Subacquei soverchiati dall’abnorme pesce alieno

Mola Mola

I tedeschi lo chiamano Schwimmender Kopf, la Testa che Nuota. Mentre per i cinesi è fan-che-yu, il pesce-ruota rovesciata. In Latino viene detto pesce mola, perché è grigio, ruvido, piatto, grosso modo circolare, esattamente come lo strumento che si usava anticamente per schiacciare il grano. Nella maggior parte dei paesi europei contemporanei, nel frattempo, si preferisce usare una locuzione variabile che lo accomuna ad uno dei due maggiori personaggi dei cieli: la Luna (pesce-) oppure il Sole (in inglese: Ocean Sunfish). La prima perché le due pinne mediane della creatura, dorsale e ventrale, sono tanto allungate da ricordare il tipico spicchio dell’inizio di un ciclo mensile. Il secondo…Non si sa. Forse in origine si era voluta dare precedenza all’astro mattutino, piuttosto che a quello decisamente meno importante che controlla il flusso delle nostre maree. La ragione di tali e tanti suggestivi epiteti va ricercata, piuttosto che in particolari atteggiamenti dell’animale o altre caratteristiche non evidenti, unicamente nel suo aspetto alquanto…Insolito. Per usare un eufemismo. Basta guardarsi intorno nei diversi habitat del mondo, emerso o sotto le acque degli oceani sconfinati, per rendersi conto che il concetto di bello può essere adattato a molte varie circostanze. Ci sono bestie maestose e fiere, splendide nei loro caparbi propositi d’aggressione. Ed altre meno istintivamente attraenti, che tuttavia risultano dotate di un particolare fascino, frutto della funzione. Ma il pesce alieno in questione, per quanto gli si voglia concedere il beneficio del dubbio, ha la particolare sfortuna esteriore di rassomigliare da vicino ad un qualcosa d’incompleto. Come se la Natura, nel metterlo a punto, avesse iniziato con la parte anteriore di un grosso e resistente abitante delle fasce oceaniche epipelagica e mesopelagica (attorno ai 200 metri di profondità) e poi si fosse stancata, dicendo: “Basta così!”. Questo perché ad un punto imprecisato dell’evoluzione del pesce, tuttavia comprovato come antecedente all’epoca geologica dell’Eocene superiore (33,9-38 milioni di anni fa) la sua coda è diventata sempre più corta, la colonna dorsale si è accorciata, i quattro grandi denti simili agli incisivi caratteristici del suo ordine tipologico si sono fusi, formando l’equivalente maggiorato di un becco da pappagallo. Così nasceva, dunque, la leggenda.
È difficile restare indifferenti di fronte ad una simile scena, quasi onirica nel suo improbabile fluttuare delle astruse circostanze. Trovarsi di fronte a una creatura così antica e totalmente indifferente, al mulinante logorìo dei nostri giorni, alla logica dell’efficienza, ai suoi stessi propositi di autodifesa. La più diffusa e grande delle quattro specie appartenenti alla famiglia dei Molidae, qui ripresi da sommozzatori a largo dell’Ilha de Santa Maria nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, non ha in realtà moltissimi predatori, soprattutto in funzione della sua mole e della dura pelle corazzata, spessa fino a 15 centimetri sul dorso. Gli unici a sfidare un simile titano inerme, e sia chiaro che lo fanno generalmente prima che questi raggiunga l’età adulta, sono i più voraci ed aggressivi predatori, come gli squali, le orche o i leoni marini, e persino loro, non sempre con successo. Gli ultimi pinnipedi citati, ad esempio, finiscono spesso per ferire gravemente il pesce alle pinne, per poi lasciarlo sul fondale a morire, dimostrandosi incapaci di mangiarlo. Una strana forma di difesa a posteriori da parte del grosso navigatore delle acque sommerse, se così vogliamo definirla. Mentre non costituisce in realtà un problema per l’effettiva sopravvivenza della specie. Questo perché il Mola Mola, fra le sue molte caratteristiche biologiche inusuali, ne presenta una che basta a giustificare tutte le altre: la capacità di deporre fino a 300 MILIONI di uova in una volta, più di qualsiasi altro animale vertebrato sulla Terra. E se anche soltanto una minima parte di queste verrà fecondata nella stagione della fregola, se pure molti dei pesciolini che ne scaturiscono saranno pasti facili dei predatori di passaggio, il semplice numero delle opportunità offerte alla prossima generazione, da ciascuna ponderosa madre, basteranno a garantire ottimi propositi continuativi. E non è forse questa, alla fine, la singola cosa più importante?

Enormous Sunfish
Il pesce luna misura fino a 3,3 metri di lunghezza per 4,2 di altezza da una pinna all’altra, con un peso ragguardevole di circa 1000 Kg. Sono stati tuttavia attestati nella storia anche degli esemplari eccezionali, in grado di raggiungere e superare il doppio di una tale stazza impressionante. – Via

I piccoli del pesce luna misurano, all’uscita dall’uovo, appena 2,5 mm, una notevole differenza rispetto agli altri neonati degli abitanti più grandi dei mari, come gli squali, che partoriscono esemplari già completi in ogni loro parte. Questo perché il loro occasionale coinquilino alto e stretto, in effetti, appartiene alla categoria del tutto differente dei pesci ossei, ovvero dotati di uno scheletro vero e proprio, piuttosto che le formazioni cartilaginee del più temuto masticatore marino. Sono in realtà imparentati da vicino, anche se allo stadio adulto non si direbbe affatto, al pesce palla dei Tetraodontiformes (composto greco che si riferisce ai già citati quattro denti) con cui condividono diversi tratti, incluse, secondo certe teorie, le tossine velenose che albergherebbero nel loro fegato imponente. Da neonati, ad ogni modo, la somiglianza è molto più apparente, con un profilo vistosamente tondeggiante e l’accenno di alcune spine, destinate a scomparire prima che la creaturina inizi a mangiare seriamente, raddoppiando la propria stazza complessiva per diversi milioni di volte. Come si può facilmente desumere dalla boccuccia stretta e le capacità di nuoto in agilità del tutto comparabili a quelle di un autotreno, il pesce luna non è esattamente un astuto cacciatore, limitandosi a succhiare placidamente qualche salpida planktonica, crostacei, seppie e soprattutto meduse, che costituiscono la parte più importante della sua dieta. Un cibo tanto abbondante, ed al tempo stesso poco nutritivo, che il gigante deve andarne costantemente alla ricerca, per sostentare il suo esigente metabolismo sovradimensionato. È una vita, dopo tutto, non poi così tranquilla, sopratutto quando si considera che il Mola deve costantemente gestire un altro suo problema estremamente rappresentativo, ovvero l’infestazione da parte di oltre 40 diverse specie di parassiti. Proprio così: la povera bestia ne è completamente ricoperta, al punto da costituire una sorta di colonia viaggiante e un ristorante occasionale, i gabbiani, i pesci pulitori e gli altri spazzini dell’esercito sommerso. Talvolta, uno di questi animali ospita talmente tanti organismi accessori da giungere a sviluppare una lieve bioluminescenza, fenomeno forse alla base dei suoi nomi comuni di natura più prettamente astronomica. Per liberarsi degli ospiti in eccesso, quindi, l’alieno nuota in prossimità degli scogli, talvolta strofinandosi su di essi. Oppure cerca i banchi di alghe abitati dai labridae, gobidi o pesci pipa di varia natura, tutti grandi estimatori di quel cibo, trasformati per l’occasione nell’equivalente ittico degli addetti all’autolavaggio. In altri casi, il Mola nuota fino alla superficie, voltandosi su un fianco ed aspettando che qualche uccello venga a pasteggiare su di se. In simili circostanze, la sua pinna superiore ha spaventato più di un bagnante umano, vista la vaga e preoccupante somiglianza a quella di uno squalo.

Mola Mola 2
Questo video girato all’isola di Gozo, di fronte a Malta, raffigura quello che potrebbe essere il singolo pesce luna più grande mai impresso su pellicola digitale. Peccato soltanto che l’operatore non si sia preoccupato di stabilizzare in alcun modo la sua opera, che nel complesso finisce quasi per assomigliare ad una dei film Cloverfield o Blair Witch Project.

Il genere dei Molidae ospita altre tre specie ben distinte, oltre a quella del Mola Mola, o pesce luna comune. La seconda in ordine di diffusione è il M. ramsayi, detto “dei mari del Sud” perché si era pensato per lungo tempo che occupasse l’emisfero meridionale, sostituendosi completamente alla variante precedentemente nota detta “del Nord”. Si è poi scoperto, invece, come le due specie convivano tranquillamente in molti ambienti, portando al superamento di una presunta distinzione geografica, che di fatto non è mai esistita. Il pesce è molto simile al suo più prossimo parente, con alcuni tratti distintivi principalmente concentrati nello spazio della coda tronca: nel M.ramsayi, infatti, questa risulta dotata di un minor numero di ossicini ed è quindi meno frastagliata. Inoltre non compare la linea curva delle scaglie che invece separava questa zona dal resto del corpo, nel caso del cugino. Esiste poi un pesce luna più piccolo (1 metro di lunghezza massimo) diffuso in tutti i mari del mondo incluso il Mediterraneo che trova il nome scientifico di Ranzania laevis. Nel folklore gli abitanti aborigeni dell’antica Australia, questa creatura era definita il re dei maccarelli, e prenderlo nella rete veniva considerato un pessimo presagio. Gli altri pesci, infatti, a quel punto avrebbero evitato le coste, portando ad un periodo di potenziale carestia. Conclude la famiglia il Masturus lanceolatus, diffuso soprattutto nella zona tropicale e temperata, dal Messico a Taiwan. Il pesce, che viene talvolta detto “dalla coda a punta” presenta una segmento sporgente verso la deriva su quest’ultima, che lo fa rassomigliare maggiormente a un pesce, per così dire, normale. In Estremo Oriente, dalla Cina al Giappone, questa creatura è considerata un piatto estremamente prelibato, condizione problematica per qualsiasi specie di animale, che lo ha soggetto ad una pesca piuttosto aggressiva e difficile da regolamentare. Si stima che nel solo 2005, ad esempio, ne siano state immesse sul mercato 208 tonnellate, con un singolo esemplare, particolarmente grosso e pregiato, venduto alla cifra spropositata di 1 milione di dollari statunitensi.

Mola Ramsayi
In questa ripresa di un giovane esemplare di Mola ramsayi è possibile apprezzare la maniera insolita in cui questa tipologia di pesci è solita nuotare: per la propulsione, vengono fatte oscillare le pinne superiore ed inferiore, mentre la “coda” serve più che altro a sterzare. Nel frattempo, le due minuscole pinne laterali si occupano della stabilizzazione.

Il pesce luna è estremamente difficile da allevare in cattività, all’interno degli acquari, soprattutto per il grande spazio di cui ha bisogno. Non soltanto la vasca deve essere abbastanza profonda da ospitare la sua notevole estensione in senso verticale, ma è necessario che offra uno spazio sufficientemente ampio per nuotare in cerchio, proposito tutt’altro che accessibile quando si pensa alla sua poca agilità. Inoltre, la presenza di altri pesci più rapidi nel procacciarsi il cibo renderà difficile nutrirlo, a meno di averlo addestrato a mangiare direttamente dalle mani umane (o più frequentemente, dall’apposito bastone). Tra i pochi luoghi di accudimento marino e divulgazione che sono riusciti a superare queste ardue sfide, figurano l’acquario Kaiyukan di Osaka, l’Oceanarium di Lisbona in Portogallo e il Nordsøen di Hirtshals, in Danimarca. Si dice che nessun altra creatura marina lì custodita, con la possibile eccezione degli squali e dei delfini, susciti lo stesso effetto di meraviglia ed interesse da parte del pubblico dei visitatori.
Ma il modo migliore per osservare questa insolita creatura, divoratrice di meduse senza sazietà, resta l’immersione completa e letterale nelle cupe profondità dei suoi habitat naturali, come ampiamente dimostrato dai numerosi filmati reperibili su YouTube. E per fortuna, vista la natura estremamente prolifica del pesce, continueremo ad avere questa opportunità ancora per parecchio tempo. Sushi…Permettendo?

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