L’antica belva meccanica del sultano di Mysore

“Comunque vada a finire questa storia, la natura è dalla mia parte.” Quanti governanti, di un paese possibilmente orientale, si sono ripetuti un simile precetto mentre le armate nemiche avanzavano sul loro territorio. Perfettamente consci di come la natura inospitale di un tale luogo, immancabilmente, pretendesse una dura tassa ad ogni chilometro di marcia da parte degli stranieri. Caldi, freddi, malattie infettive. La pioggia copiosa dei monsoni. E in determinati casi, le bestie selvatiche in agguato. Per le forze coloniali inglesi dell’epoca rinascimentale, inviate ai quattro angoli del globo, tutte questioni appartenenti alla sfera del possibile. Per un sultano sulla strada della loro implacabile sete di conquista, una cupa soddisfazione rinnovata nel quotidiano. E una speranza. Era la fine del XVIII secolo, quando Tipu Sahib, sovrano islamico del più vasto regno del meridione indiano, discendente dell’antica famiglia di Wodeyar, chiamò a raccolta alcuni dei migliori artigiani facenti parte della sua corte, per assegnargli il difficile compito di dare una forma fisica ad un simile sentimento. Così che gli uomini, tra cui si trovavano anche alcuni tecnici di provenienza europea, potessero costruirgli il singolo oggetto più strano, nonché pregevole, della sua intera collezione di strumenti musicali. Se così vogliamo davvero chiamarlo: dopo tutto, non è vero che le grida di terrore possono costituire, anche loro, un musica celestiale? Se a emetterle è colui che, con armi e catene, viene ad usurpare quanto abbiamo ricevuto in eredità per diritto di nascita e l’indiscutibile volere del Cielo.
A seguito della battaglia di Seringapatam, città non troppo distante dalla capitale del regno, che pose fine alla quarta ed ultima guerra anglo-mysore con l’assalto diretto del palazzo estivo del sultano, da parte di una forza congiunta di svariate centinaia di soldati occidentali assieme alle truppe del Nizam di Hyderabad, traditore del suo stesso signore, i molti tesori contenuti all’interno di quelle mura furono catturati come spoglie di guerra, al fine di riportarli nella patria di Sua Maestà. Era il 1799. Scrive quindi l’anno successivo in un resoconto, James Salmond, ufficiale subordinato alla Compagnia delle Indie Orientali: “Questo disegno ritrae un meccanismo raffigurante una tigre a dimensioni naturali che divora un europeo coricato in terra. Ci sono alcune canne d’organo nella tigre, e una serie di tasti per l’emissione delle note convenzionali. I suoni prodotti dall’organo, tuttavia, sono concepiti per assomigliare ai lamenti disperati di un essere umano morente, inframezzati dal ruggito terribile della tigre. […] Mi sembra ragionevole pensare che una manifestazione tanto palese dell’odio del sultano Tipu contro la nazione inglese possa costituire un’aggiunta di valore alle sale della Torre di Londra.” Descrizione a cui è doveroso aggiungere come durante l’utilizzo, il braccio della figura umana in legno, dipinto con un’uniforme simile a quella dei soldati inglesi, si sollevava in maniera ritmica, tentando inutilmente di proteggersi dalle fauci del suo torturatore. È stato successivamente ipotizzato che per il truculento giocattolo ligneo, custodito con orgoglio assieme al resto dei suoi strumenti musicali, il committente avesse tratto l’ispirazione al fatto di sangue avvenuto nel 1781, successivamente alla battaglia di Porto Novo (Parangipettai) nella quale il padre dello stesso sultano, Hyder Ali, era stato sonoramente sconfitto dall’esercito inglese. Ma qualche tempo dopo il figlio del tenente-generale Sir Eyre Coote, vincitore del confronto, era stato attaccato ed ucciso da una tigre reale del Bengala (Panthera tigris tigris). Un animale il quale, in maniera tutt’altro che casuale, era sempre stato considerato tra gli emblemi della casa reale di Mysore, in particolare a seguito della presa di potere del loro ultimo rappresentante, che ne utilizzava l’effige su tutti gli stemmi, le armi, le uniformi delle guardie di palazzo. Giungendo a possederne, addirittura, svariati esemplari in carne, pelo a strisce ed ossa. Quale migliore occasione giunti a quel punto di svolta, dunque, per comunicare al pubblico inglese la sua cocente sconfitta! Che impadronirsi di un apparato così carico d’odio, e utilizzarlo per suonarvi continuamente musica patriottica e l’inno “Dio salvi la Regina”…

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L’incredibile organo a biglie di Martin Molin

Wintergatan

C’è molto da guadagnare, con l’analogia mimética dei processi musicali. Nel fondamento stesso del concetto di stregoneria, intesa come realizzazione di un qualcosa che trascenda la materia, si può individuare la necessità d’indurre la reazione con un gesto e la parola. Abracadabra, mondo: questo è il mio strumento. Non ce ne sono d’altri uguali. L’altro ieri, sotto gli occhi sempre attenti del pubblico internettiano, il musicista svedese Martin Molin, di 33 anni, ha svelato il molto atteso risultato dei suoi molti mesi di lavoro (14, per essere precisi) ottenendo un successo virale straordinariamente esplosivo, molto al di là di quello mai sperimentato in precedenza dalla sua band sperimentale synth pop, i Wintergatan. Il cui nome significa, letteralmente, Via Lattea, ma nel quale la V è stata cambiata con una W, probabilmente per analogia col termine inglese che vuole dire inverno. Ed i cui membri, in questo caso, hanno deciso di comune accordo di non comparire nel presente video, con l’intenzione probabile di massimizzare l’attenzione del pubblico sul loro capo carismatico e la sua invenzione. Che come per l’appunto dicevamo, ha un che di luce sovrannaturale, o per usare un’espressione anglofona, otherwordly. Il genio della musica ed a quanto pare, anche dell’ingegneria e del fai-da-te, vi compare con un abito scuro degno di una pièce teatrale su Edward Mani di Forbice, mentre gira enfaticamente la maniglia della sua creazione, stagliandosi contro un fondale totalmente bianco che offre il miglior contrasto possibile all’intera scena. Il video nel frattempo, creato dall’amico Hannes Knutsson, vanta una regia piuttosto interessante, che non fa che enfatizzare ulteriormente lo spettacolo del macchinario sferragliante. E che spettacolo, vederli all’opera, l’uomo e il suo fantasmagorico apparecchio, il cui suono ci appare tanto più perfetto grazie ad artifici digitali ed un sapiente uso della post-produzione. Forse, persino, troppo perfetto.
Certo. Puoi suonare l’approssimazione di una sinfonia di Beethoven o Mozart anche al sintetizzatore, attraverso il campionamento di un sistema informatico come lo standard dell’industria, l’ormai vetusto MIDI. E non ci sarà nulla di diverso, in linea di princìpio, tra una tale prassi e quella di un tradizionale organo meccanico, visto come ciascun movimento, ogni fuga e scala e partitura, siano pur sempre il frutto di un’esecuzione “in diretta” ovvero fatta dalla macchina, non registrata. Ma è pur vero che nell’elettronica, per quanto ci sia dato di vedere ad occhio nudo, non c’è movimento, ovvero manca del tutto quella componente estetica che, in perfetta sincronizzazione con i suoni, dovrebbe fornire un utile sostegno all’intrecciarsi dei diversi sensi, vista e udito. Il praticante di arti magiche della scuola di Hogwarts, tanto per usare un luogo di rappresentanza largamente noto, prima di piegare le norme della fisica e la logica, deve necessariamente puntare la bacchetta e pronunciare la sua formula fatale. Senza approssimazione, del gesto con l’effetto, non c’è un senso mistico di meraviglia. Ed è qui, che entra soavemente in gioco, lo splendore tecnico dell’organo basato sulle biglie. Martin Molin afferma, in alcune dichiarazioni riportate sull’articolo del Daily Mail, di aver tratto idee funzionali per la sua ultima creatura da due mondi totalmente differenti: il moderno e l’antico. Il primo, soprattutto, per il tramite della vasta sottocultura delle “macchine per le biglie” un intero mondo di creativi, tra cui alcuni già trattati in questa sede, che hanno dedicato il proprio ingegno a rendere più interessante la giornata di chiunque veda i loro video, mostrando il modo più fantastico (e fantasticamente superfluo) per far muovere un’alta quantità di sferette lungo un tragitto discendente, ancòra e poi di nuovo; viene infatti sempre previsto, al termine del percorso, un ascensore motorizzato che riporti i piccoli passeggeri al punto di partenza. In particolare lui cita come principale ispiratore Matthias Wandel, il giustamente celebre inventore, artista e falegname che dal 2007 ha affascinato YouTube, costruendo ogni sorta di marchingegno o macchina stupefacente. L’altra fonte della sua invenzione, nel frattempo, presentava una genesi ben più remota….

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