Disse il corvo: Visa o Mastercard per il biglietto del treno?

Un giorno verso il finir dell’alba, mentre stanco meditavo sopra un raro meme sullo schermo del telefonino, la testa china e il passo assorto, fui destato all’improvviso da un rumore sulle macchine ai tornelli. “Un viandante, un passeggero, sta pagando il titolo di viaggio. Nulla più!” Calmo allora, chiudendo il sito dalle immagini confuse, feci un passo avanti, e: “Signor – dissi – o signora, mille scuse! Tanta fretta, e molta voglia, avrei di prendere quel treno. Quanto avete ancora per pagare, quanti tasti da schiacciare, per un semplice biglietto della ferrovia? Finirete, prima del suonar di mezzogiorno?” Disse il corvo “Mai più, mai più”. Certo e allora, questo avvenne: mi svegliai. Per ritrovarmi, oh che strano! Dentro la stazione di Kinshicho, non troppo lontano dal centro di Tokyo. Sappiate, dunque, che questa qui è una storia vera, non soltanto una poesia d’ispirazione gotica secondo i crismi di Edgar Allan Poe. C’è, o per meglio dire c’era, questo uccello nero e intelligente, che avanzando un passo dopo l’altro, è salito fin sopra le macchinette, che in Giappone si usano per fare ogni sorta di cosa: per le bibite, per ordinare il ramen, per entrare negli uffici pubblici… Quasi come se parlare ad altri, per qualsivoglia ragione, fosse una fatica che trascende i doveri del comune cittadino. È la colpa, se vogliamo, della dicotomia che è alla base di una tale società: uchi e soto, dentro e fuori, per creare quel confine della “sfera” degli amici e conoscenti, tanto che se voglio rivolgermi agli sconosciuti, idealmente, dovrò scegliere una forma comunicativa che evidenzi le rispettive posizioni sociali. Il che non è sempre semplice, né tanto gradevole da fare. Così avviene che il denaro privo di forma, inteso come striscia magnetica sopra un pezzetto di plastica, o perché no, un chip nascosto dentro al cellulare, diventi capace di aprire metaforicamente ogni porta della città. Come potrebbe succedere, presto o tardi, anche qui da noi.
E non parliamo poi, dei varchi per accedere al trasporto pubblico! Ah, croce e delizia di quest’intera società, dove un automobile è costosa, problematica (occorre dimostrare di sapere dove parcheggiarla) e fondamentalmente, tutt’altro che necessaria. Così all’ora di punta, tutto ci si aspetta tranne che varcarli senza un minimo di fila, benché l’efficienza del servizio clienti sia nient’altro che leggendaria, arrivando a prevedere un capo-stazione che fuoriesce da una botola nel bancone, qualora si presentino deviazioni troppo significative dalla procedura. Ma neppure lui, nonostante l’esperienza, sarebbe mai riuscito ad aspettarsi una simile scena… Questa è la storia dell’esemplare di corvo giapponese (Corvus macrorhynchos, o “dal grande becco”) che per ragioni largamente ignote aveva preso l’abitudine, a partire da un paio di settimane fa, di appostarsi nei pressi dei distributori automatici di biglietti della succitata stazione tokyoita. Per infastidirne i clienti, arrivando, in vari casi, addirittura a sottrargli la carta o tessera prepagata, proprio mentre tentavano di finalizzare l’acquisto alla biglietteria informatizzata. Per fare cosa, provate a indovinare? Prenderla nel becco e poi tentare, che ci crediate o meno, a infilarla nella macchina e schiacciare a caso sullo schermo. Ma fortuna, o il caso vuole, che gli uccelli non riescano ad usare la funzione touch. Così che qualcuno, per la frustrazione della bestia, si è trovato ad inseguirla nel parcheggio, con la carta ancora ben stretta, poi lasciata puntualmente sopra il tetto, a seconda dei casi, di un taxi o un autobus in sosta. E viene da chiedersi come scegliesse, l’uno o l’altro, vista la complessità variabile nei 15 minuti successivi della vita della vittima, volendo riprendersi il maltolto in quanto sua prerogativa. Lascia piuttosto perplessi, dunque, la reazione allegra della donna nel video diventato virale sul profilo Twitter di Kinoshita Shogi, che in questi giorni è arrivato sui siti della stampa internazionale e persino in televisione, pur trattandosi di una vicenda che si è svolta all’inizio del mese. Del resto, gli abitanti di Tokyo sono abituati, ed in una certa maniera rassegnati, alla costante e talvolta dispettosa presenza dei corvi. Uccelli che, diversamente da quanto è risaputo su scala internazionale, vivono tra i suoi confini in numero di almeno 35.000. Abbastanza da essere comuni, nelle piazze, per le strade e nei giardini, più o meno quanto il semplice piccione qui da noi. Con “l’insignificante” differenza, che qui stiamo parlando di creature lunghe fino a 60 cm, non così dissimili per intenderci dai celebri corvi della Torre di Londra. Per cui diventa facile, in qualche maniera, affezionarsi o perdonargli le costanti marachelle; salvo una, quanto meno: l’abitudine di fare a pezzi i sacchi della spazzatura, secondo l’usanza locale messi fuori la mattina e lì attentamente suddivisi per facilitare il riciclo e lo smaltimento. Finché un becco, forte, grande ed affamato, non giunga per fare uno scempio della plastica, e scaraventare tutto in giro. E così, in una delle città più educate e socialmente rispettose del mondo, che la gente si è abituata a coprire i punti di prelievo con delle apposite reti a maglie sottili. Ma in alcuni casi di uccelli particolarmente determinati, non bastano neanche quelle…

Il corvo macrorhynchos, anche detto “della giungla” ha la capacità di adattarsi molto rapidamente ai comportamenti umani. In questo caso, un esemplare sta chiedendo al passante di aprirgli il rubinetto della fontanella, operazione al di fuori della sua portata.

Abbiamo fin qui parlato del corvo alla stazione usando il tempo passato, e questo perché la storia nel frattempo ha avuto un seguito, o per meglio dire un epilogo, non proprio prevedibile ai più. Quando inaspettatamente, il 10 maggio, sono comparse sul profilo di un’altra utente di Twitter, Yuruhuwa_kdenpa, delle foto in cui l’uccello era stato catturato e messo in una gabbia per essere portato via. Non dalle autorità cittadine (per sua fortuna) bensì da una donna che, a quanto ha successivamente dichiarato, aveva intenzione di “Accudirlo e rimetterlo in forze” prima di liberarlo dove l’aria era più pulita, avendo a tal fine pensato in via preliminare alle montagne nella regione di Nagano. Peccato che, in Giappone, catturare un animale selvatico senza autorizzazioni sia severamente vietato secondo la Legge della Conservazione Faunistica, andando incontro alla sanzione di 1 milione di yen (circa 7.600 euro) commutabile in un anno di prigione. Difficilmente dunque, vista la testimonianza spontaneamente presente online, una simile iniziativa poteva avere un esito felice. In breve tempo, dunque, i media si sono interessati alla faccenda, coinvolgendo anche alcuni etologi ed altre figure del settore. Tra i quali Shoei Sugita, professore di biologia all’Università di Sugita, il quale ha offerto la sua analisi: “È probabile che riportare il corvo in mezzo alla natura non sarebbe stato positivo per lui. Stiamo parlando di un animale che è quasi certamente stato addestrato per un periodo della sua vita, ed è assolutamente abituato a vivere con gli umani.” Non a caso, l’uccello era stato visto sostare occasionalmente sulle spalle o le braccia dei passanti. C’era una persona, in particolare, che era solito seguire lontano dalla stazione, facendo ritorno ogni volta con una salciccia stretta nel becco. Ed a quanto pare, in un cespuglio nei pressi esisteva una sorta di “magazzino” o “dispensa” costituita con i vari avanzi di cibo che gli era riuscito di raccogliere in giro per la città. “Se trasportato lontano, dunque, tutto quello che il corvo avrebbe fatto sarebbe stato cercare di tornare al punto di partenza, o quanto meno costruirsi una vita caratterizzata dallo stesso numero di facilitazioni urbane.”
È fin troppo chiaro, del resto: i corvi sono gli uccelli, e forse tra gli animali in assoluto più intelligenti di questo pianeta. Così che le loro abitudini, o propensioni, non sono in alcun modo alterabili senza un vero e proprio processo psicanalitico, come aveva lasciato intendere anche la poetica inquietante di Edgar Allan Poe. Il Corvus macrorhynchos, volendo restare nello specifico, è soprattutto noto per le sue abitudini alimentari straordinariamente ampie, nonché la capacità di adattamento. Viene altamente sconsigliato, ad esempio, scacciare in malo modo gli uccelli che tentano di accedere alle proprie buste della spazzatura, poiché essi, dopo si ricorderanno il volto della persona, e potrebbero attaccarla per ripicca in un momento in cui abbassa la guardia. C’è un esempio famoso che si verificò qualche anno fa, dovuto alla problematica abitudine di alcuni corvi a fare il nido sopra i trasformatori della corrente elettrica, causando occasionali blackout. Al che la compagnia di Tokyo, rispondendo alle proteste dei cittadini, inviò un gruppo di incaricati per rimuovere gli ospiti pennuti abusivi che, in breve tempo, iniziarono a fare qualcosa di assolutamente incredibile: costruivano dei falsi nidi, al fine di allontanare i “predatori” da quelli reali. E ogni qualvolta un operaio saliva fin lassù, non  tardavano nell’attaccarlo con feroci sferzate dell’appuntito becco, fluttuando su ali nere come il terrore notturno in persona.

Un altro comportamento famoso dei corvi di Tokyo è quello di gettare le noci troppo dure al centro della strada vicino ai semafori, per poi recuperarne il contenuto, schiacciato dalle automobili, senza rischiare di essere investiti.

Il corvo, da sempre comune in Giappone, ha un ruolo di primo piano nel folklore di questo paese, fin da quando il Kojiki, testo sacro dello shintoismo risalente all’VIII secolo, identificò la guida sovrannaturale del primo imperatore Jimmu nella figura di Yatagarasu, il corvo a tre zampe inviato dalla dea del Sole, Amaterasu. Da allora, questi uccelli hanno simboleggiato rinascita ed assistenza divina, comparendo ad esempio in seguito ai grandi eventi storici e le più feroci battaglie. Almeno due castelli dell’epoca delle guerre civili, per via delle loro mura dipinte di nero, sono stati associati a questo animale, dimostrando un’associazione latente all’etica dei più fieri guerrieri. Senza dimenticare, tuttavia, le figure talvolta dispettose dei karasu tengu, uomini piumati dal becco e le ali, che nel folklore popolare erano soliti infastidire gli abitanti dei villaggi rurali. Finché lo yamabushi tengu, o dio guerriero dal lungo naso, non discendeva dalla montagna più vicina per rimetterli in riga col suo ventaglio magico o il pesante bastone.
Che cosa volete che sia, rispetto a simili eventi, il caso di un singolo corvo che tenta di pagare il biglietto del treno? Nient’altro che una transitoria visione, nel corso del lungo sogno in grado di accomunare due delle specie più intelligenti dell’intero Sistema Solare. Sarà meglio accontentarlo. Resta impossibile, in effetti, immaginare che cosa sarebbe potuto succedere, se soltanto la strada dell’evoluzione avesse intrapreso una strada soltanto lievemente diversa, sotto il segno di queste lucide piume nere!

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