Il gatto scoiattolo che vive tra le scimmie del Brasile

Riportate alla vostra mente, per qualche secondo, la tipica scena del gatto che si arrampica su un albero e non riesce più a tornare giù. Gli spettatori preoccupati, cellulari alla mano, già pronti a far venire sulla concitata scena il camion dei pompieri. Che poi A – Non è la più grave emergenza a cui costoro potrebbero dover rispondere nella prossima ora, e poi B – Niente ci garantisce che il micio in questione, in effetti, sia più che in grado di discendere per conto suo, una volta spinto a farlo dall’aumento della fame. Del resto, non è soltanto uno stereotipo: i gatti si arrampicano facilmente verso l’alto, grazie all’impiego dei loro artigli retrattili ed acuminati. I quali, tuttavia, possono far presa solamente in un senso, il che significa che percorrere la via a ritroso comporterà necessariamente la complicata manovra di girarsi di schiena e calarsi all’indietro, senza poter guardare a fondo l’unico percorso prefissato. Non esattamente una manovra semplice, specie per un animale. Ma adesso immaginate che il felino, nel momento della verità, faccia l’impossibile, ovvero ruoti le sue zampe di 180 gradi, più o meno come gli occhi del camaleonte, oppure il collo della bambina posseduta nel film l’Esorcista. E che a quel punto, risolto il sempiterno paradigma, inizi a percorrere il tronco dell’arbusto con la testa in avanti, correndo letteralmente verso il suolo, alla maniera sono soliti fare i ben più piccoli, e leggeri, sciuridi arboricoli dalla coda vaporosa. Ecco, potrà esservi sembrato un puro sogno della pipa. Mentre in effetti, sappiate questo: stavate pensando al margay.
O Leopardus wiedii, dal nome del suo scopritore il principe Maximilian di Wied-Neuwied, che nel 1815 si recò con le sue guide e un gruppo di naturalisti nel profondo delle foreste pluviali brasiliane, alla ricerca dei misteri dei suoi ancestrali abitanti umani, i cosiddetti indios sudamericani. Per trovarsi anche di fronte a questo agile arrampicatore, definito all’epoca “gatto tigre dalla coda lunga” benché le macchie del suo mantello, con un punto più chiaro al centro, ricordino piuttosto da vicino il tipico leopardo. Ma uno ben più piccolo dell’alternativa di terra, con un peso complessivo medio di non più di 4 Kg, per una lunghezza del corpo tra i 33 ed i 55 cm esclusa la coda in questione, che può facilmente raggiungere i tre quarti del resto dell’animale. Il che dimostrò, se non altro, l’acuto spirito d’osservazione del principe, vista l’estrema somiglianza del margay al tipico ocelotto di queste terre (Leopardus pardalis, il leopardo nano) dal quale si differenzia nell’aspetto primariamente nelle dimensioni leggermente inferiori e nei grandi occhi sporgenti simili a quelli di un cane pechinese, che sul suo muso stretto e affusolato donano all’insieme un’aspetto quasi rettiliano. Per non dire, semplicemente, alieno. Questo perché il margay, come sua massima prerogativa, è un animale per lo più notturno, che si sposta nell’oscurità o al tramonto da un ramo all’altro, alla ricerca delle sue prede preferite: uccelli, lucertole ed in particolare i piccoli di alcune specie di scimmie, tra cui il tamarino calvo (Saguinus bicolor). Che cattura con una tecnica molto particolare: imitare il loro verso. Si tratta di un atteggiamento, di nuovo, talvolta accennato in linea di principio dal gatto domestico, che perso nell’osservazione degli uccelli alla finestra, può talvolta produrre dei brevi ed acuti miagolii, vagamente simili ad un pigolio. Ma non c’è niente di accidentale, ed impreciso, nelle imitazioni di questo predatore delle occulte e remote profondità forestali. Il cui richiamo, distraendo e rendendo vulnerabile il piccolo primate, può bastare a farne il bersaglio del suo balzo repentino ed impossibile da evitare. L’agilità nel muoversi tra gli alberi del margay è tale, in effetti, da far pensare per lungo tempo che il felino vivesse unicamente sopra questi rami, scendendo a terra solamente in rari casi, e per periodi estremamente brevi. Quando in effetti lo studio approfondito ha dimostrato come esso preferisca percorrere le medie distanze correndo al livello del suolo, benché si rifiuti categoricamente di fuoriuscire dalla copertura degli alberi della foresta, rendendolo particolarmente vulnerabile allo sfruttamento umano del suo ambiente di provenienza. Come del resto, ogni altro animale proveniente dall’insostituibile ambiente della foresta sudamericana.
Silenzioso, agile e letale, il margay rappresenta tutte quelle qualità che vengono attribuite convenzionalmente al gatto, potenziate molte volte, dalla necessità di sopravvivere in un ambiente ricco di prede, ma tutt’altro che accogliente per chi non sia in grado di trovare la sua nicchia evolutiva. Il che costituisce una problematica altamente specifica, nei frequenti casi in cui una regione sia condivisa da costui con l’ocelotto, o anche l’oncilla o tigrillo (Leopardus tigrinus) che pure lo ricorda da vicino, sebbene presenti una stazza ancora inferiore, di appena 3 Kg. Il fatto è che simili creature sono cacciatori forse anche troppo efficienti, e in una particolare zona possono esserci soltanto un certo numero di potenziali prede, limitando necessariamente il numero massimo di carnivori simili tra loro in grado di dividersi il bottino. Ma saltando agilmente nella notte, il margay continua la strenua lotta per il suo diritto all’esistenza…

L’osservazione degli animali durante le ore notturne fornirà un’immagine inerentemente meno chiara. Ma costituisce, molto spesso, l’unico modo per prendere atto dei loro comportamenti più specifici ed interessanti.

E va pur detto che per una volta, almeno al momento, non gli va per niente male. Considerato ben distante dall’estinzione, per l’ampia diffusione del proprio areale, il Leopardus wiedii presenta ben 10 sottospecie distinte tra loro, attestate tra il Messico e la Colombia, il Nicaragua e Panama, il Perù e lo Yucatan. Luoghi in cui conosce molti nomi, tra cui gato pintadotigrillitocaucelburricón… L’attuale nome comune internazionale, invece, proviene dal francese ed ha un’etimologia incerta, non presentando alcuna altra definizione sul dizionario. Per lungo tempo non si è saputo praticamente nulla di questa specie animale, spesso confusa coi suoi simili e naturalmente schiva, facilmente in grado di eludere un osservatore umano tramite i suoi sfoggi d’estrema agilità. Così che, per lungo tempo, tutto quello che veniva riportato in merito al margay era l’incredibile visione di uno dei suoi leggendari balzi, in grado di raggiungere i 6 metri di altezza da fermo e i 9 in senso orizzontale (cit. Wild Cats Conservation.org) benché non tutte le fonti concordino su tali cifre assolutamente fuori dagli schemi. Ciò che è certo, invece, è l’abilità con cui il gatto riesce ad impiegare le sue grosse zampe anteriori, attaccandosi al volo anche con una sola, per tirarsi su in un attimo e continuare la sua corsa verso il centro della grande foresta, che sembra quasi spalancarsi per accoglierlo, orgogliosa di potersi definire casa sua.
Gli studi sull’entità del territorio coperto da un singolo esemplare sono, di nuovo, discordanti, con una rassegna condotta in Belize tramite l’impiego delle telecamere automatiche che ha riportato luoghi di riposo siti ad almeno 7 metri dal suolo, con i gatti maschio in grado di difendere ed occupare fino a 11 Km quadrati di territorio di caccia. Mentre uno studio in Brasile, fondato sullo strumento dei collari con segnalatori radio, ha confermato una cifra ancora superiore, di ben 16 Km quadrati. Nelle zone a bassa presenza del competitivo ocelot, tali cifre apparentemente basse sono ad ogni modo mantenute costanti, garantendo una popolazione di gatti tutt’altro che trascurabile, come dimostrato dai riusciti tentativi di catturare fino a 9 esemplari a scopo d’osservazione, condotti nel nord-est del Messico, per rilasciarli ovviamente subito dopo, una volta registrate le dovute osservazioni. L’unico problema nell’adeguata conservazione del felino, dunque, resta la sua relativamente limitata capacità di riprodursi. Le femmine di margay possono allattare un massimo di due cuccioli alla volta, caratteristica molto atipica nell’ambito dei felini, e nel corso di un anno raramente ne partoriscono più di uno. La gestazione dura 76-85 giorni ed alla nascita i gattini pesano attorno agli 84-170 grammi. La maturità riproduttiva viene raggiunta attorno ai due anni, Tutto considerato meno tardi di quanto si potrebbe pensare, una volta preso atto di come esistano casi di esemplari sopravvissuti in cattività fino alla veneranda età di vent’anni.

Il cucciolo del margay è una delle creature più graziose dell’intero Sud America. Che ne dite, è possibile che questi occhioni sovradimensionati abbiano ispirato il Gatto con gli Stivali della serie di film Shrek?

L’osservazione dei gatti selvatici è sempre un’attività meritevole d’attenzione, in quanto schiarisce un nostro preconcetto di fondo. Perché se da una parte il cane domestico, con le sue infinite varietà e razze, dimostra una complessità biologica decisamente superiore a quella della sua controparte mai addomesticata, il tipico lupo, con i felini accade esattamente l’opposto. Davvero! Provate voi a comparare la relativa uniformità delle principali razze casalinghe, tutte caratterizzate grosso modo dallo stesso aspetto, forma e dimensioni, fatta eccezione essenzialmente per la lunghezza ed il colore del pelo, con il tripudio di simil-gatti predatori, perfettamente adattati ai più diversi ambienti abitativi di provenienza. Se un alieno dovesse giungere, domani stesso, sul nostro pianeta, faticherebbe non poco a considerare il leone o la tigre come appartenenti alla stessa famiglia di questo sinuoso arrampicatore in grado d’infiggere i suoi artigli nella corteccia pluri-secolare. Ma sono pronto a scommettere che riconoscerebbe subito il margay, con i suoi occhi giganteschi e tondeggianti, la testa aerodinamica e la splendida livrea, come suo animale totemico per eccellenza. Degno di essere venerato, come per i suoi simili al remoto tempo degli egizi, in qualità di personificazione divina tra gli inconsapevoli umani. Ma questa, come si dice, è TUTTA un’altra storia…

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