L’inventore che usò i piccioni per dare inizio alla fotografia aerea

C’era un uccello in più! Non riusciva a capacitarsene, così li contò di nuovo: indubbiamente, la quantità di code che sporgevano dai fori del contenitore dimostravano al presenza di un nuovo, imprevisto abitante del suo piccolo paradiso pennuto. Lo stimato farmacista Julius Neubronner chiuse ancora una volta la porta d’ingresso della sua colombaia, situata nel solaio della Streitkirche, chiesa cattolica un tempo abbandonata nella città protestante di Kronberg. Almeno finché lui, grazie alle finanze ereditate, non l’aveva acquistata ed eletta a sede dell’azienda di famiglia, abbastanza rinomata e prestigiosa da riuscire ad attrarre l’attenzione dei nobili del vecchio ducato di Nassau, ormai da vent’anni assorbito nella nascente potenza europea della nazione Prussiana. Così che lui era riuscito a farsi strada a corte, subito dopo la morte di Federico III, secondo e penultimo Imperatore di Germania deceduto nel 1888, il quale aveva lasciato lo scettro del potere in mano a sua moglie, la primogenita nonché omonima della regina Vittoria del Regno Unito, destinata a passare alla storia come  Kaiserin Friedrich. Eppure nel corso della vita, nonostante gli impegni più remunerativi, non aveva mai perso contatto con le sue passioni giovanili, prima fra tutte il fascino spontaneo che aveva sempre provato per una pratica di suo padre Sohn Wilhelm, finalizzata alla consegna e l’ordine di sostanze medicinali urgenti fino al peso di 75 grammi: l’impiego assiduo di quel vecchio amico dell’umanità, il piccione viaggiatore. Meditando così su passato, presente e futuro, Neubronner si avvicinò alla grande cesta centrale, in cui aveva disposto il becchime per i suoi preziosi beniamini. Molto lentamente inserì quindi la sua mano, per non spaventare gli animali: da principio estrasse Gunther, l’ultimo dei suoi messaggeri volanti, acquisito e addestrato con grande impegno nel corso dell’ultima stagione. Quindi estrasse Amelia, affidabile volatrice con oltre 30 consegne all’attivo. Accennando un sorriso, dispose i mansueti uccelli sul trespolo che si trovava alla sua sinistra. Quindi, al terzo tentativo, scoprì “l’intruso”. Se non che quelle piume a uno sguardo più approfondito, non gli erano affatto sconosciute, bensì appartenenti a qualcuno che da queste parti ci era già passato, prima di scomparire misteriosamente. “Arnold!” Esclamò il farmacista, con la bocca spalancata dallo stupore: “Sei… Tornato! Dopo tanti mesi…” Facendo lievemente oscillare la testa in una sorta di rudimentale cenno d’assenso, il piccione rispose: “Gruu, gru”. Mentre nella mente del suo padrone ritrovato, per via dell’insolita contingenza, iniziava a formarsi un’idea.
Fu questo il preciso momento, secondo la leggenda, in cui Neubronner ricordò. Di come, da ragazzo, avesse acquistato di nascosto uno degli avveniristici macchinari costruiti sul progetto di Henry Fox Talbot, lo scienziato britannico inventore di un processo per imprimere su carta gli effetti della luce catturante mediante una camera oscura, creando immagini perfette ed imperiture. E del modo in cui, nonostante i primi fallimenti, si fosse procurato in seguito macchine fotografiche sempre più piccole e moderne, fino all’ultra-portatile Ticka, strumento costruito in legno in grado di entrare nel taschino della camicia. Per non parlare del peso, sostanzialmente inferiore a quello che lui era solito incorporare nel pacco aerotrasportato da parte dei suoi uccelli ammaestrati. Da lì alla curiosità, di sapere quali giri facessero esattamente quei piccoli operatori postali, il passo era breve, e così iniziò ad elaborare la parte logistica della sua idea. In primo luogo, costruì un sistema pneumatico, in grado di attivare autonomamente l’otturatore dopo il trascorrere di un lasso di tempo predeterminato. Quindi abbinò il tutto ad una speciale piccola imbracatura, capace di mantenere in posizione la piccola macchina sul petto di un piccione in volo. Trascorsero i mesi fino al momento lungamente atteso: seguìto dalla moglie cortesemente interessata col sorridente figlio Carl in braccio, poco più che neonato, Julius fece il suo trionfale ingresso nella colombaia. Usando gesti esagerati, come un prestigiatore, l’uomo presentò ai due Arnold il volatile, pienamente bardato e pronto per la sua breve escursione fotografica. Per accomodare il suo carico addizionale, il foro d’ingresso era stato allargato, e un grosso tappeto imbottito campeggiava al centro del solaio. Nel corso di questo primo esperimento, tutto ciò che l’uccello avrebbe dovuto fare era prendere il volo e compiere un rapido giro del quartiere. Mentre il pater familias si avvicinava all’unica finestra della vecchia chiesa, sentì ridacchiare delicatamente il bambino. “Questo è il segnale!” Pensò tra se e se. Lasciando scivolare fuori l’amico pennuto, l’uomo sussurrò a beneficio dei suoi familiari: “Vola, mio prode. La Storia stessa, ti attende…”

Piccoli atleti dei cieli pronti a documentare un tragitto attentamente determinato. L’invenzione prussiana potrebbe essere definita come un’unione ante-litteram di due trend estremamente pervasivi nella nostra epoca corrente: il drone telecomandato e la telecamerina GoPro.

Il concetto di scattare fotografie aeree, all’epoca, non era esattamente sconosciuto. Già nel 1858, utilizzando una mongolfiera Gaspard-Félix Tournachon, noto con lo pseudonimo Nadar, aveva scattato alcune immagini della campagna francese da oltre 200 metri di altitudine. Mentre l’inglese Wallace Black, dall’altro lato della manica, aveva seguìto il suo esempio. Altri, particolarmente in America, avevano trovato il modo per riprendere il mondo dal vettore di un razzo in corsa, all’apice della sua parabola esploratrice. Lo stesso aereo dei fratelli Wright, costruito nel 1903, era soltanto un prototipo il cui tempo di volo veniva misurato in minuti, mentre simili approcci al problema risultavano inutili, limitati e costosi. Fu quindi immediatamente palese, al volgere del secolo, che il farmacista prussiano aveva in mano qualcosa di potenzialmente rivoluzionario. Nel 1906, recandosi presso l’ufficio brevetti per proteggere i suoi diritti, incontrò tuttavia il primo ostacolo: gli addetti alla valutazione non vollero credere che un piccione potesse trasportare in volo fino a 75 grammi di peso. Soltanto entro l’anno successivo, presentando all’ufficio alcune foto autenticate prodotte dai suoi uccelli, gli riuscì di ottenere la il numero di classificazione tanto desiderato, cementando il suo nome all’interno dei cinegiornali ed almeno sperava, le future enciclopedie.
E il successo, in effetti, non tardò ad arrivare: lasciandosi dietro il suo lavoro presso la corte della Kaiserin e chiudendo temporaneamente l’azienda di famiglia, Neubronner  prese a viaggiare per l’Europa, partecipando a diverse fiere dell’innovazione tecnologica. Tra il 1910 ed il 1911 lo troviamo a Dresden e a Parigi, durante uno show aereo, occasione in cui scoprì il modo per incassare soldi con un innovativo tipo di souvenir: i suoi piccioni ammaestrati, infatti, venivano inviati a sorvolare la folla dei presenti, quindi le fotografie risultanti, subito sviluppate, venivano vendute in qualità di cartoline. Fu questo il periodo in cui, tra l’altro, elaborò alcuni perfezionamenti tecnologici per il suo sistema esclusivo, tra cui l’inclusione di un secondo obiettivo alla fotocamera volante, affinché i piccioni potessero scattare delle immagini panoramiche complete e dinamiche come un quadro della Kronberger Malerkolonie, la corrente pittorica della vecchia Prussia di cui lui, come suo padre, era stato un appassionato finanziatore, nonché mecenate. Tale meccanismo fu quindi alla base di una delle sue foto più famose, raffigurante lo Schlosshotel Kronberg, residenza della kaiserina, incorniciato accidentalmente da quelle che non possono che rivelarsi, ad un’analisi più approfondita, come le punte più estreme delle due ali di piccione.  Nel 1910, nel tentativo di alleggerire il carico, il farmacista costruì uno speciale obiettivo in grado di ruotare su se stesso di 180 gradi mediante l’impiego di un timer, che tentò quindi di vendere con il nome commerciale di Doppel-Sport Panoramica, senza tuttavia ottenere il successo desiderato. Mancava, dopo tutto, un fattore scatenante, una storia di successo acquisito che potesse aprire il sentiero alla pubblica comprensione dell’utilità di fotografie scattate dall’alto, qualcosa di nettamente avanti rispetto a quell’epoca per noi remota. E fu esattamente il 28 luglio del 1914 che un tale sentiero, improvvisamente, si spalancò. Ogni persona coinvolta avrebbe in seguito convenuto che, dopo tutto, sarebbe stato meglio non capitasse mai…

Allo scoppio del primo conflitto mondiale, “la guerra per porre fine a tutte le guerre” (quanto si sbagliavano, questi nostri antenati!) apparve ben presto chiaro che la storia delle armi stava prendendo una piega inaspettata. L’invenzione della mitragliatrice, la potenza dell’artiglieria moderna e l’onnipresenza della trincea avevano infatti creato uno scenario in cui le nazioni non si affrontavano più a viso aperto, ma giacevano in paziente attesa, in un reciproco assedio destinato a durare per l’intero estendersi delle ostilità. Situazione in cui poter trasmettere un messaggio rapidamente e senza il rischio che potesse essere intercettato dal nemico diventava d’importanza primaria. Tornò in auge, quindi, l’impiego dei piccioni viaggiatori. Il governo tedesco, colpito dalla storia personale di Neubronner, non tardò nel coinvolgerlo nell’ipotesi di creare una squadriglia speciale di questi animali, attrezzati con le sue piccole macchine fotografiche, con la finalità di spiare i movimenti al di là della linea del fronte. A questo punto, tuttavia, accadde che la neonata scienza del volo a motore, improvvisamente, iniziò ad ottenere i risultati sperati. Così che i primi pionieri, a bordo delle loro folli macchine volanti, scipparono a colpi di otturatore fotografico perfettamente puntato sull’obiettivo la gloria destinata ai volatili della chiesa riconvertita, relegandoli, progressivamente, a una mera curiosità smarrita tra le pieghe del tempo. Julius Neubroner morì nel 1932, lasciando la gestione della farmacia a suo figlio Wilhelm, che non condivise mai i suoi interessi. Il quale rimase famoso, piuttosto, per i suoi libri scritti sullo sport poco noto del curling su ghiaccio bavarese.
Almeno una funzione utile allo sforzo bellico collettivo per la prima e la seconda guerra mondiale, tuttavia, l’invenzione del padre farmacista dimostrò di averla: fu infatti proprio la sua personale colombaia mobile con camera di sviluppo fotografico annessa, impiegata durante le fiere di Parigi e di Dresden prima di essere requisita per l’armata Prussiana, a fornire il modello per le basi di comunicazione mobili che sarebbero state poi costruite in serie e adottate su larga scala nelle fasi successive del conflitto, anche da parte dagli eserciti Francese ed Italiano. Come in tutti i campi dello scibile applicato, l’avanzamento tecnologico aveva ormai sostituito da tempo l’efficienza che era stata precedente appannaggio esclusivo degli animali addestrati. Ma il piccione, col suo verso riconoscibile, il basso costo per unità ed il frullar d’ali (più o meno) leggiadre, avrebbe continuato a viaggiare con noi su autostrade di guano. Tornando libero, per le città semi-addormentate, a consegnarci il suo carico speciale, il più delle volte, del tutto indesiderato.

Lascia un commento