L’impresa delle moltitudini che costruiscono le proprie cattedrali nel bush

Un paesaggio alieno assume le caratteristiche di un tipo meno familiare sulla base d’influenze ineguali. Particolari conformazioni o schemi d’erosione, vegetazione atipica, l’occorrenza ripetuta di terremoti, incendi o inondazioni. Ed in determinate circostanze, quando lo permette l’ecosistema, l’azione di creature MOLTO particolari. Accantonando dunque tutto ciò che nasce o cresce per l’effetto di una radice, sono pochi gli organismi biologici capaci di costruire qualcosa di davvero imponente. Dominate, nell’ideale catalogo delle proprie imprese, dall’inaspettato esempio di un semplice insetto non più lungo di un paio di centimetri. Ma forse si commette un fondamentale fraintendimento, volendo categorizzare le termiti come creature singole o indipendenti. Laddove chiaro può apparire il modo in cui siamo di fronte, nel presente caso, alla dimostrazione più efficace di quel detto: “Dove ce n’è una, ce ne sono milioni.” Ed il risultato che ne deriva, certe volte, diviene molto più che palese. Se avete frequentato assiduamente le pagine di Internet, potreste esservi trovati già di fronte al tipo di fotografia mostrata in apertura, nella maggior parte dei casi proveniente del parco naturale di Litchfield situato nel Territorio del Nord in Australia, non lontano dalla città di Darwin. Nonché sede palese, a suo modo, di una speculare forma di circostanza urbana. Palazzi? Monumenti. Grattacieli alti, in proporzione, l’equivalente di quattro volte il Burj Khalifa, unica struttura umana attualmente in grado di superare gli 800 metri. Che in diverse circostanze, con più tempo a disposizione, non sarebbero probabilmente al di fuori della portata di costoro. Un termitaio può riuscire a sopravvivere, in effetti, fino ed oltre i 100 anni di età, possibilmente giungendo a beneficiare della protezione e supervisione di una singola regina, immota produttrice della prole mantenuta al centro di un intricato labirinto di gallerie. Ed è forse proprio nella disposizione di quest’ultime che questi esseri, notoriamente appartenenti all’ordine dei Blattoidea (lo stesso degli scarafaggi, l’avreste mai pensato?) Differiscono dalle loro vicine evolutive, le formiche. Incapaci di costruire, mediante l’utilizzo di terra argillosa, saliva e detriti, strutture egualmente possenti e in grado di resistere per tempi estremamente lunghi alle intemperie della natura. Il che non giunge neppure a spiegare, in linea di principio, alcuni aspetti molto distintivi del termitaio nel suo aspetto complessivo ed evidente. Appiattito in senso longitudinale, per la maggior parte delle specie australiane, che immancabilmente lo dispongono sull’asse nord-sud come volessero dar spazio all’antica disciplina del Feng Shui cinese. Il che potrebbe anche corrispondere a formale verità per quanto ne sappiamo, benché sussistano una serie di studi capaci di sollevare ipotesi decisamente più probabili sulla base della logica terrestre. E maggiormente conformi alla legge di natura secondo cui, di fronte alla necessità di sopravvivere, ogni sforzo superfluo avrebbe avuto le caratteristiche di un significativo errore…

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Il lago Neagh, declino di un ecosistema ricoperto da 30 cm di cianobatteri

Non con un grande botto, ma l’impercettibile, crepitante suono della crescita vegetativa. L’insistente estendersi dell’ormogonio, nell’intruglio semi-denso dei processi entropici del grande brodo del nostro futuro. Ovvero il tempo in cui l’uomo e gli animali non saranno altro che una nota a margine, rispetto al reiterato ed omni-pervasivo impero dei procarioti. E dire che le cose andavano così bene. Dal momento in cui furono inventati i fertilizzanti moderni, lasciando addietro i lunghi anni di fame e carestia vissuti dal travagliato popolo verde… Almeno finché simili sostanze, assieme ad altre anche peggiori, non giunsero a contaminare il più esteso lago di tutte quante le isole inglesi, oggi corrispondente proprio a quel confine lungamente discusso che divide il Vecchio Regno, dall’Irlanda del Nord. Tanto grande che secondo la leggenda fu l’opera del gigante Fionn mac Cumhaill, che aveva lanciato una zolla di terra all’indirizzo di un rivale scozzese. Quella stessa zolla, oggi, ha nome di isola di Man. E c’è da dire che 392 Km quadrati sono tanti per qualsiasi specchio d’acqua, ma ancor più rilevanti quando esso è l’effettiva fonte di circa il 90% dell’acqua potabile di un’intera popolazione nazionale. Fattore tanto maggiormente preoccupante, quando si prende nota delle attuali condizioni vigenti nei periferici recessi di questo immenso ambiente lacustre. Giusto l’altro giorno sulle rive, non lontano da uno stabilimento balneare recentemente abbandonato, un gruppo di attivisti ha messo in scena il funerale del Lough Neagh, con tanto di bara di colore nero e musica nostalgica tradizionale, al cospetto di una vasta distesa smeraldina da fare l’invida di un campo da polo. Ma non era di sicuro erba, quella cosa, bensì la superficie stessa dell’oggetto di cotale commemorazione, l’acqua stessa ricoperta da uno strato spesso simile a uno slurry, frullato o fluido tutt’altro che newtoniano. Nel senso che immergendo l’estremità di un lungo bastone sull’intonsa brodaglia, esso sarebbe emerso con la punta ricoperta di uno spesso strato di… Qualcosa. O qualcuno. Il cui nome è Cyanobacteriota o Cyanophyta, ma la più prosaica descrizione della gente, in giro per il vasto mondo, è giunta a definire con l’appellativo di alga verde. La ragione non particolarmente ardua da comprendere, poiché essa vegeta con irruenza, trasformando ed alterando gli equilibri stessi della natura. Finché l’unica forma di vita ammessa, idealmente, sia essa stessa e nessun altro, grazie alla ricca componente di sostanze tossiche, capaci di uccidere o comunque far sentire male praticamente ogni appartenente al ben differenziato regno della vita animale.
Incluso, non abbiate dubbi in materia, l’uomo stesso con i suoi domestici beniamini (diversi cani sono morti negli ultimi tempi) come testimoniato dall’ampia quantità di cartelli pericolo che sono stati dislocati nel corso degli ultimi anni, anche in prossimità di spiagge che un tempo venivano considerate particolarmente amene. Prima di essere contaminate, nel giro di una singola ragione, dal germe dell’inferno senza possibilità di appello. Con la tonalità di un’indigesta minestra di piselli radioattivi che nessuno, accada quel che accada, dovrebbe mai trovarsi a fagocitare…

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Il filtro naturale del più grande lago russo sta morendo e gli scienziati non riescono a capirne la ragione

Un luogo accogliente, pacifico, biologicamente significativo. Il vasto Baikal, la cui forma e disposizione ricorda quella di un più piccolo Giappone disegnato dalle coste (ma non poi COSÌ piccolo) viene giustamente identificato come il gioiello della Siberia, e non per un mero intento di accomunarlo ai grandi spazi acquatici dell’America settentrionale. Lungo 640 Km, il doppio del lago Ontario, ma largo soltanto un terzo di questi e quattro volte più profondo del Superior, esso costituisce una finestra privilegiata sui trascorsi evolutivi di una vasta gamma di creature, grazie alla relativa distanza da significativi centri abitati e l’utilizzo per un’industria del turismo esclusivamente a conduzione familiare, sebbene la seconda di queste circostanze sia soggetta a un potenziale mutamento negli anni a venire. Molto pochi in tutto il mondo, d’altra parte, sono i bacini acquatici che possono vantare lo stesso livello di purezza ed indice di trasparenza, tale da produrre l”illusione, per i suoi bagnanti e/o pattinatori dei mesi invernali, di trovarsi magicamente sospesi tra la terra ed il cielo. Non che sia troppo evidente, agli occhi di costoro, l’effettiva base alla radice di un simile vantaggio, frutto dell’opera instancabile di una particolare classe di creature: le circa 15 varietà di spugne cornee (o silicee) del genere Lubomirskia, la cui estensione del proprio areale corrisponde essenzialmente a uno specifico contesto geografico, che potremmo identificare per l’appunto come i precisi confini del principale lago siberiano. Come esemplificato anche dalla specie più comune e approfondita dalla scienza, definita per l’appunto in lingua latina L. baikalensis, nota per la sua notevole capacità di filtraggio pari a svariate decine di litri al giorno per ciascuna piccola colonia sessile di questo distintivo rappresentante del regno animale, non più vasta complessivamente di 5-7 cm. Un tipico esempio del phylum porifera, proprio per questo privo di organi, cervello, nervi o sistemi di circolazione propriamente detti, trovandosi a fare affidamento in modo pressoché totale al solo mesoilo (o mesenchima) membrana gelatinosa incapsulata tra due strati di cellule polifunzionali interdipendenti. In altri termini tutto il necessario per fagocitare i microrganismi presenti all’interno dell’acqua stessa, fatta entrare dalla base della creatura e risputata dall’apertura in cima detta osculum (piccola bocca) emulando spontaneamente il funzionamento di una classica ciminiera dell’epoca industriale umana. In un processo coadiuvato, nel caso da noi preso in esame, dall’aiuto di nutrite colonie di batteri simbiotici connessi alla sopravvivenza della spugna, capaci di rendere ancor più stretto il rapporto inscindibile tra condizioni ambientali e futuro biologico della suddetta creatura. Fino alla problematica situazione, notata per la prima volta nel 2016 da diversi studiosi d’importanti istituzioni scientifiche russe, di una grave condizione fisica con diffusione a macchia d’olio, capace di essere riassunta con il progressivo liquefarsi e conseguente decesso di intere famiglie di queste spugne. Un problema le cui ramificazioni e implicazioni ad un livello ecologico risultano, tutt’ora, assai difficili da sottoporre ad alcun controllo di tipo preliminare…

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La piccola creatura che congiunge il mondo dei mortali alla mitologia dell’antica Grecia

E se il brodo primordiale, nella propria trasparente sussistenza, avesse nella storica realtà dei fatti, costituito un’irrecuperabile stato di grazia? Il momento biologicamente più perfetto proprio perché puro nell’intento e la sua logica primaria di funzionamento, in cui ogni meccanismo, ciascun singolo rapporto tra le cause, contribuiva alla meccanica di base della Vita, l’Universo e tutto Quanto il Resto? Perché piccolo fino al punto di essere infinitesimale non vuole dire, necessariamente, “semplice”, mentre un singolo concetto può essere allungato, trasformato e interpretato finché assuma proporzioni logiche spropositate; rimanendo, nella sua sostanza, segretamente immutato. Nessuno può affermare chiaramente, quanto antico possa essere quest’organismo; poiché difficile risulta immaginare forme fossili di un essere che occupa tra i 10 e i 20 mm nel suo complesso, essendo privo di scheletro, guscio o qualsivoglia altre parte somatica inerentemente mineralizzata. Anche se, questione non da poco, per quanto ci è dato comprendere può essere difficile parlare di un’evoluzione… Quando è il singolo esemplare stesso, a poter essere sopravvissuto creando un filo ininterrotto dai preistorici recessi fino all’era delle macchine per cuocere il riso. Immortalità: chi non vorrebbe provarla, almeno una volta nella vita! La rinuncia pressoché completa ad ogni logica capace di condurre all’ora della fine, ovvero il presupposto imprescindibile a una scheggia luminosa di divinità. Così che soltanto il mero insorgere d’eventualità incidenti, ovvero la cruenta disgregazione della propria forma fisica, possa chiudere sopra di noi il sarcofago dell’ultimo tramonto e la dissoluzione che ne deriva. Eppure in questi strani giorni, persino un tale approccio può riuscire a risultare inefficace.
Lode all’Hydra sessile, come direbbe qualcuno: ecco un essere che non vuole proprio morire, ed anche quando sembra che stia per farlo, riesce spesso a ritornare più forte, e soprattutto numeroso di prima. Immaginate voi come sarebbe la nostra vita, se tagliandoci nel punto mediano potessimo rigenerare le due parti mancanti del nostro corpo, ritornando ad uno stato primigenio e indistinguibile per ben due volte dalla perfezione di partenza. Il che funziona tanto bene, nel caso della piccola creatura pluricellulare d’acqua dolce che rientra in questo genere, famiglia, ordine (Anthoathecata) classe (Hydrozoa) e phylum (Cnidaria) da costituire anche la base di funzionamento del suo processo riproduttivo “ideale” consistente nel processo cosiddetto di gemmazione. Che poi sarebbe la creazione di una piccola copia di se stessi, tentacoli e tutto il resto, la quale progressivamente cresce come la diramazione di una pianta. Per poi stringersi e staccarsi dal tubulo del corpo principale, deambulando allegramente verso i floridi confini della propria intima realizzazione, anni, secoli e magari addirittura interi millenni a questa parte. Poiché non importa quanto possa provarci, o intimamente desiderarlo nel profondo della sua rudimentale rete nervosa, un mero accenno di organo pensante… La vera entità che ha saputo meritarsi un tale nome mitologico semplicemente non può invecchiare. Avendo superato i limiti imposti a (quasi) tutte le creature dal processo universalmente noto come senescenza, data la rara assenza di proteine di tipo FoxO, coadiuvata dalla coesistenza di tre popolazioni indipendenti di cellule staminali. L’entropia, indesiderabile quanto inevitabile, della vista stessa…

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