UFO delle vacanze: la strana casa di un altro futuro

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Fa freddo nel cortile del WeeGee Exhibition Centre, ad Espoo in Finlandia, fra il fruscìo della vegetazione rigogliosa piantata tutto attorno a una tipografia dismessa ormai da circa vent’anni. Ma lo sguardo, per lo meno, è riscaldato da un’inconciliabile visione: una bizzarra capsula di quattro metri di diametro, sospesa da terra, costellata di oblò equidistanti sopra la livrea di un vistoso color giallo zafferano. D’un tratto, con un sibilo meccanico, uno spicchio dell’oggetto si apre, rivelando una rampa ribaltabile del tutto simile a quella di un aereo. Un paio di piedi iniziano a discenderla, per diventare quindi gambe, vita e inevitabilmente, un volto. Gli occhi grandi, la folta barba… L’avete riconosciuto? Si tratta, senza alcuna ombra di dubbio, di…
Se guardiamo al domani adesso, tramite la lente della letteratura o del cinema di fantascienza, tendiamo a percepire una distesa desolata al cui confronto gli aridi deserti paiono dei prati alpini. Morte, povertà e devastazione. L’armonia del consorzio umano ormai un remoto ricordo, mentre le persone si combattono per le ultime risorse di un pianeta ormai stanco, battuto dai mutanti, dagli alieni e dagli spiriti affamati di rivalsa. Mentre tutto ciò che popola le nostre fantasie, in qualche maniera, lo riflette: le auto corazzate di Mad Max, le armi mostruosamente letali dei romanzi di William Gibson, i vampiri mangiatori di carne umana di Io Sono Leggenda… Mentre per quanto concerne l’architettura, è raro che i creativi si dilunghino eccessivamente nelle descrizioni. Il che è piuttosto logico, a pensarci: perché quale diamine potrebbe mai essere, l’aspetto di una casa concepita per ospitare una persona ragionevole all’interno di una tale distopia? Se non un cubo di cemento, privo di finestre tranne quelle per prendere la mira, tutto spigoli e filo spinato, dietro varchi successivi di porte blindate e trappole letali! Le abitazioni del domani in fiamme, per come lo vediamo tristemente oggi, non presentano sorprese di alcun tipo. Né la benché minima traccia di linee curve. Ma di contrasto, fino all’altro ieri non fu così. Quando la strada innanzi a noi pareva luminosa e corroborata dal bagliore dell’ottimismo mentre la plastica, materiale indistruttibile ed innovativo, trovava applicazione in ogni ambito che voi possiate concepire. Incluso quello, strano a dirsi, abitativo. Per lo meno in base alla visione operativa di Matti Suuronen, architetto finlandese celebre per l’uso che faceva di poliestere, resine termoindurenti, acrilico e fibra di vetro. Tutti materiali che trovarono l’applicazione nella sua visione di una casa ideale, o per usare l’effettivo marchio commerciale usato a partire dal 1968, l’adorabile Futuro house.
Immaginate, se potete, un’epoca di surplus finanziario, durante la quale ogni famiglia disponeva di risorse in eccedenza. Quando praticamene chiunque, persino i lavoratori con stipendio minimo dell’allora neonato Walmart, era PER LO MENO benestante. Ciò perché i soldi, quei pezzi di carta privi di una reale utilità nel mondo fisico, potevano giovarsi di un potere d’acquisto che cresceva in modo esponenziale. Tanto che ben presto, fluttuando sulle fantasie sui viaggi nello spazio, la robotica, l’idillio di una società pacifica che accelerava i suoi progressi, si iniziò ad immaginare un 2000 in cui nessuno avrebbe più avuto bisogno di lavorare, se non per scelta personale, e tutti avremmo avuto bisogno di un luogo in cui divertirci per far passare i lunghi mesi di una vita senza impegni. Ora, i modi chiaramente non mancavano. Ma il buon Suuronen, a quanto ci è possibile immaginare, amava soprattutto questo: sciare. Così il suo più celebre contributo generazionale, verso il volgere del decennio, fu l’idea per un nuovo tipo di baita per la montagna, non più concepita per essere faticosamente messa insieme sul posto, grazie al sudore sulla fronte delle maestranze locali, bensì costruita in fabbrica in qualche decina di pezzi, da far assemblare al personale tecnico in un paio di giorni, o in alternativa, addirittura, trasportata tutta intera con l’ausilio di un prestante elicottero. Il che doveva presentare una visione piuttosto bizzarra. Perché vedete, la Futuro house è costruita con la precisa forma di un disco volante. Si tratta di una mera coincidenza, intendiamoci. Di una forma concepita, nelle parole dello stesso creatore, per massimizzare l’isolamento termico e risultare, al tempo stesso, in grado di lasciar scivolare via la neve dal tetto, potendo in aggiunta contare sul solo appoggio di quattro palafitte, soluzione ideale in condizioni di suolo instabile o roccioso. Ma l’illusione non può che persistere immutata…

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Ogni singola componente della Futuro house era stata progettata per essere sollevabile con la sola forza muscolare. Nessun mezzo pesante era indispensabile per assemblarla in loco (benché servisse un camion per il trasporto, e l’uso di una gru semplificasse di molto le operazioni).

Matti Suuronen, che all’epoca era già famoso per diverse opere pubbliche e private, tra cui avveniristiche pompe di benzina e un silo per il grano a Seinäjoki, non ebbe difficoltà a trovare finanziatori e sostenitori della sua idea. Procuratosi quindi la collaborazione dell’ingegnere Yrjö Ronkka, dei tecnici C.J. Olander ed Heikki Tikkanen e di alcuni tra i colleghi di più vecchia data, l’architetto presentò la sua idea alla compagnia produttrice di platica Polykem Ltd, con sede a pochi chilometri dal suo studio di Helsinki, sita nella cittadina di Hiekkaharju. Uno stabilimento tanto importante per l’economia finlandese di quegli anni, da poter rispondere da  solo a circa il 50% del fabbisogno nazionale di materiali polimerici a base di petrolio, come il PMMA o il PVC. Prima di giungere alla produzione in serie, venne quindi realizzato un primo prototipo della Futuro, contrassegnato con il numero di serie 000, oggi considerato alla stregua di un’opera d’arte ed attentamente preservato nel museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, in Olanda. Esso può costituire, a fronte di una breve analisi, una finestra sui processi creativi che portarono alla concezione di una soluzione abitativa tanto fuori dal comune.
La Futuro era sostanzialmente staccata da terra, tranne per i suoi quattro pali di sostegno in acciaio e un singolo tubo centrale, a cui potevano essere collegati luce, gas e corrente elettrica. In assenza di quest’ultima, era prevista l’inclusione di un generatore, da impiegare per far funzionare il potente impianto di riscaldamento a termoconvezione, un aspetto assolutamente essenziale nei climi gelidi del grande Nord. Proprio in funzione di questo ambiente presunto di utilizzo, la maggior parte degli oblò presenti nella prima versione della casa non erano neppure apribili, finendo per costituire forse il singolo aspetto più singolare dell’intera faccenda. L’interno della casa, invece, poteva essere personalizzato con delle apposite paratie. Ogni pezzo di mobilia, per ovvie ragioni, doveva essere creato su misura: era presente una piccola cucina, un’area bagno/spogliatoio ed un grande soggiorno, dotato di un altra trovata piuttosto innovativa: fino a 6 poltrone-letto disposte a raggiera, in qualche modo somiglianti alle capsule d’ibernazione di un’astronave per i viaggi interstellari. L’idea di convivenza estremamente ravvicinata per cui era stata concepita la casetta durante il suo utilizzo idoneo, dunque, offriva la visione su un tipo di vacanze piuttosto estreme, in cui l’assoluta convivenza doveva provenire da una famiglia o un gruppo di amici particolarmente affiatati.
Dopo le prime recensioni entusiastiche su alcune riviste del settore, nonché una riuscita esposizione a Londra, la Polykem iniziò a produrre in serie le case. Ne sarebbero state messe assieme un numero incerto, ma ritenuto tra i 60 ed i 100 esemplari, di cui la prima in assoluto, numero di serie 001, fu acquistata dalla personalità televisiva finlandese Matti Kuusla soprannominato Pikkis, che la posizionò in riva al lago Hirvensalmi, dove rimase fino all’inizio degli anni 2000, quando a seguito di una completa operazione di recupero e restauro fu trasportata sul terreno del WeeGee Exhibition Centre. E proprio questa è la casa, pressoché immacolata, che abbiamo avuto modo di ammirare nel video di apertura. Altri esemplari non furono altrettanto fortunati…

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Sull’isola di Taiwan, per un certo periodo, vennero investiti grossi fondi per la creazione di villaggi vacanze per i soldati americani di stanza nelle basi d’Oriente, tra cui questo di Sanzhi, attualmente in rovina. Tali resort avrebbero usato esclusivamente case prefabbricate di design, tra cui la Futuro e la successiva Venturo, sempre di Matti Suuronen, riconoscibile dalla vasta finestra frontale in acrilico trasparente.

Come potrete facilmente immaginare da quanto poco sia conosciuta questa storia, le Futuro house non furono esattamente un trascinante successo commerciale. Diventarono piuttosto un prodotto di nicchia, amato dagli artisti e dagli eclettici di molte nazionalità, che arrivarono a ordinare il prodotto con considerevole dispendio dagli Stati Uniti, dall’Australia e da molti dei paesi d’Europa. L’artista tedesco Charles Wilp, ad esempio, ne posizionò una sopra la sua casa di Düsseldorf, usandola per tenere delle feste a cui ebbe modo di invitare, tra gli altri, Andy Warhol e Hugh Hefner, il fondatore di Playboy. Ci furono inoltre impieghi di natura pubblica, con diverse compagnie che ne fecero dei piccoli ristoranti, delle banche o boutique, facendo affidamento sull’aspetto inusuale dell’edificio per attrarre i potenziali clienti. La base militare di Såtenäs, in Finlandia, ordinò addirittura una casa per metterla sopra un’alta torre, e farne una postazione di osservazione che potesse scrutare al di là dell’orizzonte. Ma la funzione ideale delle Futuro restò sempre quella di case, poiché ciò era stato ergonomicamente previsto al momento della loro concezione. Benché gli oppositori, come sempre, non mancarono: pare infatti che la vista di una di questa avveniristiche strutture, situata in un luogo dall’alta visibilità o i notevoli pregi naturali, fosse sufficiente a suscitare la rabbia incontrollata dei vicini, portando a numerosi casi di proteste nonché qualche atto vandalico, decisamente ingiustificato. In un caso, di una Futuro collocata in prossimità del lago Puulavesi, venne presentato un esposto formale al comune. Mentre a Tampa, negli Stati Uniti, venne ordinata la demolizione di un esemplare ritenuto disallineato con l’estetica cittadina.
A seguito di svariati altri eventi simili, molti cancellarono le prenotazioni rinunciando alla caparra di 1.000 dollari, e la crisi del petrolio del 1973, che triplicò il costo della plastica nel giro di pochi mesi, mise la parola fine sull’ipotesi di una casa per le vacanze che fosse realmente degna dei romanzi retro-futuristici di quegli anni… Secondo una leggenda taiwanese, tuttavia, ci fu uno specifico motivo per il successo mancato: pare infatti che per realizzare il più grande agglomerato delle graziose abitazioni finlandesi, presso la località del resort insulare di Sanzhi, fosse stato necessario spostare l’antica scultura di un drago. E che la vendetta dello scaglioso essere, seguendo le vie traverse impiegate dagli dei di ogni nazionalità, possa aver finito per abbattersi sul sogno di Suuronen. Ma forse, la reale ragione è che il passato vive un costante conflitto col domani, e che noi, alberi nella tempesta,  non possiamo che tentare l’ardua mediazione tra i due. Così, è inevitabile che qualche foglia venga trascinata via…

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