Corvi carnivori e fantocci messicani

Chipotle

La nuova campagna pubblicitaria della catena di fast food Chipotle Mexican Grill, major statunitense specializzata in burrito, taco e fajita, si propone di sensibilizzare il suo pubblico contro i rischi dell’allevamento industriale e dell’agricoltura intensiva, mostrando attraverso uno stile creativo, affine a quello della Pixar, le conseguenze più estreme a cui si potrebbe giungere con l’uso indiscriminato di estrogeni e della manipolazione genetica, andando a discapito del benessere di tutte le parti coinvolte fra cui, non ultimi, noi affa(sci/m)ati esseri umani. Il contesto, ricco di allegorie vagamente didascaliche, per quanto mai stereotipate, è altamente distopico fin dai primissimi secondi del video. Perché se mai c’è stato un personaggio sfortunato, dall’epoca del Mago di Oz,  questo è il comune spaventapasseri. Di sicuro Scarecrow, l’anonimo e triste protagonista del racconto, non fa eccezione alla regola. Costretto per nascita, o dagli spietati crismi della crisi economica, a lavorare per l’imperiosa Crow Foods Inc, vive in campagna e mal sopporta il grigiore dell’ambiente cittadino, dove però, per sua sfortuna, si trova l’enorme stabilimento della compagnia. Timbrato il cartellino comincia il suo turno, sulle note tristissime di Pure Imagination, cantata da Fiona Apple. E non è chiaro quale sia il compito designato del povero senza-volto, se non quello di farci da orfico traghettatore in quest’antitesi della Fabbrica di Cioccolato, piena di nastri trasportatori quasi escheriani, minacciosi corvi meccanici e minuscole gabbie per mucche. Da certi pratici portelloni aperti nell’alto muro della fabbrica, che separano i clienti da tutto ciò che “non si deve vedere” fuoriescono a flusso continuo hamburger, patatine ed altri gustosi pasti, fra la gioia degli ignari piccini locali, navigati masticatori di carni non meglio identificate. Lui sale in cima con l’ascensore, si guarda attorno, coglie lo sguardo triste di un collega. Nei suoi occhi rivede quelli abbattuti del pollo gonfiato ad aria compressa, della mucca stolida e implorante. E quindi, preso dal vezzo del momento, decide di prendersi una piccola rivincita. Tornato nella sua fattoria, coglie un fatale peperoncino chipotle (simbolo dell’omonimo fast-food) e si mette a cucinare liberamente, secondo i suoi metodi tradizionali. La regia glissa sulla macellazione dei piccoli amici animali, probabilmente considerata troppo poco disneyana per l’occasione.

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Tocchi la mucca, esce la cioccolata

Milka

Succede in Argentina. Lungo una strada, in un pomeriggio che sembra come gli altri, trovi una mucca che ti guarda. Lei aspetta che gli appoggi una mano sopra il muso. Di fronte, c’è dell’invitante cioccolata. Entriamo nello specifico: l’animale è viola, infuso d’invisibile corrente voltaica Pikachu-esca e il cibo è racchiuso dietro a un vetro, sopra una piattaforma con le ruote. Ecco, ovviamente la mucca non è come tutte le altre. Non è neanche, vera. Sembra quasi l’inizio di un esperimento, finalizzato all’acquisizione dei pattern comportamentali dimostrati dalle cavie o topi da laboratorio. Soltanto che i soggetti non sono roditori, ma passanti (teoricamente) inconsapevoli, posti di fronte ad un problema. Che si può risolvere soltanto con la collaborazione, alleandosi verso una finalità comune. Per ogni volta che si usano le mani, trasmettendo il flusso fino al vicino distributore, esce la deliziosa tavoletta premio. Però quel dannato arnese si sposta continuamente più lontano, ancora e ancora… E la catena deve allungarsi! Questo, dopo tutto, non è che l’ultimo capitolo dell’eterna lotta fra l’uomo e i suoi servitori sintetici recalcitranti. Per uno dei loro, dieci, cento dei nostri? Purché serva all’ottenimento dello scopo. La fame distrugge gli ostacoli sociali, ci avvicina e mette tutti d’accordo, anche tra perfetti sconosciuti. Il resto è “semplice” termodinamica della capacità dielettrica mucca-uomo. (Partecipazione sconsigliata a chi è dotato di un pacemaker.)

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Il bracciale che sostituirà le nostre chiavi e password

Nymi

La via per accedere al cuore di un uomo passa attraverso la cucina, dicono. E da oggi sarà vero anche l’inverso: per entrare dentro una cucina o camera da letto, dovrai passare attraverso il nucleo segreto del Suo cuore. Non fisicamente, anche perché tale proposito porterebbe a significative complicazioni di carattere cardiovascolare, bensì mettendo a frutto lo strumento omni-pervasivo della solita tecnologia moderna. Nymi è un braccialetto, sobrio se non proprio bellissimo, dotato di un sensore biometrico per la misurazione del battito cardiaco. Fin qui tutto normale, vista la diffusione di simili prodotti in qualsiasi negozio che venda articoli sportivi. Però, piuttosto che rivolgersi a podisti e altri praticanti di attività fisiche controllate, la ragion d’essere di un tale implemento sarebbe qui di tutt’altra natura, anzi potenzialmente quasi rivoluzionaria: farsi riconoscere con sicurezza da ogni tipo di meccanismo artificiale della società civilizzata, tramite lo standard senza fili del Bluetooth. Il nostro ECG è unico e inimitabile, come un’impronta digitale. Nel video di presentazione, girato secondo le ormai precise regole dell’iMarketing (l’idillico stile promozionale inventato dalla Apple) viene mostrata l’abbagliante visione di un futuro che dovesse adottare, tout court, questo innovativo metodo di autenticazione. Un giovane ben vestito, l’ipotetico executive di una generazione che quel particolare ruolo l’ha visto solo da lontano, apre la porta di casa, la macchina, il tablet, il cellulare, la valigia, il registratore di cassa di un ristorante, il portellone di un aereo… Apre tutto e tutti, praticamente qualunque cosa, senza tirare fuori neanche una password o chiave fisica di alcun tipo. Il suo laptop, spontaneamente, lo saluta per nome. Entra nell’hotel e appese alle pareti, come per magia, compaiono le foto della sua famiglia. Ora, a parte l’ultimo punto che magari lascerebbe un po’ il tempo che trova, va detto che in questa campagna pubblicitaria c’è una chiarezza d’intenti davvero singolare, degna di essere lodata. Nell’epoca in cui simili prodotti promettono di continuo l’impossibile, tutto quello che viene mostrato sarebbe in effetti piuttosto facile da implementare, previa diffusione di questo interessante prodotto. Il problema è sempre quello: l’imposizione di uno standard nuovo, soprattutto in un campo delicato come quello della sicurezza. Per lo meno, Nymi può vantare una genesi scientifica di tutto rispetto.

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L’inno splendido dell’accendino giapponese

Jii

Strano davvero, come l’ottima riuscita di un pranzo formale possa dipendere da mere suppellettili decorative, portandoci a prediligere tutte quelle cose che risultino lontane dalla società di oggi, in qualche modo antiche. Eppure, basta pensarci un attimo, è proprio così: l’arrosto di cinghiale non ha lo stesso sapore se viene servito in un piatto dell’Ikea, piuttosto che con l’esemplare prelevato dal polveroso servizio della nonna. Il bicchiere per l’aperitivo non dovrà mai essere di plastica, per quanto tale soluzione possa risultare pratica, nonché altrettanto utile allo scopo. Questa ricerca delle vecchie vie, con alterne fortune funzionali, pervade sottilmente ogni branca della vita quotidiana. Un libro di carta, dicono, sarebbe meglio dell’E-book. Un disco di vinile, superiore al formato digitale MP3. Per non parlare, poi, degli ambiti più prosaici e insignificanti. Farsi la barba col rasoio elettrico va bene, ma molto più fascinoso risulterebbe l’utilizzo di un tagliente coltello da esploratore, come valorosamente dimostrato da quell’uomo della pubblicità “che non doveva chiedere mai”. Per quanto riguarda l’assunzione del tabacco, sublimazione di un’immagine personale alla moda, però comunque un po’ antiquata, c’è una complessa gerarchia di carburanti e approcci tecnologici, dal variabile prestigio. Se apri il pacchetto, tiri fuori la cicca e l’accendi col semplicissimo Bic ricaricabile, sei soltanto uno dei tanti. Girala tu stesso, maneggiando abilmente la cartina, quindi usa uno Zippo vecchio stile e avrai raggiunto il secondo grado. Pipa di radica e scatola di cerini, come un provetto Sherlock Holmes: terzo piano metaforico della torre degli snob. Sopra tale figura troverebbe posto soltanto l’ipotetico hipster supremo, colui che dovesse fumare fili d’erba gatta bruciacchiati sulla sommità di un Döbereiner’s, prima fiamma catalitica della storia. E da tale progressione, in fin dei conti, scaturisce il dilemma di Jii, l’accendino elettrico giapponese, anti-vento, semplice da usare, ricaricabile via USB. Come lanciare un prodotto così pratico e potenzialmente altrettanto un-cool…Servirebbe una canzone. E una storia.

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