Il duello di un uomo con la goccia super-solida di vetro

“Mio re, dovete credermi! Non può essere distrutta. Questa goccia non può essere distrutta.” Era il principe Rupert del Reno a parlare, ovviamente, uno degli uomini militari più eclettici al servizio del re in esilio. Recentemente nominato Generale Supremo dell’armata, in quel marzo del 1645, dopo aver condotto la sua cavalleria in posizioni di vantaggio strategico determinante durante le battaglie Powick Bridge ed Edgehill, portando poi sollievo all’armata realista presso il castello di York. Cresciuto lontano dal seggio che sarebbe appartenuto di diritto a suo padre, esattamente come il sovrano che l’aveva accolto al suo servizio, il tedesco in armi pareva guidato verso le vittorie militari da un filo invisibile al servizio della Storia. O come affermavano alcuni, qualcosa di più malefico, legato al regno dell’occulto e della stregoneria sovrannaturale. Eppure tutto, fra i due uomini, faceva pensare a un’amicizia più che mai sincera, nata all’epoca della loro difficile esistenza giovanile, nell’Olanda sconvolta dalla cruenta guerra contro l’Impero Spagnolo. “Si certo, come no. Allora ascoltami bene, lo vedi quel martello che hanno usato stamattina per montare la mia tenda? Ora lo prenderò a due mani. E dopo aver tratto un grande respiro, colpirò con tutta la mia forza la parte bulbosa di questa presunta meraviglia della tecnica. Se si rompe, mi riprenderò tutti i titoli nobiliari di cui ti ho omaggiato.” Re Carlo II d’Inghilterra, nonostante le voci che venivano fatte girare per il regno dai suoi molti nemici, non era affatto un ultra-trent’enne obeso e claudicante, con la salute rovinata da anni di vita dissoluta ed abuso dell’alcol. Benché le ultime due osservazioni, nei fatti, fossero assolutamente vere. Ma la sua passione per la caccia e gli sport, unita ai rigori delle campagne belliche di cui aveva trovata costellata la sua vita, l’avevano reso perfettamente in grado di mantenersi in forma, al punto da poter abbattersi da solo gli alberi per accendere il fuoco durante una scampagnata. Non che avesse alcun bisogno di farlo. Rupert sorrise da sotto i suoi fantomatici mustacchi: “Se è questo che volete, accetto la sfida, ma a una sola condizione: sarò io a tenere la goccia, dalla parte della sua coda.” Qualcuno tra i presenti disseminati nel campo trasalì, altri si diedero vistose pacche sulla spalla. Il consenso generale sembrava essere che dovesse trattarsi di uno scherzo e si tendeva alla sdrammatizzazione. Il re impugno il maglio, mentre il principe indicava, verso il centro della radura, un piccolo ceppo appena sufficiente allo scopo: “Ah, ah, ah. Avete qualcosa a che vedere con questo?” Mormorò. Mentre tirava fuori la goccia e la metteva sopra il patibolo d’occasione, il fido cane Boy proveniente dalla Bohemia, un barbone da caccia che si diceva potesse sputare fuoco, prevedere il futuro e pietrificare i suoi nemici, si sedette d’un tratto e prese a fissare le operazioni. “Qui va bene, allora?” “Benissimo, mio signore.” Rupert tirò fuori una tenaglia da forgia, che a quanto pare teneva nella tasca posteriore del suo mantello. “Sei sicuro?” La cautela prima di tutto: molto evidentemente, doveva trattarsi di un metodo per risparmiare alle sue tenere mani un impatto accidentale vibrato dal re. “Non mi rimangio mai la parola data.” Il sovrano alzò le braccia sopra la testa, quindi le calò bruscamente in avanti. Con un urto formidabile, la goccia di vetro rimbalzò sul ceppo. Quando i due partecipanti all’esperimento riuscirono di nuovo ad individuarla, la realtà apparve fin troppo chiara: l’oggetto trasparente era ancora perfettamente integro in ogni sua parte. Sfolgorando nella luce del primo pomeriggio, veniva tenuto dritto dinnanzi allo sguardo del re, dal suo amico e principe tedesco, che lo rigirava da un lato all’altro, mettendone in evidenza le fantomatiche sfumature iridescenti. D’un tratto, il cane abbaiò. Il re si voltò. E la goccia, senza una ragione apparente, esplose!
Una scoperta accidentale. Un nuovo gioco per le corti d’Europa. Un indizio sulle vere e più profonde ragioni dell’esistenza? Nessuno sapeva esattamente, che cosa aveva (ri)scoperto l’abile militare durante una pausa delle sue campagne, oppure in gioventù, durante gli studi di filosofia naturale, o ancora durante una notte di plenilunio, sotto la luce delle stelle distanti, grazie al sussurro degli spiriti del Profondo. Qualcuno avrebbe in seguito affermato, parlando sottovoce, che non c’era in realtà alcunché di nuovo nella curiosa invenzione, trattandosi piuttosto di un passatempo dei vetrai tedeschi, che forse l’avevano appreso a loro volta da Nickel, lo spiritello malevolo delle miniere. Ma non era forse vero che l’Inghilterra era il centro del mondo, e che quello che in essa veniva portato per la prima volta, soltanto allora diventava importante? Così che da quel giorno, o un altro simile ahimé sconosciuto agli annali del tempo, la terribile “goccia” sarebbe diventata famosa come Prince Rupert’s Drop. Era un tempo di grandi Rivoluzioni quello, e nel contempo, enormi Rivelazioni. Persino, talvolta, inutili Ossessioni, in grado di trascendere la chiarezza del più puro destino. Destin, sapete chi è? No, non il concetto estemporaneo, ma la persona. Ovvero l’utente di YouTube a capo di quel format internazionale che è diventato il canale Smarter Everyday, orgoglioso padre di famiglia, personalità curiosa, individuo dai mille e più contatti nel mondo della scienza e tecnologia, che ormai da anni ci allieta con le sue improbabili sperimentazioni. Il quale, a partire dal dicembre scorso, sembra aver colto anche lui. Che come tutti gli americani, ha trovato una via specifica ed un calibro (anzi, diversi) per l’interpretazione dell’intera faccenda…

Tutto ebbe inizio con la prova tradizionale della tenaglia. Non puoi distruggere la goccia prendendola a martellate. Ma stringi la sua coda mediante l’impiego di una tenaglia, e vedrai allora il segreto…

La goccia del principe Rupert è in realtà una semplice dimostrazione pratica del concetto del vetro temperato. Lo stesso che protegge, al giorno d’oggi, il touch-screen degli smartphone di fascia alta, resistendo alla rigatura accidentale con le chiavi di casa, qualche caduta dal tavolo da pranzo, persino se scivola via lontano. Ovviamente, non è che nel XVII secolo esistessero i complessi processi chimici alla base della realizzazione del formidabile Gorilla Glass. Né, del resto, ciò sarebbe stato in effetti necessario: perché non c’è nulla di più facile, a questo mondo, che indurire il vetro. Basta raffreddarlo molto, molto in fretta. Ed era proprio questo che Rupert, durante le sue sperimentazioni che l’avrebbero reso celebre come scienziato ancor prima che pirata e mercante di schiavi, nelle sue attività successive durante l’esilio nei Caraibi americani, aveva pensato di fare, gettando l’ammasso informe dentro un secchio di normalissima acqua, per poi tirarlo fuori e… Guardare. Destin lo spiega molto bene, in una delle sue realizzazioni precedenti, grazie all’impiego d’innumerevoli figurine che riproducono se stesso: bianche per il vetro solidificato, rosse per quello incandescente e blu per la via di mezzo. Ciò che avviene, durante la formazione della goccia, è quindi che uno strato di Destin esterni immediatamente solido agisce come una sorta di barriera, mentre i rossi si tramutano gradualmente in azzurri, diminuendo le loro dimensioni. E tirando, quindi, l’intera struttura verso l’interno, generando una tensione del tutto impressionante, tale da rendere l’ammasso complessivo pressoché indistruttibile. O così si dice. Con un piccolo problema: il fatto che si tratti, per l’appunto di un vero e proprio sistema. Che in quanto tale, non può sussistere successivamente alla rimozione di una singola parte, sia anche questa la sottile coda dell’oggetto, formatasi per l’effetto della forza di gravità durante l’immersione a corpo libero nel secchio di quella che sarebbe diventata almeno in parte vapore. Ma i Destin presenti in quel sottile spazio risultano essere, necessariamente, pochi e debolucci. Così che basta una lieve strizzata, affinché il filo di vetro si spacchi, iniziando una catastrofica reazione a catena, che nel giro di pochi millisecondi rilascia in maniera esplosiva tutta l’energia custodita nell’inconsueto oggetto. Ma che modo davvero ottimo, per fare uno scherzo, persino ad un re!
Distruggere la goccia, partendo dalla sua coda, non è quindi difficile. Fatto sta che noi non siamo qui, oggi, per fare le cose facili. Il che ci permette di comprendere le ragioni ed il senso più profondo dell’ossessione di questo celebrato utente del Web: rompere la goccia al contrario ovvero dal globo, sparandogli contro, oè! Che grande, fantastica idea. Una che avrebbe richiesto, a conti fatti, svariati e reiterati tentativi. Tutto ebbe inizio formalmente a dicembre, con l’impiego di un piccolo fucile calibro .22 sotto l’occhio scrutatore di una telecamera ad alta definizione. Operazione totalmente fallimentare, visto come il proiettile finì per frantumarsi completamente contro il vetro indurito all’inverosimile, rompendo piuttosto una delle gocce impiegate, come di consueto, a causa delle vibrazioni propagatesi fino alla punta della sua coda. Qualcosa di simile, quindi, sarebbe avvenuto la seconda volta (mostrata in apertura) con delle pistole di calibro equivalente ma in grado di sviluppare maggiore velocità del proiettile, altrettanto inefficaci allo scopo. In un caso addirittura, in cui la goccia era stata resa sostanzialmente invincibile fondendo e tagliando via la coda, essa sarebbe rimasta del tutto integra, disintegrando senza problemi addirittura un proiettile del tipo full metal jacket. Sembrava, quindi, che l’antico avesse del tutto annientato il moderno? Non proprio, non proprio…

“We need Guns baby, lots and lots of Guns”

La rivelazione sarebbe arrivata al termine dello scorso aprile, a seguito dell’acquisizione di qualche arma un po’ più potente: un fucile Ruger Mini 14 da 5.56 mm (comparabile all’AR-15) un formidabile e celeberrimo AK-47 Kalashnikov e addirittura il Mosin Nagant, la leggendaria arma dei cecchini sovietici durante la seconda guerra mondiale. Al primo tentativo effettuato, dunque, si capì che eravamo finalmente arrivati al capolinea. Un singolo colpo del Mini 14, in effetti, frantuma la goccia. E da analisi con telecamera in slow-motion, appare immediatamente chiara la verità: la sua distruzione si è svolta, finalmente, a partire dal punto di vista corretto. Giubilo, esaltazione, liberazione! Finalmente Destin aveva concluso il suo sogno, potendo tornare a produrre video su argomenti altrettanto vari ed indubbiamente, altrettanto interessanti. Un secondo tentativo con il Kalashnikov dimostra, ad ogni modo, l’importanza della precisione: la pallottola sfiora infatti soltanto la goccia, che finisce per esplodere a causa delle vibrazioni della sua coda, come di consueto. Al che, il nostro eroe elabora una teoria: non è (soltanto) l’energia maggiore sviluppata dai grossi fucili a fare la differenza, ma la forma appuntita dei loro proiettili, che penetrano meglio l’involucro esterno del vetro temperato. Liberando quindi, all’interno del globo, tutta la forza accumulata dalla struttura. Purtroppo, entro la fine del video, non sembra presentarsi l’occasione di usare il Mosin Nagant. Forse lo sparatore non si trovava a suo agio con l’arma, o ha preferito risparmiare lo stress dell’impiego ad un simile pezzo d’antiquariato bellico, che non sarebbe del tutto fuori posto in un museo. Di certo sarebbe stato interessante sentire l’opinione del principe del Reno sull’intera faccenda…
Il silenzio calò sulla radura, mentre tutti fissarono lo sguardo sul peloso e candido Boy, accovacciato come la sfinge egizia del continente remoto del Sud. Il re aveva gli occhi sbarrati, mentre l’amico sorrideva in maniera un po’ sghemba: “Ma, ma, ma… Ti sono scherzi, questi…” Poi sembrò comprendere cosa era successo esattamente, dando i natali a un’idea. “Scommetto che ne hai un’altra, vero? Mettiti qui, mi raccomando. Non muoverti! È un ordine del tuo re.” Già Rupert aveva infilato la mano sinistra nella bisaccia che nascondeva in vita, importata direttamente dal suo contatto a Mecklenburg, nella Germania settentrionale. “Scudieri, portatemi il mio moschetto!” L’espressione di Rupert parve, d’un tratto, congelata come un cristallo di quarzo, tra l’allegria ed un vago senso d’improvvisa preoccupazione. Il cane si rintanò dietro l’albero più vicino, mugolando fra se e se.

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