L’utilità di una stampante a forma di pistola

“Dannazione, lo sapevo…” Era la quindicesima E-mail di reclamo nel giro di un paio di mesi, giunta come una palla di fuoco nell’ufficio annesso alla fabbrica metallurgica della G-Corp. “Hans! È successo di nuovo.” L’ultimo prodotto uscito dal reparto di quei cervelloni dell’ufficio brevetti: un nuovo tipo di impalcatura modulare, che riduceva del 25% la necessità di bulloni e rivettature da integrare sul campo. Meno lavoro, meno perdite di tempo, più profitti per le compagnie di costruzione. Eppure, un potenziale problema: “Chi è stato, stavolta? Non dirmi che si tratta di un altro cliente del mio giro in Baviera…” Un prolungato silenzio di solidarietà, dall’altra parte dell’ufficio agenti della compagnia. Ancora una volta, sarebbe toccato a lui. L’ente di certificazione era stato estremamente chiaro: i componenti del sistema d’impalcatura dovevano essere etichettati uno per uno. Altrimenti era considerato “un margine d’errore probabile” che il punto di raccordo E-7 venisse scambiato con il G-5, portando ad un’instabilità strutturale, crolli e potenziali infortuni sul posto di lavoro. Ma non potevano esserci sanzioni, proprio perché il prodotto era stato, precedentemente, certificato. Del resto chi avrebbe mai pensato che operai specializzati potessero scambiare una giunzione a gomito 15×30 con un’altra che misurava 20×25? Era persino di un altro colore! La stanchezza, si sa, può fare scherzi tutt’altro che appropriati… “No, non preoccuparti. Nessuno si è fatto male, stavolta. Hai visto… L’etichettatrice?” Se questo fosse stato un film thriller, in quel momento sarebbe partita la musica di tensione. Si era infatti creato, negli ultimi tempi, un preciso processo aziendale, per cui il contatto di ciascuna vendita sarebbe dovuto andare volta per volta presso la sede del compratore che aveva commesso il “ragionevole” sbaglio, ed identificare uno per uno i componenti. Nel pacchetto standard del nuovo sistema della G-Corp, pensato per l’uso urbano pesante, c’erano in media 6.450 pezzi di varie dimensioni. E non finiva lì: il sistema delle etichette, l’unico utilizzabile sul campo, non veniva considerato resistente alle intemperie. Era dunque necessario, per ciascuna singola applicazione, l’aggiunta di un foglio trasparente adesivo, al fine di rendere impermeabile il metodo d’identificazione. In altri termini… Ore ed ore di lavoro fuori sede, su e giù per impalcature già messe in opera, intralciando gli operai comprensibilmente scocciati dall’insorgere di questa imprevista necessità. Con un improbabile mezzo sorriso, Hartman indicò ad Hans l’armadio a muro in plastica in fondo alla sala, recente aggiunta della dotazione dell’ufficio: “Vai un po’ a vedere lì. C’è un a sorpresa del nostro reparto acquisti. Credo che ti piacerà…” Alzandosi dalla sedia e aggrottando le sopracciglia, l’agente di vendita prese a camminare con passo spedito verso la direzione indicata. Pensierosamente, aprì lo sportello di destra, trovandosi di fronte a una valigetta nera con un logo mai visto prima: EBS…Ink-Jet? “Aprila, amico mio!” Con un brivido appena percettibile, sollevò il coperchio. Poi elaborò la domanda: “Hartman, was ist das? Non starai suggerendo che vada lì ARMATO?”
Armato e pericoloso, proprio così. Tenendo in pugno, tra le forti dita della tua stessa mano destra, il singolo strumento più potente a disposizione dell’uomo moderno:  il sogno di Gutenberg, l’invenzione di Magonza, il grande dono del popolo tedesco all’intero Mondo Occidentale, ovvero un sistema di stampa (a getto d’inchiostro, perché siamo pur sempre nel terzo millennio) Diversa, ad ogni modo, da tutte quelle viste fin’ora. Perché priva di carrello, interfaccia, cavo d’alimentazione, sistema per caricare i fogli… Strano come le cose in apparenza più semplici, da un punto di vista tecnologico, richiedano spesso un grado di sofisticazione maggiore. Questa è la storia dell’EBS 260, un prodotto talmente innovativo ed intrigante, da essere diventato “accidentalmente” virale al di fuori dell’ambito specialistico per cui era stato originariamente progettato. E in merito al quale, la scorsa domenica, un rivenditore statunitense di nome Jason si è ritrovato a fare una puntuale descrizione sul portale Reddit, a vantaggio di un’utenza che a dire il vero, era venuta soltanto per godersi la gif. Ma chi può dire quali futuri professionisti potrebbero trovarsi a passare di lì, grazie alle alterne ed interconnesse strade di Google? O quante persone, restando colpite da un simile meccanismo, potrebbero parlarne ad amici, parenti… Ai Lettori di un blog… Il dispositivo in effetti, definito nei video a corredo come “Il primo della sua categoria” è l’espressione perfezionata di un concetto dall’estrema praticità: trasferire nel mondo fisico lo strumento più amato di Photoshop. O Illustrator, etc; quella piccola icona che, una volta cliccata, permette di disporre un testo al di sopra di una linea più o meno curva, all’interno di un cerchio e così via. Particolarmente amato dai product manager, perché permette di prendere un oggetto apparentemente anonimo, e caratterizzarlo con il brand della compagnia. Ma neppure loro avrebbero pensato che un giorno, la stessa cosa sarebbe diventato possibile farla in post-produzione, sulla base delle alterne necessità del momento.

In un video precedente, l’uomo più tedesco del mondo dimostra le doti del modello EBS 250, che pur disponendo di una risoluzione e un’autonomia minori, potrebbe costituire l’apparato ideale da aggiungere a qualsiasi parco strumenti di una grande compagnia.

L’impiego dell’EBS 260, ed invero dei precedenti modelli della Ink-Jet Systems di Nümbrecht, cittadina ad est di Colonia, non potrebbe essere più semplice di così. L’operatore inizia realizzando l’adattamento della grafica, tramite un semplice programma al computer. Quindi, grazie ad un sistema d’interfaccia senza fili, l’invia al dispositivo da una distanza massima di 100 metri, il quale potrà mantenerlo in memoria, diventando sostanzialmente una stazione di stampa autonoma con fino a 200.000 caratteri di autonomia. A questo punto, impugnandolo saldamente, tutto quello che costui dovrà fare sarà passarlo sulla superficie da contrassegnare, mentre le testine integrate si occuperanno d’imprimere una riga dopo l’altra il messaggio, i loghi o il numero d’identificazione desiderato. Uno dopo l’altro, dozzine di barili metallici, tronchi, materiali da costruzione, dischi da taglio seghettati, tubi più o meno flessibili… Nessun materiale è naturalmente impervio a questo approccio, poiché la compagnia produttrice prevede l’impiego di cartucce con inchiostri diversi, a seconda del materiale che interessa di volta in volta alla compagnia ordinante. E tutto può essere fatto con la massima rapidità e precisione. Das ist, was.
In merito agli aspetti tecnici e numerici della questione, possiamo fortunatamente confidare nella puntuale descrizione di Jason su Reddit, ma anche su di un sito aziendale più che mai esauriente. Per chiarire immediatamente il primo dubbio che potrebbe insorgere: si, si tratta di un sistema piuttosto costoso. 5.500 dollari per l’ultimo modello, negli Stati Uniti, e 140 per ciascuna cartuccia d’inchiostro “standard” ovvero che non sia a base di etanolo, acetone o MEK (metiletilchetone). Come consueto nell’ambito business-to-business, non è irragionevole pensare che la compagnia applichi sconti per nuovi e potenzialmente buoni clienti, o in caso di ordini di più unità alla volta. Ma apparirà chiaro, a questo punto, che un uso privato sarebbe alquanto gravoso e difficile da ammortizzare. Persino per i graffitari consumati, che in un primo momento sul forum, si erano detti piuttosto affascinati dall’idea di liberarsi dei soliti vecchi stencil. Mentre apparirà chiaro che in un abito aziendale, non necessariamente esclusivo delle compagnie più grandi, possa trattarsi di un investimento piuttosto interessante: un solo addetto, armato di una stampante come questa, può contrassegnare in breve tempo l’intera quantità di prodotti che fuoriescono dal proprio stabilimento, dandogli un valore aggiunto, ed un aspetto professionale, che indubbiamente potrà metterli in risalto in mezzo al mare della concorrenza. A volta basta poco, per acquisire il predominio all’interno di una specifica fetta di mercato. La capacità di stampa per singola linea può andare dai 7 ai 57 mm di altezza, e si, è possibile stampare anche più di una linea alla volta: quattro, per essere precisi. L’operatore dovrà ovviamente avere una mano ragionevolmente ferma, specie per i soggetti più piccoli, ma la velocità non sarà importante: la serie EBS è infatti dotata di ruote di scorrimento che sono in realtà anche un codificatore digitale, in grado di produrre lettere della giusta larghezza indipendentemente dal ritmo con cui la stampante verrà manovrata. La batteria ha una durata massima di 16 ore (più che sufficienti ad esaurire i 200 ml d’inchiostro nella cartuccia) e la temperatura operativa è di 1<>45 gradi Celsius con inchiostro a base d’acqua, -10<>45 con quello a etanolo. Trattandosi di un dispositivo a matrice di punti, la stampante è rigorosamente monocromatica ma presenta una risoluzione piuttosto rispettabile di 16 dpi. Un grafico abile, può dunque migliorare ulteriormente l’effetto finale tramite l’impiego di accurati effetti di sfumatura. Il peso, di un chilo e mezzo: proprio come quello di una grossa pistola.

Dispositivi simili, benché dalle prestazioni meno impressionanti, già esistevano sul mercato. Come questo della Trend Marking, pensato per l’uso su legno e dal costo decisamente inferiore. Riesco ad immaginare svariati progetti per cui il suo impiego possa risultare più che mai funzionale…

C’era sempre una sensazione di scoramento, nel percorrere a tavoletta le perfette autobahn tedesche tra Colonia e Monaco con l’affidabile benché mondana Classe B aziendale, avendo la cura di mantenere la destra mentre si viene sorpassati da bolidi dalle prestazioni ben più performanti. BMW M4. Un’Audi R8. Svariate Porsche. Toh, era una Ferrari, quella? Non ho fatto in tempo a vedere il modello.  Eppure Hartman, le 5 ore di una mattina d’estate con aria condizionata al massimo, in qualche modo se l’era godute. Già pregustando l’impiego del nuovo “giocattolo” che a quanto pare, sarebbe stato il primo ad usare in azienda.
E adesso che si trovava, con l’elmetto da operaio giallo, al settimo piano di un palazzo da costruzione, premendo il pulsante poté sentirsi, per un attimo, il re del mondo. Gli addetti al cantiere tacquero. Persino il vento si fermò, per un vertiginoso secondo. Con un andamento che ormai non aveva più nulla che fosse lasciato al caso, l’agente speciale della G-Corp puntò la sua arma ultra-tecnologica verso l’impalcatura. E dopo aver preso attentamente la mira, premendo il grilletto, iniziò a sparare.

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