente diventata popolare nel mondo moderno. La varietà di forme è notevole, così come i risultati che si può pensare di ottenere con ciascun modello. Gli occhiali protettivi, naturalmente, sono sempre altamente consigliati.

Decidendo, quindi, di approfondire l’effettivo funzionamento dell’arcano metodo di cottura implementato da questo cinquantenne esploratore culinario della ristorazione popolare, si tende a scivolare nella prototipica tana del Bianconiglio di Lewis-iana memoria, tanto numerosi e interessanti sono i possibili spunti di approfondimento. L’insolito strumento non costituisce, infatti, altro che un’interpretazione artigianale del concetto di cottura solare, un proposito parallelamente perseguito per le ragioni più diverse, da team di ricerca & sviluppo appartenenti a contesti geografici distanti tra loro. Questo poiché gli immediati vantaggi concessi da un tale approccio risultano più che mai evidenti: zero spesa per il combustibile o l’elettricità, zero emissioni in grado di aumentare il riscaldamento terrestre, zero inquinamento. Sembra che il cibo sottoposto a questo tipo di trattamento, oltre a non bruciarsi neppure se lasciato incustodito tutto il pomeriggio, guadagni un sapore e un aspetto particolari sopratutto rispetto all’uso di metodi tradizionali come quello del barbecue, presentandosi del tutto scevro della lieve contaminazione ed affumicatura inevitabilmente causata dal fuoco vivo. Detto questo, non è sempre facile riuscire a giocare adeguatamente le proprie carte, verso la costituzione di uno stato dei fatti capace di veicolare ad arte una quantità sufficiente di raggi solari verso l’ingrediente che ci si appresta a sottoporre al trattamento.
Possiamo dunque inserire il particolare forno di Sutharat nella categoria degli implementi parabolici, concettualmente non dissimili da una comune antenna per ricevere segnali televisivi distanti. Benché la particolare configurazione con la cortina di specchi orientabili singolarmente gli conceda ulteriore gioco nell’instradare al massimo la luce alta e intensa dei cieli tropicali della Thailandia, per il raggiungimento di una potenza sufficiente a cuocere il cibo anche senza ulteriori accorgimenti tipici del forno solare, che vedrebbe convenzionalmente l’utilizzo di pentole nere opache (per assorbire meglio la luce) e possibilmente dotate di coperchio.
La possibilità di regolare manualmente i singoli pannelli del dispositivo riesce a compensare inoltre l’adeguato rilevamento di una curva paraboloide nel collettore di luce, affine a quella disegnata da un liquido fatto oscillare nel recipiente. Un passaggio di fabbricazione dei dispositivi fabbricati in serie, del tutto affine a quello messo in atto per i più grandi e potenti telescopi del pianeta Terra ed altrettanto utile nel proposito di portare alla cottura più rapida possibile la pietanza che si è scelto di sottoporre al trattamento.

Il sistema del forno solare è molto popolare nel subcontinente indiano, dove in corrispondenza delle grandi cucine pubbliche tipiche di tali culture si trovano alcuni degli impianti più grandi e potenti in assoluto, molto spesso prodotti in Germania, sul progetto concepito originariamente da Wolfgang Scheffler.

In una letterale profusione di forni a scatola, parabola, persino a tubo (esiste a tal proposito, un nuovo prodotto dall’alto grado di portabilità attualmente proposto sulla piattaforma Kickstarter, che sembra voler rivoluzionare il mondo dei campeggiatori) che perseguono essenzialmente tutti lo stesso obiettivo: risolvere il problema più antico dell’esistenza umana, preparando il cibo alla più diretta e gradevole consumazione. Senza, per una volta, condizionare la purezza e la vivibilità dell’ambiente che sostiene e permette la nostra continuativa esistenza.
Risulta indubbio tuttavia come il particolare approccio di questo guerriero della vita quotidiana thailandese, Sila Sutharat, essendo la diretta conseguenza di una sofferta intuizione personale, risulti per certi versi il più meritevole e affascinante. Permettendo la formazione di quel tipo di opinione individuale che può anche condurre, occasionalmente, alla realizzazione di qualcosa di estremamente simile per il proprio utilizzo personale, magari nel cortile o balcone di casa propria. Avendo poi auspicabilmente la cura, assai condivisibile, che nessun piccione si trovi ad attraversare l’equivalente artigianale del leggendario raggio della morte greco, trovandosi nel giro di poche ore perfettamente cotto a puntino con le piume, le zampe e tutto il resto. Voglio dire… A meno che fosse proprio quello l’obiettivo di partenza.

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