L’esperienza accidentale di essere sommersi dagli insetti

Sabula Mayflies

Un incontro certamente inaspettato, quello che ha coinvolto questi poliziotti dello Iowa chiamati sul ponte tra le cittadine di Sabula e Savanna, sopra il vasto e quieto Mississipi. Con la scusa che, emergenza! La carreggiata è diventata letteralmente impraticabile per la quantità di ali sfarfallanti, code biforcute e zampe arcuate di un particolare tipo di visitatori occasionali, se non proprio alieni nei fatti, per lo meno preoccupanti. Nonché problematici senza essere nocivi, semplicemente per quanto sono differenti da ogni altra specie di animali. Si tratta niente meno che di uno sciame di mayflies, mosche di Maggio, l’ultima generazione degli appartenenti a un genere d’insetti preistorici, che nel quinto periodo dell’era Paleozoica giungevano a misurare fino a 45 cm d’apertura alare. Ma i quali persino oggi, ben più ridotti nelle dimensioni (tra le specie innumerevoli, la media si assesta intorno ai 5 cm) possono fermare il traffico grazie alla loro semplice presenza, che può manifestarsi nei fatti in un qualsiasi periodo che vada dalla primavera all’autunno, non soltanto il mese da cui sono denominate. La ragione, chiaramente, va cercata nella quantità: immaginate un patto stretto tra tutte le nostre comuni mosche domestiche, che le portasse tutte a radunarsi dietro a un mobile, in attesa che la casa si sia momentaneamente liberata dai suoi proprietari. Quelle che erano soltanto una decina di ospiti indesiderate, aumenterebbero nel tempo e in modo esponenziale, per l’arrivo dei fratelli dalle zone circostanti. Finché in quell’attimo fatale di chiusura della porta, con un ronzio feroce, spunterebbero centinaia, quando non migliaia d’individui alati, diventando per qualche attimo di gloria le signore indiscusse del proprio territorio… L’unione, nella maggior parte dei casi, per gli insetti fa forza. E persino lo spietato ago della selezione naturale, manovrato dall’incedere dei predatori, non può che tendere verso il fatidico SI, quando le potenziali vittime sono tanto numerose da sfidare l’immaginazione, e così sacrificabili, individualmente, proprio perché vivono per poche ore. Ma il bello, dopo tutto, è ciò che viene prima: lungi dal materializzarsi per partenogenesi, come spesso si credeva anticamente, questi insetti restano uno sciame dall’attimo fulmineo della propria nascita e fin quando non raggiungono quel duro giorno della verità. Alla schiusa delle uova si presentano con l’aspetto di una creatura acquatica che misura dai 3 ai 30 mm, la ninfa (o naiade, dal nome delle protettrici divine dei fiumi dell’antica Grecia) con tre segmenti e un paio di zampe per ciascuno. In questo stadio, vivono per un tempo che può raggiungere anche i due anni, durante il quale crescono mangiando alghe diatomee o detriti, cambiando il proprio esoscheletro più volte. In alcune specie dell’insetto, raggiunte le dimensioni sufficienti si trasformano in pericolosi predatori, in grado di prosperare ai danni delle larve dei cugini. Finché ad un segnale a noi inaudibile, in effetti largamente misterioso, non decidono che è giunto il tempo di cambiare. A quel punto, ai nostri occhi d’imprecisi osservatori, tutto il resto viene cancellato! Emersione, migrazione e diffusione! Perché succede allora, come periodicamente narrano i telegiornali degli Stati Uniti, che interi edifici, o ponti, vengano ricoperti da queste creature, la luce del sole oscurata, come nelle piaghe bibliche, dal terribile vibrare delle loro ali. Il che sarebbe una tragedia se potessero arrecare un qualche tipo di danno, ma non c’è neanche il tempo di porsi la domanda, che le mosche sono già del tutto morte. Ma non prima che…


Da sempre cara ai filosofi è questa vicenda, della creatura che comunemente viene detta Effimera o Efemera, non così diversa nell’aspetto dalle libellule o zygotteri comunemente noti come Damigelle. Non per niente, fa parte dello stesso raggruppamento dei Paleotteri che si sono evoluti in modo indipendente dagli ormai preponderanti Neotteri, mancando di acquisire alcuni tratti dati per scontati in molti degli artropodi di questo mondo. Ciò significa, nei fatti, che a loro resterà per sempre precluso quel segreto che permette di ripiegare le ali sopra il corpo, proteggendole dalle intemperie, come pure la capacità di effettuare metamorfosi complete in pochi giorni, dallo stato di ninfa a quello dell’imago, la versione di se stessi fatta per l’accoppiamento. A tal proposito, in particolare, le mosche di Maggio dei fiumi e laghi americani mostrano l’approccio estremamente originale di mutare ben due volte, per la prima verso uno stadio intermedio, non ancora in grado di volare molto bene, definito scientificamente della sub-imago. In tale aspetto transitorio, dai colori più spenti, nuotano verso la superficie dell’acqua, poi si posano su qualche ramo vicino, oppure mura, automobili, lampioni, ovvero qualunque cosa gli capiti a tiro. Stiamo parlando essenzialmente degli unici insetti che siano dotati di ali anche prima di raggiungere lo stadio adulto. Tuttavia, non sono ancora pronti per la loro folle danza:

Ephemeroptera
Via

Dopo alcuni minuti, o nei casi di alcune specie fino al tardo pomeriggio di quell’ultima giornata, ormai completamente asciutte e riposate, le effimere affrontano lo sforzo necessario per compiere la muta finale, nel corso della quale si liberano della loro struttura esterna, dispiegando grandi ali triangolari, simili a quelle della mosca ma dotate di molte più venature. A questo punto, sono diventate creature incredibilmente specializzate: la loro bocca è del tutto incapace di mangiare, l’apparato digerente si è riempito d’aria, mentre delle sei zampe ne funzionano soltanto quattro, se non addirittura due (dipende dalla specie). Le loro lunghe code si agitano al vento.
Tutto quello che possono e devono fare, trascinate dall’estasi dei loro istinti, è riuscire a mescolare il proprio materiale genetico con quello altrui. Per farlo, i maschi iniziano a perlustrare la superficie dell’acqua individualmente, quindi si aggregano ai loro simili, formando dei nugoli ben distinti. Volando in modo ritmico secondo un pattern differente per ciascuno, disegnano figure nell’aria, mentre le femmine li avvistano da lontano, intersecando tali traiettorie al meglio della propria abilità. All’incontro fatidico tra i due gruppi, ciascun maschio tra i più fortunati impiega le sue zampe frontali per agguantare al volo la compagna, inseminandola nel giro di pochi secondi con il doppio Aedeagus, organo dalla forma simile a quella di un asparago. In genere, la coppia neanche tocca terra, quindi si separa spontaneamente, soddisfatta di aver fatto quanto di dovuto. Raramente un individuo ha la forza o la longevità di accoppiarsi più di una volta, mentre la sua consorte dovrà subito recarsi a deporre le proprie uova. Poiché le effimere spesso vivono spesso in ambiti fluviali, dove l’acqua corre via veloce, devono curarsi che i propri pargoli non vengano trascinati troppo a valle. Per questo alcune specie, come la mosca caudata del fiume Tisza in Ungheria (Palingenia longicauda) volano anche per tre chilometri prima di depositare il prezioso carico, che nel giro di qualche attimo scompare sul fondale. Nel corso di questa maratona, pur non essendo in grado di mangiare, l’insetto può occasionalmente abbeverarsi dalla superficie. Ma come potrete facilmente immaginare, le sue ore sono ormai contate. La sua prole nascerà dopo un periodo di 45 giorni.

Tisza Mayflies
Lo spettacolo dell’emersione delle mosche del fiume Tisza è una vera e propria attrazione di fama, che ogni anno richiama un certo numero di appassionati e turisti. Queste effimere sono le più grandi del mondo e possono facilmente raggiungere anche i 10 cm di lunghezza.

L’esistenza e il ciclo vitale delle effimere erano già note fin dai tempi antichi, e viene commentata addirittura da Aristotele, nel suo Perì tá zỗa historíai (Storie degli Animali – IV secolo a.C.) nella sezione in cui parlava dei sistemi di locomozione. Egli individuava infatti la necessità, per ogni creatura non umana, di disporre di almeno quattro “punti di appoggio” per il movimento (zampe, pinne o ali) e definiva questo insetto, erroneamente, come l’unico quadrupede dalla durata della vita estremamente breve. Questo perché il grande filosofo, che non era ancora uno scienziato in senso moderno ma piuttosto un acuto osservatore, non aveva compreso come le appendici usate per l’accoppiamento, nei fatti, altro non fossero che versioni fortemente modificate delle due zampe frontali dell’insetto. Di nuovo le effimere compaiono dell’opera dello studioso e storico romano Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che ne annota l’esistenza presso le coste del Mar Nero. Fu proprio lui, inoltre, a coniare per loro il termine adattato dal greco di Hemerobius, da hēmero “un solo giorno” + bios “vita”.
Nella simbologia cristiana, poi, l’effimera diventa un tema atipico ma ricorrente, comparendo occasionalmente nelle opere e nei dipinti di alcuni artisti di primaria importanza. L’incisore tedesco Albrecht Dürer, ad esempio, la include nella sua celebre stampa de La sacra famiglia con l’effimera (1495) in alternativa definita come Vergine con la libellula, oppure la locusta, o ancora la farfalla. Questo perché la raffigurazione tipologica non è particolarmente dettagliata: l’insetto compare quasi per caso e a dimensioni estremamente ridotte, nell’immagine dai plurimi dettagli, in basso a destra, vicino al manto della Madonna, che è a sua volta sovrastata dal Padre e dallo Spirito Santo. Secondo alcuni, la minuta creatura dovrebbe rappresentare la transitorietà della vita su questo pianeta, come una sorta di memento mori, oppure l’anello di collegamento tra il micro e il macrocosmo, ovvero la Terra e il Regno dei Cieli. O magari si tratta semplicemente di una concessione specifica fatta dall’artista verso la Natura, in particolare questo animale che lo aveva affascinato nel corso di uno dei suoi viaggi tra Francoforte e l’Olanda. Di sicuro, una comparabile reazione di accrescimento spirituale si può osservare nella poliziotta del video di apertura, che come colpita da una sorta di Rivelazione, mentre dozzine d’ali la insidiano nell’abitacolo dell’automobile, più volte impreca contro il collega ed esclama a gran voce: “Jeesus, Jesus Be-Jesus. Oh, My, God.”

The Fifth Day
L’effimera nell’incisione di Jan Sadeler e Maarten de Vos “Il quinto giorno: la creazione degli uccelli e dei pesci” – 1587 –  Via

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