La collana di Samsung per riprendere il mondo a 360 gradi

Ripensando a determinati momenti della vita, la realtà tende a fondersi con la fantasia. Situazioni come la giornata autunnale, a coronamento di una carriera universitaria, in cui vi siete trovati dinnanzi a una commissione di esimi docenti per esporre la vostra tesi di laurea. Di fronte a molti dei vostri compagni di corso, ai parenti, agli amici e a qualche visitatore indesiderato, come i fotografi  speranzosi di vendervi la loro testimonianza per immagini di quel memorabile evento. Così vi ritornerà in mente, quel lungo discorso, preparato accuratamente, lo sguardo come attratto da un magnete verso la collettività cortese ed interessata di costoro, sospinti innanzi dallo sguardo di un’invisibile pubblico “amico”. Girarsi? Impossibile. Come per Orfeo disceso all’Inferno, in cerca di un modo per salvare la sua amata. Completamente soli, nell’attimo della verità. Ed anche se potrete disporre in seguito del video-racconto girato da uno dei presenti, o persino una pluralità di questi, è altamente probabile che gli obiettivi siano rimasti puntati per tutto il tempo su di voi, con soltanto un paio di carrellate sul pubblico, onde rilevare l’atmosfera corrente. Chi guardava voi durante lo svolgersi dell’esposizione? Chi fuori dalla finestra? Sorridevano, i vostri genitori? Erano seduti? Oppure in piedi?
Potreste obiettare che simili dettagli non abbiano un’importanza particolarmente rilevante. Eppure la mente umana funziona in un modo per cui, normalmente, i fattori di contesto possono restare impressi a distanza di molti anni. Formare, persino, il carattere di una persona. C’è stato un lungo periodo, dall’invenzione della prima cinepresa, in cui nessuno semplicemente si è chiesto se fosse possibile, o in qualche maniera utile, riprendere contemporaneamente l’intero spazio circostante un determinato punto, ovvero il 100% degli eventi in un dato momento X. Pensate, di contro, alla quantità d’informazioni che si possono desumere da una semplice fotografia di Google Street View: interi quartieri, immortalati dal passaggio della famosa macchina con gli obiettivi globulari sul tetto, con passanti, automobili, vetrine dei negozi, i manifesti elettorali. La telecamera a 360 gradi è uno strumento dalle potenzialità di registrazione eccellenti perché superiore, nel suo campo visivo, persino agli occhi umani. Ma si tratta anche di… Un sistema ingombrante. Non tanto di per se stesso, visto come esistano ormai dei prodotti, vedi ad esempio la Ricoh Theta S o la LG 360 Cam, consistenti in poco più che un paio di obiettivi rivolti in direzioni contrapposte, con lenti speciali per permettergli di coprire 180 gradi ciascuno, poco più grandi e sensibilmente meno costosi di un cellulare. Quanto per la necessità di posizionare le suddette telecamere, al fine di ottenere un video effettivamente funzionale allo scopo, in posizione priva di ostruzioni di alcun tipo, come al di sopra di un casco o su un treppiede, posto in maniera specifica lontano dalla gente o il soggetto che s’intende immortalare. Il primo prodotto che ci viene proposto dalla startup Linkflow, nata dall’incubatore di nuove realtà imprenditoriali gestito dalla colossale multinazionale Samsung, si propone di rispondere a una simile problematica con la più sorprendente, ed innovativa delle idee: una versione sempre pronta all’uso di simili dispositivi, pensata per offrire una ripresa che sembrerà essere in prima persona. Posizionata, in maniera molto semplice e funzionale, in corrispondenza del collo umano. Un’idea geniale, se ci pensate. Quale altra parte del nostro corpo resta ragionevolmente stabile in ogni momento, indipendentemente dai movimenti effettuati e dal contesto, in maniera sufficiente da offrire una piattaforma di registrazione efficace? Inoltre, il concetto stesso d’indossare un gadget che poggia sopra le proprie spalle è concettualmente un’attività familiare, vista la frequenza con cui le persone scelgono di poggiarvi le cuffie per di ascolto delle più svariate fogge e dimensioni. Con una significativa differenza, tuttavia: questa volta, piuttosto che una coppia d’altoparlanti, l’archetto di riferimento conterrà non due, bensì tre fotocamere, posizionate rispettivamente ai lati sul retro e sulla punta anteriore sinistra, con una collocazione studiata per essere sufficiente a coprire l’intero spazio sferico dell’unico tipo di testimonianza videografica che possa dirsi realmente “completa”. Le possibilità sono letteralmente infinite…

Una ripresa effettuata presso il ponte d’osservazione del Grand Canyon con la FITT360. La risoluzione della telecamera è un sufficiente (ma non straordinario) 2K, paragonabile a quella dei suoi principali competitors sul mercato. Il valore futuro di un’esclusiva ripresa in prima persona, tuttavia, risulta assai più difficile da quantificare.

Si è lungamente parlato del valore delle riprese effettuate in tre dimensioni, considerate per un lungo periodo la nuova frontiera dell’intrattenimento, con un impiego potenzialmente sempre più onnipresente in cinematografia, in Tv e nei videogiochi. Finché non ci si è resi conto di come, per quanto apprezzato, un simile approccio non stava emozionando il pubblico, più che mai disinteressato ad un simile costoso, e poco pratico margine di miglioramento. Con un sequenza di causa ed effetto simile a quella del mancato successo di una larga parte dei controller di movimento proposti al termine della passata generazione ludica, che sta tuttora rallentando l’adozione su larga scala dei primi sistemi consumer di realtà virtuale, ciò ha largamente ridotto l’interesse nei confronti dei video sferici, la cui utilità risulta oggettivamente molto superiore. Per la quantità di informazioni che essi possono immagazzinare nella stessa estensione di tempo, ma anche per l’immersione che sono in grado di offrire, anche a distanza di tempo, per chi dovesse fruirli mediante la giusta tipologia di dispositivi. Che non sono, ovviamente, un monitor 4k e rapide scivolate tratteggiate col mouse, al fine di guardarvi tutto intorno allo stesso tempo, bensì l’impiego di un visore in grado di rispondere ai movimenti naturali della vostra testa, dandovi la chiara impressione di “essere lì” e magari rivivere, letteralmente, l’esperienza di quei momenti. Il che rende ancora più facile comprendere la portata quasi rivoluzionaria di una telecamera trasformata in semplice accessorio indossabile, sempre pronta e sopratutto, capace di offrire un punto di vista corrispondente a quello di una singola persona (voi).
Un po’ come i profondi mutamenti sociali e telematici, soprattutto nel campo degli sport estremi, indotti dall’adozione su larga scala delle action camera, l’eventuale successo, e l’inevitabile diffusione di cloni, di un simile prodotto potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui scegliamo di commemorare determinati eventi, togliendo di mezzo la necessità di avere costantemente in mano il telefonino. Pensate ad esempio la precisione in cui potrebbe essere documentato un evento di massa, quale un concerto o una partita, con soltanto un paio di persone  tra il pubblico che agiscono come un intero team di regia, fornendo dei punti di vista ruotabili di tutto quello che gli sta succedendo attorno. O il merito ulteriore che potrebbe acquisire una semplice escursione in campagna, una volta che potrete riguardarla a distanza di tempo acquisendo non soltanto le informazioni già in vostro possesso, ma anche quelle derivanti dalle direzioni in cui il vostro sguardo semplicemente non era stato rivolto mentre cercavate di evitare un tronco adagiato a terra, una pozzanghera o una buca.

Nella terza pubblicità ufficiale del FITT360 viene anche mostrata la fruizione ideale del materiale prodotto con il dispositivo, mediante l’impiego di un visore virtuale di fascia media, il Pimax 4k. Che pur non raggiungendo le sofisticazioni del tracking di altri prodotti, risulta più che adeguato all’impiego per contenuti video dal punto di vista fisso.

Il tutto sempre alla ricerca di quell’irraggiungibile obiettivo della sensazione di essere di nuovo lì, poter sperimentare quelle particolari emozioni. O ancora meglio, mettersi nei panni di qualcun altro e vedere con i suoi occhi, facendo cose che altrimenti non potremmo sperimentare mai. Un video a 360° proiettato su una sfera, in tal senso, è uno strumento potente, proprio per la sua inerente interattività: col semplice atto di girarci da un’altra parte, noi stiamo in effetti cambiando la gestualità di quel protagonista, permettendo alla nostra mente d’immaginare posizioni e movimenti, a sostegno di un più che mai pervasivo senso d’empatia. Verso l’autore, verso i presenti, o a sostegno della memoria, per sperimentare di nuovo un momento saliente del proprio passato. Ciò detto, resta importante la cognizione di come, ad oggi, l’effettiva riproduzione di ciò che vede l’occhio umano sia possibile soltanto nello spazio virtuale di un mondo calcolato e progettato direttamente in maniera fittizia, o digitalizzata. Questo perché la nostra testa, ruotando per ampliare il campo visivo nella composizione di quel mosaico cerebrale che ci permette di “ricordare” a 360 gradi, indipendentemente dalle nostre umane limitazioni, inerentemente si sposta anche nello spazio, portando il nostro punto di vista a disegnare un cerchio ideale. Il quale, a sua volta, ci offre una percezione aumentata della profondità, in funzione del principio della parallasse (visione prospettica delle cose). E questo indipendentemente dalla stereoscopia, la cui applicazione nel campo dei 360°, ritenuta un tempo impossibile, è un problema in realtà già risolto da tempo, mediante l’impiego di sistemi con coppie di telecamere in altissima risoluzione disposte in cerchio. Vedi ad esempio la VR camera, in tutt’altra fascia di prezzo, di una diversa startup, la Vuze. Le cui applicazioni restano tuttavia relativamente limitate, per gli inevitabili artefatti di un video che dovrà essere, comunque, accuratamente stabilizzato e ricomposto da un algoritmo artificiale, ancora ben lontano dalla perfezione (in tutte queste telecamere, per intenderci, è possibile trovare la giunzione tra la pluralità dei diversi obiettivi).
Come avvenuto per i visori in realtà virtuale che stanno tentando di irrompere sul mercato da ormai oltre un anno, dunque, è altamente probabile che stiamo per entrare a pieno titolo in un primo capitolo di questa nuova tecnologia. E forse alla stessa maniera, potrebbe succedere che le prestazioni e l’effetto finale risultino essere, a conti fatti, molto migliori di quanto il grande pubblico sia portato a pensare. Per il fallimento recente di idee simili, quali la telecamera indossabile degli occhiali Google Glass, che ha portato a non poche preoccupazioni in materia di privacy, facendo associare a quel particolare gadget uno stigma che portò, in ultima analisi, l’azienda stessa ad abbandonare l’idea. Ma anche in funzione di una cultura della tecnologia odierna che oggi, rispetto alle generazioni  trascorse, è meno disposta ad accettare i lati negativi, abituata alla qualità stratosferica dei moderni cellulari, computer e videogiochi. Dimenticando che ogni processo dell’evoluzione, in qualche momento della storia terrestre, è derivato dalla nascita di un primo esemplare diverso. Forse meno abile e indipendente degli altri appartenenti alla sua stessa specie. Ma che in qualche maniera conteneva, nascosto all’interno, il seme fondamentale del cambiamento.

Nota: Fitt360 è ordinabile al momento in cui scrivo, per pochi giorni ancora, all’indirizzo della sua campagna Kickstarter. Il prezzo corrente è di 396 dollari (offerta Early Bird) con consegna prevista per ottobre del 2018. È altamente probabile che una volta prodotta in serie ed immessa sul mercato la sua versione definitiva, il prezzo aumenti in maniera significativa.

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