Il prodigio della montagna comparsa in un campo di grano

Vi sono immagini a questo mondo, dal chiaro significato storiografico, capaci di riassumere in un singolo sguardo il senso di un particolare evento e il contesto socio-geologico del suo verificarsi. In Giappone, una di queste potrebbe senz’altro essere il diagramma Mimatsu, figura in bianco e nero tracciata dall’omonimo capo dell’ufficio postale di Sobetsu-cho in un periodo di due anni, prima di essere presentata alla conferenza mondiale dei vulcani di Oslo, nel 1948. L’autore aveva, all’epoca, esattamente 60 anni e nessun studio di settore specifico alle sue spalle. Eppure, in un paese reduce dalla dura sconfitta della seconda guerra mondiale culminante nei tragici bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, proprio lui era stato l’unico a cui fosse venuto in mente di misurare, annotare e testimoniare uno dei fenomeni più rari ed atipici che gli fosse mai capitato di vedere. Nella sua opera è rappresentato un riquadro rettangolare, all’interno del quale compare il profilo topografico di ciò che potrebbe essere soltanto un rilievo montuoso. Ma disegnato più volte in maniera ricorsiva, quasi come se all’interno ne contenesse un secondo più piccolo, un terzo e così via a seguire. Soltanto a uno sguardo più approfondito, a quel punto, si nota che le cinque linee sovrapposte grossomodo corrispondenti a quelle di un pentagramma, ciascuna riportante l’altitudine a distanza di 100 metri, è stata associata una serie di date. Perché ciò che l’immagine vuole rappresentare, in effetti, è la progressiva crescita del Nuovo Monte Comparso Durante il Regno dell’Imperatore Hiroito, o come preferiscono definirlo da queste parti, l’incredibile Shōwa-shinzan (昭和新山).
Siamo ai piedi del Monte Usu, lo strato-vulcano più imprevedibile e pericoloso dell’intera isola settentrionale di Hokkaido, già responsabile circa 110.000 anni fa della formazione della grande caldera del lago Toya, ulteriormente connotata 60.000 anni dopo dall’isola centrale magmatica di Nakajima. Per poi tacere, attraverso le epoche, fino al relativamente recente 1663, iniziando il significativo risveglio che lo avrebbe portato ad una serie di grandi eruzioni di cui l’ultima nell’anno 2000, ciascuna capace di modificare profondamente il paesaggio circostante. Tale montagna presenta infatti la dote particolare, ma tutt’altro che unica, di proiettare dei flussi magmatici effusivi a base di dacite, un minerale in grado di solidificarsi in maniera piuttosto rapida dando origine a picchi periferici, muraglie naturali e quelli che vengono convenzionalmente chiamati duomi o cupole di lava, delle vere e proprie riproduzioni in miniatura del vulcano stesso. Successe per la prima volta a memoria d’uomo nel periodo a partire dal 1910, con la creazione del Meiji-Shinzan (明治時代 – Nuovo Monte dell’Epoca dell’Imperatore Mutsuhito) l’agglomerato roccioso ai margini del quale sgorgò acqua calda in quantità sufficiente a fondare, verso il termine dello stesso anno, quella che sarebbe presto diventata la città termale di Tōyako. Con una rapidità e imponenza comunque non propriamente paragonabili a quelle dell’episodio successivo, pienamente documentato dalla sapiente opera dell’impiegato municipale Masao Mimatsu nel suo celebre diagramma.
Non è noto se fosse stato lui, in effetti, il primo a notarlo. Tuttavia è certo che dal suo ufficio fosse perfettamente visibile, nell’anno 1943, il più significativo effetto del grande terremoto che colpì la regione il 28 dicembre di quell’anno: un evidente sollevamento della zona coltivata dagli abitanti di Sobetsu-cho, accompagnato dalla formazione di numerosi crateri e la comparsa di grandi pennacchi di fumo tutto attorno alla zona interessata. La situazione continua quindi a degenerare nei mesi successivi, con uno sciame sismico che non accenna a diminuire e colate laviche, molte delle quali assai distruttive. Finché ad esattamente un anno di distanza, quando il fumo inizia a diradarsi, Masao scorge qualcosa d’inaspettato: un massiccio rossastro nel mezzo degli ex-campi di grano; che progressivamente continua a crescere. Sempre di più.

È importante notare come le date del diagramma aumentino da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso, permettendo in questo modo di riferirle a sagome della montagna progressivamente più ampie ed elevate. Questo orientamento per noi invertito, in realtà, sarebbe apparso intuitivo per il sistema di scrittura tradizionale del giapponese.

La voce inizia ben presto a spargersi per il paese, tra lo stupore e un senso di meraviglia assai diffuso. Il governo, tuttavia, tende immediatamente a insabbiare la questione: sembra infatti che, in forza delle dure sconfitte che il possente Impero stava subendo nel teatro del Pacifico contro gli Stati Uniti, la comparsa della nuova montagna potesse essere considerata come un presagio nefasto. Simili caratteristiche del paesaggio infatti, per la religione shintoista, sono le residenze di antichi demoni e divinità, creature capaci d’influenzare in maniera non sempre positiva il susseguirsi delle alterne tribolazioni umane. Furono redatti alcuni studi superficiali, incompleti a causa della mancanza di strumenti scientifici  in un paese condizionato dallo sforzo bellico. Ragione per cui, alla fine, l’opera più importante e continuativa nel tempo sarebbe risultata essere quella dell’osservatore amatoriale col suo diagramma, destinato a fargli vincere, in tarda età, la prima storica edizione del Premio Culturale dell’Hokkaido (1948).
Lo svolgersi del suo lavoro fu semplice, quanto efficace. Non appena notò come il picco stesse aumentando costantemente d’altezza, in forza dell’accumulo alla sua base di ulteriore magma dacitico in costante solidificazione, Mimatsu posizionò un filo bianco tra due pali verticali, di fronte alla principale finestra dell’ufficio postale. Quindi appoggiando un grande foglio di carta su quest’ultima, s’impegnò a ricalcare in controluce la forma del duomo di lava ad intervalli regolari di un mese circa, ottenendo progressivamente quell’immagine che l’avrebbe condotto, entro pochi anni, alla fama vulcanologica internazionale. Il processo che ne risultava documentato era un qualcosa di raramente osservato nel mondo della geologia, benché un evento simile si stesse svolgendo, proprio in quegli anni, all’altro lato del mondo presso il vulcano Parícutin, 322 Km ad ovest di Città del Messico. Lo Shōwa-shinzan presentava tuttavia una composizione magmatica relativamente atipica, con una significativa componente di rocce afanitiche e porfiriche. Capaci di combinarsi in un ammasso cristallino sufficientemente solido da sostenere il suo stesso peso, donando al nuovo picco uno sviluppo marcatamente verticale: entro soli tre mesi, quindi, la piccola montagna aveva già raggiunto i 200 metri. Destinati a superare il doppio di quella cifra entro il trascorrere di altri sei, fino al raggiungimento di ciò che avrebbe costituito l’apice di questa miracolosa, quanto sconcertante modifica del paesaggio pre-esistente. Soltanto a seguire quindi, con il trascorrere di molti anni di vento e pioggia, l’effetto dell’erosione avrebbe fatto recedere il duomo di lava all’attuale altezza di 398 metri, comunque più che notevole per questa specifica classe di fenomeni geologici.

Una delle riprese più impressionanti dell’ultima eruzione del 2000 del monte Usu è stata realizzata dal vulcanologo Geoff Mackley, che si introdusse abusivamente in quartiere della città di Tōyako, destinato ad essere spazzato via di lì a poco dalla furia inarrestabile del vulcano.

Il lago Toya, l’isola, il Meiji-Shinzan, lo Shōwa-shinzan, le sorgenti termali: non c’è in effetti granché da meravigliarsi se in questa particolare regione culturale, l’effetto dirompente delle eruzioni vulcaniche non viene soltanto considerato un evento capace di causare danni e vittime tra la popolazione umana, bensì un processo allo stesso tempo creativo, che genera cambiamenti talvolta utili, e sempre degni di nota per gli effetti che riescono ad avere sul corso stesso della storia umana. Ecco quindi cosa intendevo con il mio termine usato in apertura, di contesto “socio-geologico”. Masao Mimatsu nell’immediato dopoguerra, conseguiti i suoi prestigiosi riconoscimenti in patria e all’estero diventò quindi ben presto un rinomato personaggio e punto d’orgoglio di questa intera regione dell’Hokkaido. Investendo i soldi del suo pensionamento, secondo una versione della storia egli avrebbe quindi acquistato l’intero terreno dove era sorto il duomo di lava, ragione per cui quest’ultimo pur essendo stato eletto patrimonio nazionale, costituirebbe tutt’ora proprietà privata dei suoi discendenti.
Dopo che ebbe modo di assistere alla veneranda età di 89 anni, poco prima della sua dipartita per malattia, ad una terza ed ultima eruzione del Monte Usu, le amministrazioni locali decisero di dedicargli una statua, che campeggia tutt’ora dinnanzi all’ufficio postale di Sobetsu-cho. Era il 1977. Soltanto tre anni prima, il famoso manga-ka (fumettista) Osamu Tezuka gli aveva dedicato un racconto intitolato “Il ladro della Montagna di Fuoco”, cementando il suo ruolo di personaggio di primo piano nell’immaginario popolare del paese. Sarebbe stato certamente difficile, del resto, ignorare la ponderosa presenza del suo lascito immanente. La prima volta in cui, nell’intero Giappone, qualcuno ebbe modo di annotare la crescita progressiva di una montagna.

In una decisione certamente atipica, la direzione del parco di Shikotsu-Toya decise dopo l’eruzione del 2000 di lasciare com’erano tutti gli edifici rimasti parzialmente distrutti e abbandonati, a perenne monito degli effetti che poteva avere un così grave disastro naturale. Oggi essi costituiscono una singolare attrazione per gli amanti dell’urbex, sul rinomato circuito di trekking di Kompirayama.

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