Tre usi possibili per il cannone a rete

Net Gun

La mia arma non è un’arma, il mio destriero vola sopra il suolo, e in più siamo in due, a cavalcarlo. Il rombo rotativo delle pale ci accompagna, mentre scendiamo a bassa quota per prendere di mira l’ennesimo bersaglio, quadrupede orecchiuto, sebbene non cornuto, benché la sua specie ben conosca la doppia escrescenza che ramificandosi permette ai maschi di combattere tra loro. Cervi, sono (circa) 550 cervi. Ma di un tipo alquanto particolare: nati infatti tra le vaste recinzioni di un allevamento, laggiù, nel Messico rurale. Destinati quindi, come loro massima prerogativa, ad essere asserviti al gusto ed alla tavola di un altro tipo di mammifero, colui che sa (sapiens, sapiens, sapidus). Giacché la carne di questi animali, ad oggi, vien chiamata “selvaggina” ed è associata in modo indissolubile alla pratica del cacciatore. Il che osservando la presente scena appare molto logico, visto come addirittura in cattività, se così può essere davvero definita, questi esemplari di coda bianca della Virginia (Odocoileus virginianus) debbano essere per prima cosa catturati, quindi solamente dopo, maneggiati con estrema cura e trasportati fin lì… Nella stagione degli accoppiamenti, quando un solo maschio, per ciascun gruppo di compagne, viene piazzato in un recinto. Affinché succeda quel che deve, lasciando la natura ai suoi sistemi, però sotto l’occhio attento dell’allevatore.  È una sorta di metafora del mondo intero, a ben guardarla: l’individuo compie il suo dovere di essere vivente, perché vi è portato e tende a trarne una notevole soddisfazione. Ma è la collettività, in ultima analisi, che dovrà trarne beneficio. Ora, la particolare pratica messa in mostra in questo video FPV (in prima persona; e 60 frame al secondo, not bad!) potrebbe sembrare ai non iniziati, insolita e crudele. E resta certamente indubbio che l’esperienza per un ungulato di sentirsi e vedersi piombare addosso un elicottero tonante, poco prima di essere colpito da una rete volante, che gli si attorciglia tra le zampe e poi lo fa cadere, sia tutt’altro che gradevole. Ma considerate, per un attimo, l’alternativa! Ora, è largamente noto che gli animali di grossa taglia necessitino di spazi adeguati al loro essere, imprescindibilmente, selvaggi. E spesso si parla, tra telegiornali ed articoli di gran visibilità, della tragica condizione dell’orso bruno marsicano, per non parlare dei suoi distanti cugini d’altre nazioni o continenti, che notoriamente vagano per colli e foreste sempre più ridotte, entrando talvolta in conflitto con gli agricoltori e/o gli allevatori di dette regioni, che per l’appunto, dovranno pur campare. E un erbivoro corridore, per quanto aggraziato ed elegante, non può che essere considerato un pasto potenziale con le zampe, per chi vive in condizioni d’indigenza. Senza l’allevamento, quanti cervi sopravvivrebbero, oggi, in Messico? E se catturarli è un passaggio necessario alla riproduzione, potenziata con finalità di produzione della carne, è anche questo un passo necessario. Alla continuazione della specie.
Forse qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi se dopo tutto, un metodo tanto medievale all’apparenza sia il migliore disponibile ad un tale scopo. Quando tanto spesso abbiamo avuto modo di encomiare, nei documentari per la Tv, l’efficienza del tipico fucile spara-siringa, in grado di addormentare un leone nel giro di 15 secondi, permettendone l’assistenza sanitaria e così via. Mentre questo particolare approccio del cannone a rete fu inventato negli anni ’70 in Nuova Zelanda (secondo il sito enciclopedico Te Ara, da un certo Ernest Jones, di Takaka) in osservanza ad alcuni ottimi vantaggi che poteva offrire: punto primo, si poteva usare senza l’acquisizione di una licenza. E secondo, presentava meno rischi per l’animale. Sbaglia a lanciare la tua rete, l’animale verrà colpito da una delle quattro asticelle metalliche che agiscono da peso, riportando una lesione in genere di lieve entità. Ma sbagliando la dose della droga chimica, quello non si sarebbe svegliato mai più.

Al che viene anche da chiedersi, perché la cultura post-moderna ci ha portato a farlo con innumerevoli film thriller, polizieschi e fantascientifici d’azione: che succede se un tale dispositivo, in condizioni di grave necessità, dovesse essere puntato contro un essere umano? Il suo funzionamento, in fondo, è cosa semplice: quattro cartucce da fucile a canna liscia, rigorosamente caricate a salve, che proiettano in avanti i contrappesi, ciascuno assicurato a un angolo di un intricato intreccio di cordame. È chiaro che un ipotetico aggressore, ladro o malintenzionato d’altro tipo, a patto di non essere dotato d’arma da fuoco, dovrebbe ritrovarsi totalmente intrappolato dal cannone a rete? Giusto? Beh, personalmente non saprei garantirlo. Tuttavia volendo giudicare la questione dall’alto numero di siti web che vendono versioni dell’attrezzo di autodifesa considerate “di libero utilizzo” (anche qui, consiglio di verificare presso la propria amministrazione regionale) parrebbe che l’approccio abbia un qualche grado evidente di efficienza funzionale. Non linkerò in questa sede, né nominerò prodotti disponibili su scala internazionale, preferendo invece mostrare questo strano segmento giapponese, forse proveniente da un programma tv, che ultimamente ha fatto la spola tra i principali hub socio-memetici ed i social networks più famosi.
In cui alcuni attori, variabilmente convincenti, si industriano nel mostrare un possibile impiego, rigorosamente non-violento, della net gun contro bersagli umani. Prendendo anche l’ispirazione risolutiva finale da, niente poco di meno che, non sto scherzando: i gladiatori dell’antica Roma.

Net Gun Japan
Na-nanja korya?! Sarebbe stato meglio trovarmi alle prese con il buon vecchio Spider-Man!”

Si tratta di un video piuttosto interessante, soprattutto quando si considera come in Giappone le armi da fuoco siano strettamente regolamentate, e sostanzialmente disponibili soltanto alle forze dell’ordine. L’attività venatoria, infatti, in questo paese è talmente condizionata da complessi regolamenti, da trovarsi in netto calo di diffusione ormai da molti anni, e persino le più organizzazioni che operano fuori dalla sfera legale, il più delle volte, si accontentano di strumenti d’intimidazione psicologici o basati sulla minaccia di violenze non basate sulla polvere da sparo. In conseguenza di ciò, l’ipotetico impiego del cannone a rete per salvarsi in determinate condizioni di pericolo, potrebbe ottenere risultati migliori che altrove. Come entusiasticamente messo in pratica da questa figura giovanile di segretaria-receptionist, che si trova improvvisamente innanzi un improbabile ladro stereotipico in passamontagna ed abito nero (pare uscito da un fumetto degli anni ’60) che prontamente neutralizza con la sua fida net gun. In una serie di scenari successivi, quindi, vengono mostrate le ulteriori implicazioni del metodo, tra cui l’ingegnosa maniera in cui il marchingegno possa essere, successivamente al lancio della rete, saldamente annodato ad un paracarro o recinzione stradale d’altro tipo, permettendo così ala fanciulla di scappare verso lidi più accoglienti.
C’è, nell’intera operazione, anche un vago sentore dell’estetica del chindōgu, ovvero quella passione tipicamente nipponica per le strane invenzioni, che colpisce generalmente la fantasia internazionale perché conforme alla visione dell’Oriente come un luogo strano e incomprensibile, privo delle nostre familiari limitazioni contestuali. Ma ciò che resta maggiormente impresso, alla fine, è forse l’intervento successivo dei due gendarmi in uniforme, presumibilmente chiamati sulla scena da un qualche testimone fuori dall’inquadratura, che sopraggiungono per effettuare l’arresto del malefico perpetratore. I quali intervengono, niente meno che con dei forchettoni metallici, fortunatamente privi di punte ma per il resto del tutto conformi, nell’utilizzo e funzione, all’arma classica del retiarius, la classe gladiatoria che doveva, nelle truculente tenzoni del mondo antico, bloccare a terra l’avversario corazzato con la rete da pesca, poco prima di colpirlo col tridente. È proprio vero: certe situazioni non cambiano mai. Mentre ce ne sono delle altre, ugualmente pressanti benché nate dal progresso della tecnica, che si palesano soltanto al sorgere di una nuova, acciaiosa alba:

Net Gun Drone
Un drone può servire a molti scopi, non tutti egualmente leciti o ben voluti. Ma come ci si può difendere da un drone?

Fece in effetti notizia recentemente, e forse anche in modo sproporzionato alla portata tecnologica dell’intera questione, l’entrata in commercio del cannone a rete di dimensioni ridotte prodotto dalla DroneShield, un’azienda che si propone di offrire la più semplice, ed efficace, delle soluzioni per rimuovere l’inaspettata visita del moderno spione radiocomandato volante. La cui efficacia risulta chiaramente dimostrabile, visto come uno degli impieghi tradizionali di una tale arma fosse per l’appunto la cattura di uccelli in volo, condizionata da problematiche del tutto comparabili a quelle del quadricottero medio, che anzi, è per di più spesso statico e quindi ben più facile da bloccare e costringere a terra. È anche vero che se mandi il tuo velivolo con telecamera in luoghi inappropriati, dovresti aspettarti un qualche tipo di risposta. Ma simili ausili alla cattura potrebbero anche diventare un problema di qui a poco, vista l’imminente introduzione, sempre più pubblicizzata da parte del colosso dell’E-commerce Amazon, di un futuro sistema di consegna dei pacchi ordinati tramite Internet grazie all’impiego dei droni. Difficile fermare un furgoncino del corriere con la rete, mentre così…Determinati tipi di persone non ci mettono poi molto, ad eliminare dalla mente la sensazione di stare per commettere un reato, in assenza di quello che possa essere definito, in tutto e per tutto, un testimone umano.
Animali, persone e robot: mi raccomando, gente! Se mai doveste trovarvi in possesso di un cannone a rete, probabilmente a seguito di un lungo corso che verteva sul suo migliore utilizzo in situazioni d’alta specificità, puntatelo soltanto con moderazione. Da un grande potere deriva una grave eventualità. Che costui schivi la rete, per venire quindi a chiedervi a suo modo “Perché?” E simili implementi d’autodifesa, penso sia molto chiaro, restano tutt’ora molto, molto lunghi da ricaricare…

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