“Dov’è Wally?” Nella sesta dimensione

Where's Waldo 360

Una giornata come tutte le altre sul molo di Santa Monica, contea di Los Angeles, un luogo reso celebre da una quantità spropositata di film, serie tv, video musicali, video giochi… Il che significa, animata. Piena di caos e di persone, tra cui gente in costume, sia da bagno che di carnevale, ovvero abbigliata nello stile riconoscibile del più famoso idraulico di tutti i tempi, uno che “risolve” i “problemi” contro-rapendo principesse preda del malvagio imparentato con gli anchilosauri. E teste giganti, che fluttuano nell’aria. Strane apparizioni in lontananza sopra le onde, di attori famosi ricreati a dimensione di torri della nebbiosa Avalon, un’altra terra di evasione ed opportunità. Con qualche McDonalds in meno, suvvia. Ma è proprio quando tutto andava per il meglio, sembra volerci dimostrare il nuovo video del premiato team di produzione Corridor Digital (vera istituzione di YouTube) che l’imprevisto si prepara a palesarsi, sul tranquillo procedere dei minuti degni delle stars.  Ecco d’improvviso, dunque, che all’interno del pregevole Apple Store locale, un vero cubo Trasparente (!) la gente inizia lievemente a sussurrare: “Ma quello non è…” Qualcuno batte la spalla al partner, all’amico al genitore: “Guarda, guarda!” E infine, con sussurri d’entusiasmo: “L’abbiamo…L’abbiamo trovato!” C’est magnifique! Wonderful! Anzi che dico, WAN-derful! Nonché terribile, allo stesso tempo. Lungo la fila degli iPad, verso l’ingresso del sacrale tempio tecnologico, una figura con la maglia a strisce rosse e bianche, un buffo cappello col pon pon in concordato, un semplice paio di blue jeans. Nonostante le pressanti aspettative. In luogo della presunzione inopportuna. Egli. Era. Lì: Wal-do. “Svelti, chiamate la Waldo Police!”
Come, chi è Waldo? Non stiamo qui usando nient’altro che il nome attribuito negli Stati Uniti e in Canada al personaggio creato nel 1986 dall’illustratore Martin Handford, celebre protagonista di una serie di libri per bambini (non solo) in cui scenari particolarmente ornati, caotici e movimentati, nascondevano la sua presenza, offrendo l’opportunità di un gioco enigmistico tra i più classici e celebrati, quello del “dov’è la cosa/persona?” Rimpiazza quindi l’ultimo binomio con l’appellativo usato in patria, nonché in Italia, di Wally, ed avrai il titolo di un vecchio tormentone, certamente ormai lontano per le origini, ma che non passò mai, in realtà, di moda. Viviamo, dopo tutto, in un’epoca di mutamenti. Attraverso i quali, il più delle volte, le finalità di base tendono a restare uguali. Così, lo stravagante protagonista di una delle vicende editoriali dai presupposti meno evidenti (bisognerebbe in effetti chiedersi: chi è Waldo? Da cosa sta fuggendo?) entra allegramente nel nuovo secolo e millennio, grazie all’applicazione di un sistema di ripresa particolarmente avveniristico, quale soltanto simili creativi dei nostri tempi avrebbero saputo portare all’epico coronamento. Cinque telecamere GoPro incastrate in un sostegno realizzato ad hoc usando la stampante tridimensionale, quindi sincronizzate attentamente grazie all’uso di particolari software per PC. Con il risultato, alla fine, di ad ottenere un solo video che è sostanzialmente panoramico, con la forma di una bolla posta attorno a noi gli spettatori, o in altri termini, virtual(-izzato). Quale modo migliore, di nascondere una figura celebre all’interno dell’inquadratura, che rendere quest’ultima interattiva, e moto più estesa del normale! In un susseguirsi di sei scenari, il nostro amato-odiato protagonista ci appare intento nel bighellonare tutto attorno alla location d’eccezione, senza uno scopo chiaramente definito, mentre voci preoccupate si consultano al di fuori dell’inquadratura. Quindi, in un crescendo di concitazione, gli interpreti di alcuni veri e propri Men in Black finiscono ad un certo punto per trovarlo, iniziando le prime battute di un glorioso inseguimento, nonostante gli svariati finti bersagli presenti in ciascuna scena (un altra idea mutuata direttamente dalla serie dei libri di Handford). Il tutto, pochi attimi prima che il grande W, come del resto è sua prerogativa, volti la pagina sulla scenetta, teletrasportandosi altrove. Finché alla fine, non sarà rivelata l’impossibile verità, con un certo veicolo, tutt’altro che sconosciuto, incaricato del recupero di un tale personaggio. E qui finisce il gioco, ma sarebbe poi così scorretto dire, che comincia…La leggenda?

Explore the World 360
Il mondo è la mia ostrica e la telecamera a 360°, una perla. Ora, se soltanto iniziassero a portare nelle case la tanto attesa realtà virtuale… Perché mai, viaggiare? Ah, ah.

Un mondo améno, in cui alla fine, nonostante tutto, il bene trionfa sempre. Eppure, allegramente combattivo, pieno di spunti difficili e crudeli, quello delle storielle per bambini, affinché le pressanti peripezie dei personaggi più o meno buffi, variabilmente drammatici, faccia da strumento educativo “per osmosi” del come affrontare la vita, pur sempre carica di astruse circostanze spazio-temporali. Non a caso Wally viene spesso associato, in quel tipo di crossover Pop così tremendamente amati dall’estetica del Post-Moderno, alla figura di un’altra protagonista di una serie d’intrattenimento per molto giovani, la ladra buona (nonché investigatrice) dall’appariscente impermeabile rosso con cappellone pendant, Carmen Sandiego. Dei videogiochi nozionistici “Dov’è finita Carmen Sandiego?” prodotti dalla Brøderbund Software a cavallo degli anni ’90, le cui vicende narrative non erano altro che una scusa per mettere l’interagente a contatto con argomenti prettamente scolastici quali la geografia, la fisica, la storia…Unendo l’utile al dilettevole, pur tuttavia, senza che il primo princìpio surclassasse mai il secondo, quindi rispettando le regole del grande gioco. Di creare in modo efficace, i giochi “utili” o così si crede. Mentre in epoca grosso modo coéva, Wally ci appariva certamente più disimpegnato, come un poster di Mordillo o la pagina in bianco e nero del Corvo Parlante, sul più famoso settimanale dei soggiorni al mare o le lunghe mattine ad aspettare le supplenti in scuole disorganizzate. Poi il grande fiume continuò la folle corsa, finché ogni ultima goccia del vaso di Pandora non venne lavata via grazie all’influsso del tempo. Lasciando solamente le ossa bianche dei Dry Bones, le mostro-tartarughe morte e rianimate, che in Italia presero il nome di tartosso, calpestate senza remore dall’uomo col cappello rosso, di cui sopra, anch’egli un personaggio pienamente degno di quel molo, totalmente senza tempo. Ma già nuovi eroi/eroine, e quel che è molto peggio, i loro antagonisti, iniziano a gettare l’ombra sul procedere della lunga, lunga settimana!

Nagoya Bandit 360
Nagoya, Tokyo, all’altra riva di un Oceano sconfinato. Qui sfuggono diversi personaggi, alla ricerca di un satori che nessuno immagina, né può descrivere a parole.

Questo è lo strano video, intitolato 予告犯360° (Yokokuhan – La Profezia) realizzato la scorsa estate per promuovere l’uscita di un film live-action tratto dall’omonimo manga thriller, opera di Tetsuya Tsutsui, pubblicato originariamente dal 2011 al 2013. In cui un sistema simile a quello del video dei Corridor Digital, veniva impiegato per creare la sequenza di una movimentata caccia all’uomo (o alla donna?) Per le stradine e i vicoli di Nagoya, una vera e propria città nella città, incorporata dalla grande metropoli di Tokyo all’epoca delle riforme catastali dell’inizio del secolo scorso. Un luogo che tuttavia, mantiene saldo il suo legame col passato, come si può facilmente evincere dall’atmosfera di queste scene, in cui strette carreggiate, mai pensate per l’uso di autoveicoli, vengono ancora percorse da persone abituate a fare vita di quartiere, pur essendo circondate da certi specifici presupposti della modernità, quali ragazze in costume che chiamano i clienti dentro agli hostess bar, o molto, molto peggio, malviventi pronti a minacciare anziani solitari, che immediatamente si rivelano come maestri di karate senza paura, né pietà; anche questo succede, quasi per caso, nei migliori video girati a 360°. In cui l’occhio virtuale dello spettatore, controllato con il mouse o altri simili sistemi, dovrebbe ipoteticamente essere attratto da ogni sorta di elemento accidentale, giustificando anche più di una visione della stessa scena. Finché non venga da esclamare: “Magari potessi farlo anche dal vivo!” E tutto per…Trovare, un misterioso individuo. Di nuovo. Che stavolta assume l’inquietante pseudonimo di “Bandito del giornale” proprio per la sua abitudine, chiarita a margine della questione, d’indossare un cappuccio-origami realizzato con la carta di detto strumento informativo, ormai pressoché desueto. Ma hai voglia, a fare una cosa simile col tablet! Trovarlo, ad ogni modo, resta un proposito certamente non facile, viste le molte distrazioni offerte dal video, tra cui ricorre tre volte la figura di una donna in abito da sera rosso (per saperne di più…Leggete il manga?!) Che alla fine, quasi per un ripensamento, sceglierà d’indossare, nella penultima scena, il cappuccio-di-giornale. Possibile che…? Non illudetevi. Non era lai la colpevole. C’è in effetti una sublime verità, dietro all’intera questione, che se dovesse essere svelata, priverebbe il video del suo principale elemento di suspense. La sorpresa resta fondamentale per qualsivoglia giallo che si rispetti. Quindi, non la svelerò.
Ed in ultima analisi, occorrerà pur sempre ammetterlo: siamo un po’ tutti Waldo/Wally/Carmen Sandiego/il bandito. Perché simili personaggi della fantasia si nascondono, ma molto più vicino di quanto potremmo mai pensare. Del tutto invisibili, come un ipotetico grillo che dovesse saltarci tra i capelli, rimanendo intrappolato. Lontano dagli occhi, nonostante il suono ininterrotto del suo frinire. Che continua, 24 ore al giorno, con la pioggia, con il sole, con la neve di un canale senza senso né una chiara sintonia…

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