L’uomo col potere di ricaricare i cellulari a distanza

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C’è un momento estremamente memorabile nella saga di Dragonball Z, posizionato al culmine del confronto finale con l’alieno mutaforma Majin Buu. Ripetutamente distrutto dai protagonisti della serie, esseri dalla capacità marziale e spirituale sovrumana, ma ogni volta rinato dalle sue ceneri color rosa caramella, grazie al potere innato della rigenerazione. Un destino già toccato tra l’altro, nel corso dell’apocalittico confronto, allo stesso pianeta Terra, disintegrato e ricomposto solamente grazie al desiderio espresso dai guerrieri al cospetto del dio drago Shenron. E la situazione stava nuovamente per precipitare quando Goku, il campione dell’umanità ormai ridotto allo stremo delle forze, alza le mani verso il cielo e pronuncia le fatali parole: “Ora ni Genki wo Waketekure!” Datemi tutti la vostra…Energia! Tra la popolazione largamente inconsapevole, con soltanto un vago ricordo della catastrofe recentemente subìta, l’istintiva reazione ad un simile messaggio telepatico è diffidenza: “E se a farci questa richiesta fosse un demone o uno spirito del male… E se il gesto di altruismo ci privasse della nostra stessa capacità di andare avanti…” Tanto che soltanto le parole del precedente antagonista Vegeta, trasmesse alla popolazione dell’intero pianeta, riusciranno a convincerli ad assecondare la richiesta: “Sollevate le vostre mani…Oppure… Morirete tutti!”
Nei racconti d’intrattenimento, specie quelli provenienti dal Giappone, tutto diventa chiaro nel momento della verità. Si tratta di una semplice fiducia nel concetto stesso del Destino. Mentre la realtà, purtroppo, è molto più complessa e stratificata: al punto che, la scorsa settimana, una qualcosa di assolutamente paragonabile ha coinvolto l’anima informatica di 40 milioni d’individui, pronti a manifestare il proprio sincero interesse per un’incredibile rivelazione pubblicata sulla pagina Facebook Viral Hacks. La quale dimostrava, neanche a dirlo, un metodo per infondere l’energia senza fili nella batteria al litio dei nostri beneamati smartphone. A 15 metri di distanza. Con nient’altro che un normale caricabatteria con un magnete incollato sopra, una presa di corrente in cui infilarlo e le due estremità di un cavo di ricarica reciso, acconciate alla maniera di una coppia d’antennine, o bacchette magiche da rabdomante. Come talvolta capita nei video di successo online, la scena è presentata in maniera assolutamente pratica e realistica, senza nessun tipo di commento audio e nell’apparente fiducia che almeno qualcuno tra il pubblico abbia il desiderio di mettere in pratica una tale soluzione, apparentemente donata alle conoscenze del senso comune dal profondo del proprio altruistico stile di vita. Ebbene…Che dire. Il dubbio è lecito. E se davvero, donare la nostra attenzione e l’energia economica determinata dai distratti clicks, grazie al potere della sponsorizzazione, fosse stata traviata da una forza fondamentalmente maligna, quella dell’inganno sensazionalista di…Qualcuno? “CERTO che è così.” Vorrei esclamare: è una semplice questione di termodinamica. Ma chi volesse una spiegazione più estesa, lo invito a guardare per esteso il video soprastante di ElectroBOOM a.k.a. Mehdi Sadaghdar, l’inventore ed ingegnere di provenienza iraniana diventato famoso online per il suo rapporto quasi viscerale con l’elettricità, con la quale effettua originali esperimenti a cadenza settimanale, spesso finendo per darsi la scossa o far esplodere le cose. Il quale in questo caso, ha deciso di abbandonare temporaneamente il format per trasformarsi nel proverbiale smascheratore di bufale, con tanto di mantello supereroistico ed enfatizzati manierismi da risolutore dell’umana ingenuità.
La sua frustrazione, dopo tutto, appare più che mai giustificata: “Sono anni che mi distruggo letteralmente la salute per proporvi contenuti spiritosi e interessanti, ed ora questi * ottengono un successo maggiore di quanto io possa mai essermi sognato, proponendovi un qualcosa di assolutamente ridicolo e privo di senso. Ve lo faccio vedere io, come si fa davvero…”

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Un punto fondamentale del concetto di stregoneria è la mimesi: qualcosa svolge il compito, perché assomiglia esteriormente allo strumento che potrebbe farlo. I cavi sembrano antenne, dunque trasmettono l’energia. Semplice e lampante, quanto i postulati del “sopravvalutato” Isaac Newton.

Quindi inizia la disanima della lunga serie di problemi del video in oggetto, intitolato originariamente Smartphone Charger Convert Into Wireless Charger. In primo luogo, la sua stessa provenienza: l’inconcludente bufala non è neppure, nei fatti, stata prodotta dalla pagina di Viral Hacks, ma proviene dal canale di uno YouTuber mediamente rilevante, ADDIOLOGY, che con esso non è riuscito a raggiungere neppure il “misero” milione di visualizzazioni (anche se ci arriverà presto). Il che non è che l’ennesimo esempio di abuso recente del sistema di pubblicazione video di Facebook, spesso usato dai publisher per replicare i contenuti sottratti dalla piattaforma video di Google, impedendo ai veri autori d’incassare giustamente sulla pubblicità. Il che, incidentalmente, è anche alla base dei tanti canali come quello di ElectroBOOM, in cui il legittimo proprietario dei contenuti, mettendoci letteralmente la faccia, impedisce a chiunque di scavalcarlo. Poi c’è la questione, difficilmente trascurabile, della ciabatta elettrica usata per fornire la corrente al mistico caricatore. Essa presenterebbe, infatti, oltre all’interruttore sulla presa usata per l’esperimento, un secondo generale, che durante tutto il corso del video resta palesemente spento. Il che potrebbe costituire una pressoché ridicola, se non addirittura l’intenzionale “errore” lasciato dal goliardico creativo come una sorta segno d’intesa agli spettatori sufficientemente furbi da capire la sua scherzosa falsità. Difficile capirlo, senza conoscere l’effettivo sentimento alla base del video.
Mentre il problema più scientificamente rilevante, nonché quello in grado di colpire maggiormente la fantasia di Sadaghdar, è che la trasmissione a distanza dell’energia esiste, ma non è questo il modo di effettuarla tramite un comune trasformatore DC per cellulari. Perché necessita, essenzialmente, di un diverso tipo di approccio. Quello dato dal grande dono di Nikola Tesla all’umanità della fine del XIX secolo: la corrente alternata polifase (AC).

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La verità dove non ti aspetteresti di trovarla: esiste almeno in forma di prototipo un prodotto in grado di ricaricare senza fili, né base ad induzione, i cellulari. Il suo nome è TechNovator XE e la sua portata massima può raggiungere i 5 metri. Molto presto, la compagnia detentrice del brevetto dovrebbe lanciare una campagna di raccolta fondi su Kickstarter, per iniziarne la commercializzazione.

La ragione è presto detto, e dimostrata (non senza l’irrinunciabile incidente di percorso). ElectroBOOM realizza due piccole bobine di rame, una delle quali collegata ad un LED, quindi inserisce con entusiasmo l’altra in una presa di corrente. Con le conseguenze che potrete facilmente immaginare: il lampo, la scintilla, l’imprecazione. Va comunque assolutamente tenuto conto, come aveva ammesso spontaneamente lo stesso autore verso la fine del suo video pubblicato il 16 maggio 2016 dal titolo Super Human Endurance Against High Electrical Current, di come in molti dei suoi celebri incidenti di percorso fossero in realtà la risultanza degli effetti speciali creati grazie ad un condensatore. Il che dimostra, in lui, un senso pratico molto più condivisibile di quanto molti sarebbero stati pronti a pensare. Posizionato quindi sul tavolo l’ennesimo prodotto sponsorizzato (anche le star di Internet devono mangiare) ovvero un generatore di segnali elettromagnetici con annesso oscilloscopio, il sapiente tecnico collega allo stesso la sua seconda bobina. Ed è qui che viene il bello: proprio perché, inizia a spiegarci con entusiasmo, la trasmissione di energia attraverso l’aria è possibile soltanto in presenza di un campo magnetico che oscilla tra due poli, generando essenzialmente una sorta d’invisibile trasformatore. Una volta regolata la frequenza grazie all’apparato, quindi, ci dimostra l’apparentemente inconcepibile: una luce che si accende, senza nessun tipo di collegamento, soltanto in funzione della vicinanza ad un trasmettitore di corrente. Quasi altrettanto facile, sarebbe collegarci lo smartphone. Naturalmente, la distanza per una soluzione tanto improvvisata non può superare che i pochi centimetri. Anche se, in tempi recenti, sono stati ottenuti risultati molto superiori mediante l’impiego di componenti specifici e soluzioni tecnologiche innovative. E del resto sono noti ormai da tempo, gli esperimenti condotti in ambienti rigorosamente controllati per trasmettere l’alta tensione a miglia di distanza, attraverso lo strumento ultrascientifico delle microonde. Ma una soluzione simile è endemicamente pericolosa, e dal punto di vista funzionale non poi così diversa dal concetto di un arma. Lo sapeva anche troppo bene lo stesso Nikola Tesla, che più volte tentò di vendere agli inglesi la sua idea per un letale “raggio della morte” non così dissimile dalla vincente sfera di riscossa scagliata dal sofferto Goku, al termine del suo glorioso “Ora ni Genki wo Waketekure.”
Visibilità, potenza, elettricità: tutti strumenti che possono servire per il bene di tutti, come per promuovere unicamente il proprio arricchimento e vantaggio personale. I cellulari, allo stato attuale dei fatti, sono uno dei pilastri che reggono l’universale mondo delle telecomunicazioni. Colui che dovesse scoprire un metodo per renderli in qualche maniera più pratici, o maggiormente funzionali avrebbe essenzialmente in mano le chiavi del successo. Immaginate a tal proposito un futuro, in cui semplicemente tornare a casa, entrare in un’aula di scuola o un ufficio pubblico dovesse significare iniziare a ricaricare istantaneamente il proprio Galaxy o iPhone… Senza dover più ricorrere alle prese di corrente, finalmente liberi nei fatti e le intenzioni… E tutti i soldi spesi per acquistare costosissimi cavi ed accessori? Qualcosa mi dice che se arriveremo a un tale punto, non sarà per il merito di una possente multinazionale. Ma grazie all’invenzione di un outsider, come furono tanti dei grandi innovatori, fin dall’epoca dei nostri trascorsi più remoti.

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