Il rischio di distrarsi sulle spiagge oregoniane

Il più grande amico dell’umanità, il mare. Il maggior nemico degli umani. È tutta una questione di circostanze e condizioni climatiche, un convergere delle più fluide circostanze, l’emergere di basse pressioni, la loro interazione con l’atmosfera, il conseguente generarsi di cicloni ed uragani che distruggono le coste, le navi, le città. Ci sono poi quei casi, purtroppo assai frequenti, in cui un sommovimento di natura tellurica causa spostamenti di un’ingente massa d’acqua, che una volta giunta a riva si trasforma in maremoto. Qualche volta basta un’eruzione. In altri casi basta… Il nulla. Soltanto un altro modo di uccidere, per il più crudele e ipocrita degli elementi. Sapete ogni anno, quante persone muoiono per il fenomeno chiamato in lingua inglese delle sneaker waves? (Onde subdole) dai nove agli undici individui. Eppure, ancora oggi, se ne parla molto poco. Facendo piuttosto rientrare l’intera questione nel catalogo della sapienza popolare, quella serie di avvisi, quasi mai ascoltati, che le nonne ci ripetono ogni volta che se ne presenta l’occasione. Una noncuranza di certo giustificata, nella nostra terra che si affaccia su di un mare interno, il Mar Mediterraneo, dove i cavalloni non hanno molto spazio per correre, ingrandendosi prima di fare il grande balzo verso l’entroterra. Ma ci sono luoghi, all’altro capo del globo, dove le regole del gioco sono differenti. E persino una piacevole passeggiata con il cane sulla spiaggia, in una giornata apparentemente tranquilla, può trasformarsi nell’ultima scena della nostra vita.
C’è un detto in Oregon, in realtà diffuso nell’intera zona Nord-Ovest degli Stati Uniti: “Non importa cosa facciate, non distogliete mai lo sguardo dall’Oceano”. Un consiglio ed uno stile di vita, che viene inculcato nelle nuove generazioni fin dalla tenera età, affinché si elimini almeno in parte il pericolo dell’annegamento e il conseguente oblio. E questo è stato certamente una fortuna, nel contesto della scena ripresa da Steve Raplee, il proprietario dell’High Tide Cafè presso la località di Coos Bay, situata nella parte meridionale dello stato stato, a circa 250 Km dalla città di Portland, nel quale un bambino si aggirava tranquillamente sulla sabbia, apparentemente protetta da una barriera frangiflutti di scogli artificiali. Intendiamoci, non è che il mare fosse propriamente calmo. Ma neanche, secondo gli standard locali, particolarmente agitato. Ma sopratutto, le condizioni apparivano perfettamente regolari. È questa la natura “subdola” dell’onda in merito alla quale siamo stati messi in guardia: non il prodotto culmine di un progressivo inasprirsi delle condizioni vigenti. Ma il verificarsi, improvviso e immotivato, di un accrescimento momentaneo, subito seguìto da un ritorno, per lo meno apparente, all’assoluto stato di normalità. È così che l’impeto del mare, all’improvviso si ritrova a scavalcare la patetica barriera, minacciando di portarsi via bambino, e cane.
Ogni studio che possa dirsi relativo al fenomeno delle onde anomale è in realtà piuttosto recente, nello schema generale delle cose, facendo esso parte di un campo nato formalmente nel 1995, dopo aver deriso per molti secoli le “storie senza senso dei marinai”. La ragione è presto detta: ogni qualvolta che qualcuno incontrava, in alto mare, simili castelli d’acqua alti oltre i 20 metri, soltanto molto raramente gli riusciva poi di tornare sulla terra ferma, per aggiungere la propria testimonianza al paniere. Finché esattamente il primo gennaio di quell’anno, nel Mare del Nord a largo della punta sud della Norvegia, non si verificò il fenomeno che avrebbe cambiato tutto quanto. Presso la Draupner E, una piattaforma petrolifera della Statoil, che essendo assicurata al fondale con un sistema a secchio interrato, piuttosto che galleggiante ed assicurata con delle ancore, era stata anche dotata di un sistema laser per la misurazione di altezza, forma e pressione esercitata dalle onde. Fu così, proprio quel giorno, che la sofisticata apparecchiatura ebbe modo di essere messa duramente alla prova, trovandosi a misurare un qualcosa che la comunità scientifica riteneva possibile soltanto una volta ogni 10.000 anni: un’onda misurante 25,9 metri. La piattaforma, per la fortuna dell’equipaggio a bordo, non si capovolse e non affondò. Così ben presto, nella comunità scientifica, prese il via la solita corrente all’interno della quale ognuno avrebbe voluto dire la sua….

“Arr, corpo di mille sardine! Spero proprio che in questo mare dalla strana forma quadrata non nuotino dei branchi di gamberi affamati!?”

Una famosa presa di coscienza in merito all’esistenza delle onde anomale fu quella dell’esperimento del pirata di LEGO del 2012, uno scenario approntato dal Prof Nail Akhmediev dell’Università Nazionale Australiana, al quale venne in mente di sperimentare la questione all’interno di una vasca per la simulazione dei moti ondosi di cui si era dotato il dipartimento di fisica e ingegneria. Nella quale, una volta indotto un flusso d’increspature assolutamente regolare, fu collocato il succitato personaggio di plastica delle costruzioni con la sua piccola imbarcazione, posizionando una telecamera per rilevare quanto tempo sarebbe passato prima del suo inevitabile affondamento. Evento che non tardò affatto ad arrivare, vista la generazione spontanea di un’onda due o tre volte più alta delle altre, che ne provocò l’inevitabile capovolgimento. Il perché ciò fosse successo, è ancora oggetto di discussione nei circoli scientifici: tra le possibili cause individuate per questo, nonché i fenomeni su scala reale, una letterale “messa a fuoco” del susseguirsi di increspature, a causa del fenomeno della diffrazione, ovvero lo spostamento delle stesse per la presenza di microscopici ostacoli sul percorso naturale di un treno d’onde. Oppure l’insorgere di fenomeni indipendenti di auto-rafforzamento noti in campo fisico col nome di solitoni. Ma le cognizioni acquisite avevano già permesso, ormai da parecchi anni, di rivedere i crismi progettuali delle navi, permettendogli, o almeno dandogli la possibilità, di sopravvivere all’arrivo dell’onda anomala in questione. Assai diversa resta invece la questione di un gruppo di bagnanti impreparati…
La definizione di sneaker wave, secondo una nota di Wikipedia che fa riferimento a un breve articolo del 2013 di KQED Science (del resto, non esistono studi scientifici formali sull’argomento) dovrebbe partire proprio da quanto fin qui descritto: una volta che l’onda anomala (rogue wave) raggiunge la costa, sollevata per l’avvicinarsi tra il fondale e la superficie, si trasforma in questo piccolo e subdolo accenno di tsunami. Assai più circoscritto dell’alternativa, ma non per questo in alcun modo meno letale. Per il semplice fatto che, nel diffuso rumore della risacca, non c’è modo di accorgersi del suo arrivo a meno di vederla coi propri occhi. E se non si riesce a farlo, essa arriverà a ghermirvi dall’altezza delle caviglie, possibilmente scaraventandovi a terra per poi fare del suo meglio nel trascinarvi via con se. Ancora peggiore il caso, più volte documentato, del turista o abitante locale impreparato, che per non bagnarsi salta sopra una roccia o un tronco apparentemente stabile nella corrente. È stato calcolato che una massa d’acqua che si muove alla velocità di 10 Km/h ha la stessa forza, per unità di superficie di un tornado di classe F5 della scala Fujita, con velocità dei venti di 418-512 Km/h. E certo, pur non colpendo gli oggetti per tutta la loro altezza, si tratta di una forza più che sufficiente a scaraventare contro gli scogli, e poi riprendersi qualsivoglia detrito dovesse trovarsi sul cammino di una simile possenza. Non a caso, un altro pericolo delle sneaker waves è quello di restare colpiti da simili oggetti improvvisamente trasformati nei proiettili di una catapulta.

La ripresa via drone delle auto di alcuni turisti colpite da un’onda anomala nello stato di Washington (a nord dell’Oregon) pochi giorni fa, il 18 di gennaio. L’acqua, una volta superata la spiaggia, s’incanala lungo una strada asfaltata trasformandola in una ragionevole approssimazione del Canal Grande.

Ci sono innumerevoli testimonianze, su YouTube, di persone scampate per miracolo al fenomeno dell’onda subdola, anche chiamato in Australia della king wave (re delle onde) molto spesso coinvolgenti bambini, cani ed anziani. Questo perché, nella stessa natura dell’incidente, è implicato uno stato di mare per il resto assolutamente o quasi del tutto calmo, che non faceva presagire alcun tipo di rischio nell’avvicinarsi tranquillamente alla spiaggia. Il più delle volte, quando il video arriva su Internet, si può contare su un miracoloso lieto fine. Vedi ad esempio il caso di Coos Bay, nel quale la razza canina dei bassotti ha potuto dimostrare ancora una volta la propria capacità di muoversi a una velocità resa insospettabile da quelle corte e tozze zampette. Per non parlare del giovane padrone umano, la cui capacità di reagire rapidamente si è dimostrata risolutiva. Ma alcune delle più tristi vicende della cronaca dell’Oregon degli anni recenti, parlano anche di persone nel fiore degli anni e della forma fisica, che a causa di una momentanea e comprensibile distrazione, ben poco hanno potuto fare di fronte a un capriccio dell’intelligenza inconoscibile che guida gli elementi.
Perciò, se mai dovesse capitare di trovarvi su rive diverse da quelle del più “pacifico” Mare Nostrum, il consiglio è sempre lo stesso; mai decidere, neppure per un attimo, di voltargli le spalle. Altrimenti potreste essere proprio voi, nonostante le apparenze di contesto, a dover fare anticipatamente l’esperienza di un’improvvisa, inevitabile ed eterna pace.

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