L’altalena accidentale delle capre

Altalena delle capre

I casi strani della vita! Sembra una parabola, come una sorta di racconto edificante, ma qui c’è proprio un arco. In senso letterale: l’oggetto sottilissimo, che qualcuno, un vero genio delle situazioni, ha piantato saldamente in mezzo al prato, in un luogo non meglio definito della Francia. Per tre capre salterine, impazzite, che s’impegnano a salirci. E quel costrutto instabile, di quadrupedi giocosi ed altrettanto solido metallo, che si piega prima da una parte, poi dall’altra, incarna un po’ lo spirito di un primordiale videogame. Su e giù, poi di lato!
Il secondo più celebre animale cornuto, fra i primi del suo genere ad essere addomesticati dagli umani, ha un carattere curioso per natura. Assai frequente è il caso del caprone, lasciato al sicuro dentro ad un recinto, che per svagarsi lo colpisce con la testa, cerca in tutti i modi un varco, a un certo punto ci si mette sopra, guarda tutto intorno, alla fine scappa via; non è questa una mancanza di riconoscenza verso il suo padrone, ma la sincera voglia di esplorare il mondo. Simili creature occorre farle divertire, tenerle occupate. Persino torri e parchi giochi potrebbero non essere abbastanza. Chi non ricorda quella foto italiana, che fece il giro del mondo, con dei becchi che si arrampicavano sulle pendici della diga del Gran Paradiso? Volevano, dissero gli etologi, leccare il sale dalle rocce.
La ragione di una simile pericolosa impresa è un mistero che permane, onde usare un detto rilevante, in lana caprina. Ciò che passa per la mente delle nostre cresci-pullover resta inconoscibile, ovvero agli occhi dei presenti non esiste.

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L’invidia distruttiva di Chun-Li

Chun-Li is Jealous

“Supiningu Bādo Kikku” Disse la donzella, prima di ruotare a 180 gradi, con la testa all’incontrario, per poi darsi lo slancio rotatorio sufficiente a rovinare la scena. Cassetti, penne, tavoli e stampelle. E pure lei, finita a gambe all’aria. Quando si arrabbiano, i personaggi pixellosi, meglio stare attenti. Non ce n’è più per nessuna.
E con il concludersi di un lungo 2013, come da programma, nuovamente rifiorisce la passione per il classico, inevitabile compendio riassuntivo. Le 10 notizie più importanti. I 5 “personaggi simbolo” dell’anno. Le mode, le tendenze, i punti cardine dell’immaginazione popolare, come il martello saporito di Miley Cyrus, il cinema generalista e soprattutto Candy Crush…Tutto viene riassunto in lunghi e dettagliati articoli, tabelle e hit parades. Lo stesso, nel frattempo, avviene su YouTube, sebbene per il tramite di eclettiche o bizzarre divisioni. Ed è proprio la categoria in oggetto, da che mondo è mondo, la suprema: quella, spassosissima, delle peggiori/migliori cadute degli ultimi 365 giorni. Gli errori di chi, tanto per apparire, crollava in terra rovinosamente. Tutto è lecito sulla tortuosa strada della fama. Ciascuna acrobazia di danza, tuttavia, presenta un certo rischio nello svolgimento, l’imprevisto. È una cosa imprescindibile, che permea quell’attimo di un pericolo gustoso. Perché, si sa, l’invidia degli osservatori ha sempre un certo peso. Siano pure virtuali. Sarebbe, proprio per questo, molto meglio ricordarsi di Chun-Li. La fantastica guerriera con l’impulso di Bruce Lee, colei che combatteva tra le strade di un antico gioco, andando in cerca del granitico, fiammeggiante uber-uomo M. Bison (professione: dittatore Sudamericano). Lei, che un tempo soprattutto era “LA Donna”, l’unico principio femminile, la sola rappresentante di un’intera metà celeste, nel ristretto pantheon ludico rasterizzato. Trionfatrice indiscussa, proprio per questo, tra energumeni, mostri verdi e criminali senza scrupoli.
Poi, gradualmente, siamo passati ad altre dive. La fascinosa Lara Croft, la spartana Lightning, avvolta dal mistero. Persino Peach, bidimensionale principessa dalla gonna rosa, rapita per mestiere, che ad un certo punto, chissà come, si è arricchita di connotazioni interessanti. Eroina, per evoluzione di contesto. Chun-Li, nel frattempo, rimaneva lì, pensierosa.

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Clicca 100 volte per produrre l’Universo

s Game of Life

Tu, veterano degli strategici in tempo reale. Che tracci cerchi con il mouse, sagome insidiose tra le valli dalle molte icone incandescenti, emblemi di una classe o di una skill. Conquistatore dei famelici hydralisk, sconquassatore delle torri poste a guardia di una base, verso la sconfitta degli Antichi o degli eroi. Fermati un secondo ad ascoltare. Forse ancora non conosci un certo misterioso, arcano campo di battaglia. Eccolo qui. Cliccalo. È soltanto “Il Gioco della Vita” e nulla più. Del matematico John Conway, per la precisione.
Proviene, questo strano videogioco, dai remoti anni ’70. Fino ad allora, nell’immaginario collettivo, la migliore battaglia simulata poteva dirsi quella degli scacchi. E in questa meraviglia digitale si può ancora ritrovare, del resto, qualche vaga somiglianza: la matrice di caselle, l’importanza dei singoli pezzi all’interno di un sistema…Ma ciò che conta maggiormente, quello che colpisce l’immaginazione, non è il metodo procedurale, bensì l’identità cangiante dei due diversi giocatori. All’inizio, questo gioco è come una storia, di persone come noi che affrontano se stesse, costruendo la struttura di partenza. E invece poi diventa l’Universo, in trepidante gara contro l’entropia. Si tratta, per usare un termine formale, del più famoso automa cellulare della storia. Potrebbe quasi definirsi un Tamagotchi, se non fosse tanto truculento.
Nel Gioco della Vita, come nel codice binario, esistono due stati. Acceso e spento (morto). Per capire meglio il suo funzionamento, cominciamo a definirli. Una casella spenta con esattamente tre vicini accesi, nasce. Se in un qualsiasi attimo della sua vita, per un vezzo del destino, si ritrovasse ad averne uno in meno, muore. Per isolamento. Se ne ha di più, muore, per sovraffollamento. So it goes. I turni passano, le epoche fuggono via.

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L’immortale Dubstep Kombat, che non ammette noob

Mortal Kombat

Ultima frontiera delle botte, questi due brutali ninja nel deserto, magistralmente interpretati da Johnny Yang e Tony Sre, al soldo di un digital director d’eccezione, Mike Diva. Due minuti di pura adrenalina, sulle note disarmoniche del più inumano dubstep. E a guardarli un poco meglio, i mostri occulti paiono parecchio familiari: Scorpion, vendicatore non-morto del suo clan, VS. Noob, tenebra sfuggente, con un nome dal pericoloso doppio senso. Disse Confucio: “He who calls for a noob, is often the noob himself!” E pure in questo specifico contesto, tutto sommato, quel saggio ci aveva visto giusto. Ai tempi, quando il misterioso guerriero delle ombre fece il suo ingresso nell’arena fulgida di Mortal Kombat 2 (1993) trionfo della digitalizzazione combattente, non c’era il gioco online, mancava la netiquette e si andava in sala giochi col grugno del duro marinaio, pronti a scambiarsi spaventevoli minuzie verbali con i propri avversari d’occasione: “Sei una schiappa! Come, non lo sai che la fatality di Sub-Zero si esegue con  Avanti – Avanti – Basso – Calcio Alto (Dalla distanza esatta di un calcio) e non Avanti – Dietro – Basso – Pugno Basso (Da distanza ravvicinata)? Che ci sei venuto fare? Lascia il passo, ritirati e medita su ciò che hai fatto!” Gradualmente, giustamente, noi gamer siamo tutti diventati molto più attenti (alle apparenze) del buon competere civile. O per meglio dire, più sottili, perché indubbiamente via l’etere, senza metterci la faccia, si riesce ad essere altrettanto crudeli. O anche di più. Tanto che nell’era dei deathmatch, dei MOBA e del matchmaking, basta una parola di quattro lettere per scatenare l’odio collettivo, che rimbalza fino a provocare l’improvviso sfaldamento, pure dei gruppi più affiatati. La pronunzia, anzi scrive su tastiera, lo stregone del party ruolistico alla World of Warcraft, oppure il cecchino trincerato dietro tre saldi strati di sacchetti antriproiettile: “Siete tutti dei N-O-O-B”. Noob: contrazione di newbie, novellino. L’eterno principiante. Non importa che tu abbia 350 ore di volo, 1.000 abbattimenti all’attivo nella tua carriera di Battlefield 3, il maligno co-pilota potrà pur sempre, prima o poi, darti del Noob. E allora, apriti cielo, perché la situazione sta per precipitare. Quindi, tornando a quell’omonimo di Mortal Kombat…Il nome completo del ninja, Noob Saibot, dal punto di vista etimologico è molto più antico. E dunque, vanta una diversa provenienza: sarebbe l’inversione di Boon & Tobias, i nomi dei due creatori della serie. Miglior luogo per nascondersi, non potevano trovarlo!

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