Il borgo andaluso costruito sotto un cielo di pietra

È un fatto relativamente poco noto, tra gli studiosi superficiali della storia d’Europa, che Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona, la cui unione era destinata a creare la più grande e salda nazione della loro epoca, avevano in realtà lo stesso cognome ancor prima di sposarsi: di Trastàmara. Questo perché si trattava, in effetti, di cugini di secondo grado. Ragione per cui dovettero ottenere, prima del grande passo, un permesso speciale dal papa Innocenzo VIII, al fine di non commettere incesto dinnanzi a Dio e la loro intera famiglia. Certo, persino le più radicate ed antiche convenzioni sociali vengono meno, di fronte alle necessità politiche del sangue regale. Ma neppure la più alta autorità religiosa in Terra potrebbe mai cambiare leggi imprescindibili della natura. Così si racconta in patria, che in un momento imprecisato tra il 1482 e il 1484, durante il feroce assedio che diede l’inizio alla guerra di Granada, in grado di porre fine al lungo periodo della Reconquista, scacciando definitivamente gli Arabi dalla terra di al-Andalus, la regina improvvisamente abortì. Si trattava del primo figlio maschio della coppia, destinato ad essere chiamato Sebastiano. Secondo alcune versioni del racconto, la madre si trovava proprio in quel momento, assieme al marito, alla testa dell’esercito di duemila cavalieri reclutati secondo la legge feudale dal territorio del marchese di Càdiz, e posizionati a distanza di sicurezza dalle porte di un’imprendibile fortezza. Il nome di quel luogo: Setenil de las Bodegas, dal latino “Septem Nihil” il che voleva dire “per sette volte, Nulla” facendo riferimento alla quantità di assalti compiuti in passato, contro le truppe del sultano asserragliate tra quelle mura, senza riuscire a sconfiggerlo in alcun modo. Le ragioni erano molteplici, ma soprattutto di natura geografica e topografica. La città-fortezza in questione, in effetti, si trovava costruita sopra e tutto attorno ad una delle grandi rocce metamorfiche che affiorano tutt’ora nella parte meridionale della Spagna, un residuo indiretta dell’era preistorica in cui la placca continentale africana si trovò a spingere contro quella europea. Tanto che persino un osservatore militare, comprensibilmente irritato dall’intera faccenda, non avrebbe potuto fare a meno di ammirare l’ingegno e la costanza con cui gli abitanti del pueblo avevano sfruttato la forma stessa del monolite, per proteggersi almeno in parte dagli elementi, senza tuttavia mancare di costruire delle facciate convenzionali, dando l’impressione che le loro case ed interi quartieri fossero stati parzialmente inglobati dalla montagna. Questo luogo, anche ammesso si fosse riusciti ad entrarvi, sarebbe stato un vero incubo da conquistare secondo le regole della guerra convenzionale, con le sue strade strette e tortuose, dove un affiatato manipolo avrebbe potuto fermare per giorni anche un’armata dieci volte più grande di numero ed armata di tutto punto.
Fatto sta che ad un tratto, le regole d’ingaggio subirono un drastico mutamento. Secondo la tipica narrazione nebulosa di taluni contesti medievali, la ragione di ciò andrebbe ricercata nel nome dell’eremo religioso situato oggi fuori dalle porte cittadine, noto con l’appellativo di San Sebastiano. Esso costituirebbe, in effetti, l’omaggio postumo al figlio mai abortito della regina Isabella, fatto costruire immediatamente dopo l’ottavo, ed ultimo assedio della città. La perdita di un figlio è notoriamente un esperienza che può cambiare radicalmente l’umore di una persona. E quando tale individuo, secondo le regole di un tempo lontano, ha il controllo assoluto e indiscutibile sulle manovre di un esercito impegnato in una delicata campagna militare, cose eccezionali possono accadere. Cose terribili. O spaventose. Fu così che Ferdinando, lo stesso uomo che aveva sposato la futura “Protettrice della Chiesa” contro il volere delle rispettive famiglie, dando inizio a una sanguinosa ma necessaria guerra civile contro il fratello di lei, ritrovò d’un tratto tutta la spietatezza di un tempo, ed ordinò che la fortezza venisse rasa completamente al suolo. Ora non è del tutto immediato, comprendere cosa ciò comportasse nel XV secolo europeo, assai prima dell’invenzione del tritolo e della dinamite. Fatto sta che i regnanti spagnoli disponevano, già a quel tempo, del non-plus ultra dell’artiglieria di produzione italiana, con cannoni e polvere da sparo in quantità sufficiente da aver fatto identificare questo assedio di Setenil, in taluni circoli, come una sorta di anticipazione del bombardamento futuro di Guernica, una delle più terribili atrocità della guerra civìl, immortalata nel celebre ed omonimo quadro di Picasso. Sotto questo, e innumerevoli altri punti di vista, la guerra di Granada fu il primo conflitto moderno della storia europea. La città nella roccia, tuttavia, non poté fare a meno di sopravvivere. A suo modo…

La candida colorazione delle mura dona al pueblo di Setenil un aspetto estivo e leggiadro, quasi si trattasse di una tipica cittadina costiera. Ma le coste di Malaga e Gibilterra, in realtà, sono ben lontane.

Fortuna volle che Setenil, indipendentemente da chi la governava, restasse una risorsa strategica di primaria importanza nel territorio del Cadice, nell’estrema punta meridionale dell’attuale nazione spagnola. E che la parte più significativa delle sue ricchezze, contrariamente a  quanto si potesse pensare, non si trovasse affatto all’interno delle mura, bensì nei campi circostanti, dove i contadini locali coltivavano il grano ed allevavano armenti i cui prodotti erano celebri nell’intero territorio del sultanato Nasride sotto l’egida dell’emiro Boabdil. Per uno scherzo del destino, poi, sarebbe stato proprio qui che avrebbero trovato terreno fertile gli allevamenti del maiale per il chorizo, rinnovando forse una tradizione che aveva l’origine all’epoca degli antichi Romani. Così che, una volta che le forze unificate di Castiglia ed Aragona si furono raccolte ai suoi piedi, per continuare la marcia che avrebbe imposto l’unità politica e religiosa, a qualunque costo, sui territori de jure facenti parte dell’eredità dei Re Cattolici, la pueblo sulla roccia fu dato modo di riprendersi, trovando a suo modo, una nuova epoca di serenità e fiducia. Con la stessa laboriosità che aveva caratterizzato questo popolo da tempi antichissimi (secondo alcuni, la regione sarebbe stata abitata dagli umani per un periodo di quasi 25.000 anni) Setenil de las Bodegas fu ricostruita, con un grande dispendio di risorse, materiali e manodopera, forse fornita da quella stessa autorità che, in un momento d’ira, l’aveva fatta radere al suolo. Fino all’acquisizione, svariate decadi dopo, dell’aspetto che possiede tutt’ora.
Magnifica e singolare, totalmente unica nel suo scenario d’appartenenza: questa è Setenil. Un paese il quale, piuttosto che essere arroccato sulla montagna, o costruito al suo interno come nel caso di talune comunità trogloditiche tutt’altro che ignote in questo contesto geografico, ne diventa una parte fluida, entrando ed uscendo in alternanza dai suoi recessi più preminenti o talvolta, scoscesi. L’acqua del Rio Guadalporcún, fiume dalla corrente vorticosa, scorre al di sotto dell’area abitata, offrendo un contrasto scrosciante all’inamovibile pesantezza della montagna. Gli edifici stessi del paese, dal canto loro, forniscono un altro dei nomi assegnati a questa comunità: El Pueblo Bianco, facendo riferimento alla colorazione di tali mura, talvolta niente di più che una facciata costruita dinnanzi a abitazioni scavate nella nuda pietra, in un ingegnoso connubio tra tecnologia e natura. Fornendo inoltre un vantaggio tutt’altro che indifferente nelle caldi estati del meridione, strade ombrose e un perfetto isolamento termico, come ben pochi altri luoghi possono vantare in tutta l’Andalusia. Tra gli edifici di maggiore importanza storica ed architettonica, vanno citati i due eremi religiosi, tra cui quello di San Sebastiano nonché un’importante chiesa, un ospedale ed un seminario risalenti all’epoca successiva del XVII secolo e il successivo. A partire dal 1800 quindi, come molti altri paesi del Cadice, Setenil si trova di nuovo a dover combattere, questa volta assai meno organizzata e letale, contro i guerriglieri locali al soldo del Primo Impero francese nel conflitto noto come guerra d’indipendenza spagnola. Ma ormai nessuno a questo punto, si sarebbe sognato d’immaginare una nuova sconfitta del popolo asserragliato sul più antico e storicamente rilevante fra tutti i macigni d’Andalusia.

La festa di questo paese si tiene durante la Settimana Santa, con una processione organizzata dalla confraternita della Santa Vera Cruz (cappucci bianchi) e quella di Nuestro Padre Jesús (cappucci neri). I costumi religiosi di quest’area della Spagna sarebbero stati in seguito imitati dai membri dell’associazione razzista statunitense del Ku Klux Klan.

Persino da una grande tragedia può nascere, talvolta, qualcosa di buono. E la guerra di Granda, pur con tutti i suoi risvolti più cupi e terribili, avrebbe posto le basi per una nuova età dell’oro per il territorio appartenente all’odierna Spagna, con grandi processi scientifici e una totale unità politica grazie al sistema delle Fratellanze armate. La coppia dei Re Cattolici implementò significative riforme ed un sistema di tassazione più razionale, che permise, tra le altre cose, di finanziare il viaggio di Cristoforo Colombo in “India” con tutte le implicazioni storiche a cui questo, purtroppo, ci avrebbe portato. Isabella e Ferdinando, tuttavia, restarono sempre largamente intolleranti verso le religioni e culture disallineate a quella della chiesa romana, perseguitando con trattamenti iniqui, ancora una volta, il popolo degli ebrei.
Il loro motto passato alla storia sarebbe stato “Tanto monta, monta tanto, Isabel como Fernando” con un riferimento al fatto che sia lui che lei, contrariamente alle usanze dell’epoca, avrebbe avuto il pieno diritto d’impugnare lo stesso scettro del potere, prendendo delle decisioni che l’altro non si sarebbe poi mai sognato di mettere in discussione. Nel 1492, come da programma, le armate di Castiglia ed Aragona presero finalmente Granada, impossessandosi del magnifico complesso dell’Alhambra, il palazzo da cui avrebbero continuato a regnare. Il loro unico figlio maschio noto alle cronache ufficiali tuttavia, Giovanni di Trastámara, soffriva di salute cagionevole e nel 1497, durante una visita a Salamanca, si ammalò di febbre e morì. Anche la sua vedova, già incinta all’epoca della sua dipartita, finì per abortire. Il regno passò quindi a sua sorella Isabella, poi a Giovanna la pazza e suo figlio Carlo V.
A eterna rimembranza che non importa quanto sia potente la tua dinastia, le leggi della genetica non perdonano ed in ultima analisi, vanno rispettati ancor più di quelle stilate dagli uomini, su pezzi di carta che non potranno mai prevalere. Neppure sulla stolida pervicacia di un grosso macigno, abbandonato da qualche gigante tra le verdi valli dell’Andalusia.

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