L’ardua filastrocca della torta di rabarbaro

Rhabarberbarbara

Avete mai assaggiato il gusto asprigno del rhabarberkuchen? Quando mangi un piatto di paesi stranieri non è sempre facile capire gli ingredienti. Città in cui vai, sapori che trovi. Il cherpumple ad esempio, follia culinaria tipica dei ristoranti della Costa Ovest degli Stati Uniti, è un dessert natalizio multistrato che ricorda, per certi versi, il gioco delle scatole cinesi. Al suo interno, come tributo al maestoso tacchino-cum-anatra/pollo del Ringraziamento (l’altrettanto celebre turducken) il cuoco non mette un sola cosa, nossignore, ma ben tre: dolce di ciliege, torta alla zucca e l’immancabile apple pie. Quale fantastica dimostrazione d’efficienza! Piuttosto che farti mangiare un pasto diviso in serie di portate, perdendoci le ore, hanno trovato il modo di ridurre al minimo il rapporto fra tempo e calorie. Il processo della nutrizione, in fin dei conti, non è altro che un preciso meccanismo. Seduti a certi tavoli, sospinti dai limiti temporali della pausa pranzo, diventiamo spesso come metaforici orologi, degli androidi in sosta presso appetitose pompe di benzina. Ed è infatti la prima regola non scritta dell’ingegneria, questa qui, che i risultati siano perseguibili in due modi: per esteso, ovvero separando in serie le difficoltà (primo, secondo, dolce…). Oppure fagocitandosi un cherpumple, fino ad intercorsa sazietà. Ti vorrei vedere, a chiedere la pizza, dopo una cosa come quella!
La stessa situazione, tanto per non allontanarci dalle regioni della bocca, si ritrova nell’umano idioma della comunicazione. Ci sono parole che ne contengono dozzine. Tutti conoscono, del resto, il mito dell’ingegneria tedesca.

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