Il più grande meteorite mai trovato dall’uomo

Rocce: viviamo su una roccia sospesa nel cosmo, circondata da altre rocce incatenate nelle loro orbite, mentre una sfera di elementi pietrosi perennemente in fiamme ci illumina con la sua immota possenza. Se questi sassi potessero parlare! Quanto potrebbero dirci, sulla storia dei nostri antenati, del pianeta, del Sistema Solare… E quanto poco, invece, potrebbero dirci in merito le loro cognate provenienti dall’oscurità silenziosa. Oggetti che viaggiano, per gli infiniti eoni, grazie alla spinta ricevuta in occasione di un qualche evento galattico dimenticato. I quali talvolta, raggiunta l’estrema propaggine del nostro pozzo gravitazionale, sperimentano l’attrazione che le porta a farci visita, per non lasciarci mai più. Siamo così accoglienti, con meteore, meteoroidi, comete, asteroidi! Tante parole, per riferirsi a diversi aspetti o versioni della stessa identica cosa. E meteoriti, che in effetti significa: un singolo frammento dell’oggetto piovuto dal cielo, risultante dall’impatto clamoroso che quest’ultimo ha subito col suolo. Pezzi piuttosto piccoli, generalmente, quelli in cui si riduce un oggetto dal peso di svariate tonnellate all’impatto drastico con la densità relativamente elevata dell’atmosfera terrestre. Dopo aver bruciato, con un rombo apocalittico, per decine e decine di chilometri, finendo per suddividersi in multipli quanto insignificanti rimasugli. Quasi… Sempre. Poiché esiste un tipo di meteoroide (gli asteroidi sono quelli abbastanza grandi da far estinguere l’intera vita sulla Terra) che non supera il 5,7 dei ritrovamenti registrati, la cui caratteristica è quella di essere composto in massima parte di ferro e nickel. I quali, già portati a temperature di oltre 1.000 gradi dal loro nucleo dall’alto potenziale radioattivo, si sono trasformati in un ammasso inscindibile di metalli e pietra, che può effettivamente sopravvivere all’attrito del rientro nell’atmosfera. Inoltre, data la dimensione maggiore tendono a rimanere in prossimità della superficie ed essere quindi più spesso ritrovati tramite l’impiego di un semplice metal detector. Oppure semplicemente, dandogli un calcio per caso.
Qualcosa di simile a quanto successo ad un contadino namibiano della regione di Grootfontein (entroterra settentrionale del paese) attorno al 1920, mentre arava il suo campo con un carro trainato da un bue. Aspettandosi forse di tutto, tranne che all’improvviso l’apparato agricolo producesse un rumore simile al raschiare di due cose metalliche, per poi fermarsi in concomitanza con il ruggito di protesta del fedele animale da traino. Una volta sceso per andare a controllare, quindi, Jacobus Hermanus Brits rilevò la presenza di una massiccia massa nerastra affiorante dal suolo, la cui solidità e peso apparivano niente meno che leggendari. Preso quindi il coltello, iniziò a raschiarne la superficie per una sua curiosità personale, quando con sommo stupore, rilevò a quel punto la fonte di un misterioso scintillìo: lo strano “sasso” sembrava importante. E così, responsabilmente, avvisò le autorità, che a loro volta fecero accorrere sul posto i migliori esperti a disposizione. I primi ad accorrere sul posto furono Friedrich Wilhelm Kegel, direttore della vicina miniera di Tsumeb, e gli addetti al reparto di geologia del museo cittadino. I quali, dopo una breve disquisizione, si trovarono d’accordo nella palese verità: il loro connazionale aveva trovato un meteorite. Un enorme, misterioso pietrone proveniente dalle profondità galattiche più remote. Fu quindi deciso di chiamarlo Hoba, come la tenuta in cui era precipitato. Una scelta piuttosto convenzionale in materia di meteoriti, che prendono in genere il nome del luogo in cui vengono ritrovati. All’arrivo delle ruspe, quindi, iniziò la procedura di scavo, dalla quale emerse qualcosa di altamente stupefacente: un singolo ammasso dal peso stimabile di 66 tonnellate, abbastanza per scavare, in linea di principio, il cratere equivalente alla caldera di un vecchio vulcano. Mentre questo oggetto, da un periodo di oltre 80.000 anni datati grazie agli isotopi contenuti al suo itnerno, si era trovato così appoggiato, quasi con delicatezza, sul suolo friabile della Namibia. Il perché di una tale stranezza è stata fatto oggetto di svariate ipotesi, ma nonostante tutto resta il maggiore mistero connesso ad una simile, strabiliante enormità.

La superficie del meteorite si presenta piena di segni di ablazione e danni di vario tipo. Non tutti sono tuttavia causate dalla mano di umani irrispettosi, risultando anche il segno del passaggio attraverso l’atmosfera di un simile gigantesco oggetto.

L’interpretazione più affascinante dell’intero episodio si basa sulla particolare forma del pietrone, che presenta una superficie piatta da entrambi i lati. Questo ha permesso di sviluppare un modello in cui il meteoroide, trovandosi subitaneamente in contatto con gli strati superiori della nostra atmosfera, non sia penetrato dritto come un missile, ma si sia piuttosto ritrovato a rimbalzare, una o più volte, come un sasso lanciato su un lago. Per poi cadere, quasi a malincuore, senza aver modo di superare in maniera percettibile la sua velocità terminale (0,32 Km/s) Il che vuol dire, in altri termini, che il sasso è caduto come se fosse stato lanciato da un aereo. Per poi venire ricoperto da un sottile strato di terra degli eoni, in paziente attesa che qualcuno di non ancora nato, un giorno, potesse urtarlo con il suo aratro e dare inizio al suo momento di gloria.
Il sito fu quindi ispezionato il 5 settembre del 1929, quando una commissione con elementi del Congresso Geologico di Pretoria (Sud Africa) decretò che l’oggetto fosse degno di essere nominato monumento nazionale, benché non fosse assolutamente spostarlo fino alle sale di un qualsivoglia museo. Fu quindi deciso di scavargli attorno una struttura simile a un anfiteatro, per valorizzarlo e renderlo una sorta di piccola attrazione turistica, in grado di attrarre un determinato tipo di curiosi ed appassionati dell’argomento. Ben presto, tuttavia, l’assenza di controlli, giustificata dall’assoluta inamovibilità dell’oggetto, si rilevò deleteria, mentre i soliti ignoti, armati di seghe ablative (difficilmente martello e scalpello sarebbero stati sufficienti) facevano il possibile per prelevare un souvenir. Si stima che negli anni intercorsi dal suo ritrovamento, il meteorite abbia perso complessivamente circa 5 tonnellate di materiale, a causa di atti vandalici di vario tipo. Sembra tuttavia che a partire dal 1987, l’istituzione di un centro visitatori abbia avuto successo nel ridurre al minimo tali incidenti. Il che è certamente un bene, vista l’unicità dell’oggetto, che costituisce non soltanto il più grande meteorite, ma anche la maggiore massa di metallo con provenienza naturale di cui abbiamo mai avuto notizia, la quale, secondo uno studio dell’Università di Regina in Canada del 2013, doveva essere in origine ancora più grande:  5×10⁵ kg, ovvero abbastanza da causare danni e conseguenze decisamente più ingenti al momento di un ipotetico impatto su un corpo celeste come la nostra Luna, forse persino paragonabili ad una bomba nucleare. Il che costituisce un’ulteriore prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, dell’azione protettiva esercitata dalla nostra utilissima atmosfera. Pensateci per appena un paio di secondi la prossima volta che usate una bomboletta spray, nemica naturale dello strato d’ozono sopra le nostre teste. Ma non serve che pensiate davvero al futuro. Dopotutto, domani…

Il secondo meteorite più grande del mondo, anch’esso appartenente alla categoria delle rocce ferrose, si trova a Campo del Cielo in Argentina, 1.000 Km a nord ovest della città di Buenos Aires. Esso risulta tuttavia molto più piccolo, con “sole” 37 tonnellate di peso.

Il ritrovamento di meteoriti ha sempre costituito, nel corso della storia, un evento eccezionale e degno di essere celebrato in diversi modi. Il tempio di Artemide ad Efeso, una delle sette meraviglie del Mondo Antico (550 a.C.) aveva tratto la genesi da una singola misteriosa pietra, che si riteneva provenisse dal pianeta Giove, simbolo degli dei. Un’origine altrettanto extraterrestre dovrebbe avere, secondo alcune teorie, la pietra nera custodita nella Kaaba, la moschea più importante dell’Islam, presso cui recarsi in pellegrinaggio costituisce uno dei pilastri stessi di tale religione. Per le culture tribali dell’antichità europea ed americana, nel frattempo, i meteoriti avevano costituito importanti fonti di metallo, usata per costruire armi e strumenti, che generalmente finiva per esaurirsi nel giro di appena un paio di generazioni. Mentre con un ammasso come quello di Hoba, probabilmente, uno qualsiasi di questi popoli avrebbe potuto conquistare l’equivalente di una moderna nazione.
Risulta impressionante immaginare, in effetti, quanto il ritrovamento accidentale di simili oggetti abbia potuto influenzare il corso stesso degli eventi; come in una versione più tangibile dal concetto di astronomia, in cui le forze del cosmo influenzano le predisposizioni e le scelte di noi insignificanti esseri umani. Mentre quello che, decisamente, non eravamo giunti ad aspettarci, è che tali entità cosmiche disponessero anche di mani, per lanciare al nostro indirizzo proiettili dal variabile, ma pur sempre ingente, grado di pesantezza e pericolosità.

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