Ricrea nell’iPad la ragazza con l’orecchino di perla

Seikou Yamaoka

Doveva succedere prima o poi: Seikou Yamaoka si è dato alle riproduzioni delle grandi opere del passato. Ecco l’ultima impresa dell’eccezionale artista giapponese che usando le dita e un dispositivo touch, come un piccolo tablet o un iPod touch, riesce a simulare l’effetto realistico dei tradizionali colori ad acquerello. Chissà che avrebbe detto Johannes Vermeer, il pittore olandese che dal distante 1600 seppe trasmetterci l’enigmatica bellezza della ragazza con il turbante e l’orecchino, uno dei volti più famosi del Secolo d’Oro e forse dell’intera storia dell’arte. Per quell’artista così fortemente affascinato dalla luce in ogni suo aspetto e conseguenza, poter disegnare in digitale sarebbe stato davvero incredibile. Niente più costosi pigmenti da ordinare a caro prezzo presso i mercanti di Delft. La possibilità di effettuare i suoi numerosi esperimenti sul tema dell’inquadratura e della messa a fuoco in altrettante versioni di un singolo quadro, istantaneamente duplicato in decine di files indipendenti, da stampare tutti insieme alla fine. E soprattutto, più di ogni altra cosa, lavorare con una “tela” che non è fatta di mera carta o tessuto, ma nasce dalla moderna matrice a cristalli liquidi di un LCD retroilluminato, in grado di rendere vivido e sgargiante ogni singolo riflesso delineato nel quadro, quasi come ci si trovasse davvero là, nello stesso luogo in cui l’immagine era stata tracciata, dalla sua abile mano, a beneficio della posterità.

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Il dinosauro di carta stampata che ringhia sull’iPad

Ken_Ottmann

Gli origami migliori sembrano colti in un momento di distrazione, pronti ad animarsi e compiere un gesto fluido e naturale. Talvolta accennano persino le movenze di un vero animale o velivolo a motore: la gru giapponese muove le ali, la rana può azzardare un salto o due, l’aeroplano ben costruito plana lieve per qualche metro o anche di più. Ma fino a qualche tempo fa non avremmo immaginato di vedere un cartaceo Tirannosaurus Rex intento a correre saltellando intorno e sopra ad un moderno tablet, ruggente e malinconico, arrabbiato forse per la sua passata estinzione…E quella che verrà. Perché il più famoso mostro del Cretaceo, in questo caso, è fatto di fogli di giornale, simbolo in cellulosa di un metodo divulgativo destinato forse, un giorno non troppo lontano, allo stesso destino delle grandi lucertole preistoriche. Questa animazione digitale è opera del grafico tedesco Ken Ottmann, che l’ha realizzata con lo scopo dichiarato di applicare le sue doti nei campi grafici del rigging, del motion blur e della profondità di campo. Ma la lunga parola tedesca che compare, quasi casualmente, sullo schermo dell’iPad rivela in effetti il significato metaforico della sua curiosa opera digitale.

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Apple Computer 2.0

AppleMacintosh2

Si chiamerà iPad, alla fine. Se ne era parlato molto negli ultimi mesi, ed ancora di più dal momento in cui era ormai certo che qualcosa doveva accadere. Il 27 gennaio 2010 potrebbe venire ricordato come la data in cui il CEO più famoso al mondo si è seduto su una poltrona di pelle sul palco dello Yerba Buena Center for the Arts di San Francisco e, con fare disinvolto, ha rivoluzionato il concetto stesso di computer. Nonostante l’inclinazione fortemente commerciale, le assurde limitazioni di utilizzo (mancano porte USB, memory card, fotocamera…) ed il design estetico meno che eccezionale, il nuovo shiny gadget del carismatico Steve Jobs sta già facendo parlare il mondo intero, mentre persino alcuni dei più convinti sostenitori dell’open source si preparano a prenotarne uno.
Riuscirà questa scommessa ad avere lo stesso travolgente successo del suo insigne predecessore, l’ormai ubiquo cellulare iPhone? Potrà realmente costituire l’anello mancante tra gli ingombranti laptop ed i compatti smartphone? Di certo contribuirà ad allargare e rafforzare i presupposti monopolistici della già colossale e sempre più potente compagnia informatica di Cupertino, California. Questo dispositivo non è infatti un computer in senso tradizionale, anche se naviga su Internet, riceve e-mail e visualizza una buona parte dei video e degli e-book. Un iPad non potrà in alcun caso essere programmato, personalizzato o impiegato in processi puramente creativi. Ogni applicazione che venga realizzata dai suoi utenti andrà singolarmente valutata ed approvata da Apple stessa, per poi essere resa disponibile in esclusiva tramite le stesse infrastrutture web utilizzate dall’iPhone e dall’iPod Touch. Il termine forse più adatto a definire iPad è quello di information appliance, una dicitura creata per Apple dal teorico Jef Raskin verso la fine degli anni ’70, liberamente traducibile in “elettrodomestico informatico”. Sarebbe la più nuova ed affascinante realizzazione di un’ideale vecchio quanto il concetto stesso di Personal Computer: un dispositivo facile da usare, privo delle astrazioni tipiche connesse all’esecuzione ed alla gestione di programmi  o contenuti digitali. Sempre acceso, sempre connesso ed utilizzabile in pochi minuti da chiunque e con qualsiasi grado di esperienza, come un televisore o una radiosveglia. Ma sottile quanto uno shoji e largo come un libro di storia. Praticamente, un computer stampato su un foglio di carta… metaforicamente refrattario a qualsiasi tipo di inchiostro.

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