Console portatili? Le abbiamo perse. Inizia la guerra per le TV di casa!

Non ci sarà più un Game Boy. Il leggendario mattone grigio a quattro colori, che attraverso miglioramenti incrementali ha bene o male dominato il mondo dei videogame portatili per oltre 10 anni, oggi non avrebbe motivo di esistere. Un prodotto semplice, economico, immediato e “per tutti”, che piaceva ai meno giovani come ai bambini, a cui gli stessi genitori si avvicinavano volentieri per sporadiche partite a Tetris e Othello, persino Super Mario Land. Nel mondo dei tablet e degli smartphone le console portatili sopravvivono solo se sono strane, potenti, diverse. Chi avrebbe mai pensato che il design di maggior successo in questo ambiente sarebbe diventato anni fa un dispositivo a cerniera, con touch screen resistivo, pennino e addirittura due schermi? Nel design del Nintendo DS si potranno anche intravedere gli antichi Game & Watch, ma la realtà dei fatti è che nel mercato moderno costituisce un’anomalia priva di reali competitors o precedenti. Basta poi osservare alcuni dei giochi più famosi su questa console per rendersi conto di come l’ingrediente più efficace per vendere sia ormai diventato l’originalità, la distinzione per controlli e gameplay. E che dire della nuova generazione di handhelds, i relativamente invenduti 3DS e PS Vita? Schermi tridimensionali in grado di indurre il mal di testa, touch pad posteriori, tecnologia OLED, giroscopi… Una semplice console non ha oggi alcuna speranza di fare breccia sul mercato, non quando il 90% dei potenziali acquirenti è convinto di avere già un sistema portatile, che per di più non occupa spazio aggiuntivo, l’inseparabile telefonino. Diversa la situazione sui grandi schermi delle TV ad alta definizione. Finchè il prodotto medio recensito e discusso dalle testate di prestigio, il cosiddetto videogioco triple-A, verrà inevitabilmente abbinato ad asset elaborati, doppiaggio professionale e storia cinematografica le console tradizionali potranno continuare ad esistere. Ma nuove minacce si profilano all’orizzonte. Vediamo quali.

Wii U è un perfetto segno dei tempi, quasi un’allegoria dello stato attuale dell’Industria. Una console perfettamente riuscita ma con una grave crisi d’identità, che sembra timorosa di limitarsi al solo televisore del soggiorno. E’ come vedere Super Mario che inseguito da un Bullet Bill esclama spaventato…”Mamma mia!” correndo giù per il cavo HDMI, per poi librarsi agile tra le onde radio e cercare rifugio in un bizzarro pad/schermo/tablet con più sensori e telecamere di un sottomarino nucleare. Perchè per adesso il suo habitat audio-video è conteso solo da vecchie conoscenze, le due console Sony e Microsoft sempre più vicine alla pensione, ma le cose stano per cambiare drasticamente. Chi ancora vive della cosiddetta console war, l’ipotetico conflitto tra fazioni contrapposte in grado di generare faide tra Master Chief e Templar di Killzone, odio inguaribile tra il roseo Kirby e l’adorabile Clank… Non potrà che credere nella ripetizione ciclica di questi ultimi anni: l’ottava generazione di console, a partire dall’epocale E3 di quest’anno, sarà caratterizzata da un balzo esponenziale del contenuto tecnologico di X-Box e Playstation, con hardware stratosferici in grado di eclissare nuovamente l’offerta Nintendo, forse ancora competitiva solo grazie al taglio originale e accattivante. Ma la realtà a mio parere è che un paio di nuovi arrivati potrebbero rivelarsi addirittura più pericolosi, scardinando dalle fondamenta il concetto stesso di ciò che debba costituire un buon videogioco.

Ouya è la piccola console basata su Android, nata dagli 8 milioni di dollari generati quasi magicamente in un mese di frenetica raccolta fondi sul portale Kickstarter. In arrivo a marzo per soli 99 dollari, promette molto, forse troppo: alcuni ricorderanno le significative critiche mosse al riuscito video di presentazione virale lanciato l’estate scorsa, pieno di strani concetti e promesse difficili da mantenere. Compatibilità con tutti i giochi Android? Ma se la maggior parte è pensata per l’uso con un touch screen? E che dire della demo apparentemente giocabile del popolarissimo sandbox Minecraft, smentito dal creatore stesso del gioco come una messa in scena assolutamente non autorizzata? Ma la realtà è che se questa console dovesse riuscire a sviluppare anche la metà del suo potenziale, Sony, Microsoft e Nintendo avrebbero di che preoccuparsi. Perchè significherebbe vedere sulla TV di casa migliaia di giochi al costo di pochi euro, colorati, facili, forse anche più accessibili e divertenti rispetto all’offerta attuale, per lo meno dal punto di vista di ampie e redditizie fasce di mercato.

Ma se qualcosa andasse storto dal punto di vista del marketing o della realizzazione finale, come ancora potrebbe capitare per Ouya, o se il gaming da tablet e smartphone semplicemente non dovesse rivelarsi adatto all’intrattenimento casalingo su TV, si profila ancora un’altra realtà in grado di cambiare tutte le carte in tavola. Il geniale Gabe Newell non è certo l’ultimo arrivato, e la piattaforma Steam già costituisce una colonna portante del mercato videoludico moderno. Il suo Steambox in questo momento è ancora una parola, una vaga promessa concretizzatasi all’ultima ora. Ma ben presto potrebbe diventare il lungamente teorizzato PC da salotto, un prodotto in grado di spodestare i grandi vecchi del gaming “per tutti” ed occupare un posto di primo piano tra gli ingressi video dei nostri televisori. Un mondo futuro in cui gli ospiti di una serata natalizia potrebbero giocare insieme non più a Nintendo Land o Fifa 2014, bensì a titoli comparsi improvvisamente grazie a nuove e abili software house. Realtà commerciali nate con metodologie analoghe a quelle del gotha tecno-ludico PC, situato prevalentemente nel Centro ed Est Europa (gia fonte dei favolosi STALKER, dell’affascinante Metro 2033, patria di Cevat Yerli, Far Cry e Crysis).

Il punto è questo: fino ad oggi è valsa più meno l’equazione gioco economico=bassa qualità, ma l’unica variabile rilevante è in effetti chi abbia il controllo autorale. Finchè Capcom, Epic Games, Squaresoft, Electronic Arts, Activision etc. investiranno solo in parte su freemium o casual games, grandi cambiamenti non dovrebbero verificarsi. Basti considerare come, notizia dell’ultima ora, l’importante software house mobile GLU abbia acquistato a sorpresa e fatto chiudere lo storico servizio di matchmaking online Gamespy, impedendo di fatto il funzionamento di decine di giochi classici per PC e alienando centinaia di migliaia di potenziali fan: non sono ancora queste le mosse per rovesciare i videogiochi tradizionali, rimodellando a piacimento il media digitale interattivo. Ma se Ouya e Steambox dovessero spodestare i favoriti allora, in qualche modo, le prioritá potrebbero risultare diverse.

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