I ferrovieri giapponesi ballano la Yosakoi

Yosakoi

Sopra un palco rapidamente costruito in mezzo ai giardini di Odori, nella ridente città di Sapporo, sono schierati in file successive trentadue individui in uniforme nera con accenti rossi, il berretto recante un soggolo dorato. In posa plastica, le braccia raccolte dietro la schiena, ciascuno di loro guarda il pubblico con ciglio fiero e poi produce, in un perfetto sincronismo, il primo accenno di un saluto militare. Ma non sono soldati, questi, non ci troviamo a una parata. Stiamo per assistere piuttosto alle prime battute della festa annuale dedicata ad una delle espressioni popolari maggiormente rappresentative del Giappone, che reinterpreta gioiosamente le sue stesse tradizioni. Questa è la danza, un tempo ubriaca, della Yosakoi. La quale oggi, piuttosto che nascere come spontanea espressione di chi vorrebbe onorare gli spiriti dei defunti durante la festa di Obon, è frutto di uno studio coreografico più attento, nonché ricco di un concreto simbolismo. Dunque ciò che segue nella scena appare subito profondamente rappresentativo: il braccio sinistro dei curiosi personaggi che si alza parallelo al suolo, portato con fare formale a quindici centimetri dal viso, come se costoro si apprestassero leggere…Un orologio? Siamo per caso in ritardo? Impossibile, appare immediatamente chiaro mentre già si voltano, con fare maestoso, mostrando il monogramma vermiglio dietro alle giubbe, messo in mostra esattamente come fosse quello araldico dei samurai: un solo logo, un’idea di assoluta efficienza funzionale. JR – Japan Railways, ovvero le ferrovie del Giappone, le uniche che quando mancano l’appuntamento con una stazione, ti offrono un biglietto di scuse, da inoltrare fino al capo dell’ufficio. In questo appassionante frangente rappresentate con fierezza, ancora una volta, dal corpo di ballo messo assieme dai loro dipendenti dell’isola del Kyushu, ormai diventati ospite fissi, e onorati, delle più prestigiose manifestazioni nazionali in cui si pratica la disciplina della danza. L’effetto complessivo è straordinariamente travolgente, e gli è valso un’ottimo piazzamento nella competizione nazionale dello YOSAKOI Soran Festival, evento in grado di attrarre, stando alla pagina ufficiale, fino a 2 milioni di visitatori.
Perché non è possibile sopravvalutare l’importanza dello spirito d’aggregazione in un qualsiasi impegno di stampo aziendale: come ingranaggi di un grandioso meccanismo tutti gli individui coinvolti, dal custode al CEO, dalla receptionist al direttore del marketing, dovrebbero condurre e veicolare un movimento che non sia soltanto regolare, ma una via d’accesso alla realizzazione collettiva. E non c’è davvero un modo più immediato, o semplice, di dare forma a un simile concetto, che attraverso lo strumento della musica, che decora con le sue armonie l’incedere del tempo, così come l’arte visuale, la pittura o la scultura, occupa lo spazio fisico di tali e tante sale. Pensate all’inaugurazione ormai attentamente codificata di un nuovo Apple Store, in cui i commessi in uniforme, come prima esperienza dopo il processo di formazione successivo all’assunzione, ricevono il sacro mandato di mettersi in vetrina e inscenare una buffa danza, tra gli applausi imbarazzati dei primi clienti. Oppure all’improbabile canzone motivazionale, simile a un peana neozelandese, che la catena dei grandi magazzini statunitense di Walmart esigerebbe dai suoi dipendenti all’inizio di ogni singola giornata lavorativa – o almeno così dice la leggenda. Il fatto stesso che si possa parlare in un ambito occidentale di un simile fenomeno, come pure di quelle strane sessioni pensate per cementare lo spirito collaborativo dei manager, in cui si costruiscono ponti con gli stuzzicadenti, ci si getta all’indietro per essere presi al volo e così via…Può essere considerato un chiaro segno dell’influenza avuta dall’etica lavorativa del Giappone sull’intero mondo degli affari in bilico per il passaggio tra gli anni ’70 e ’80, quando sembrava che il futuro economico della globalizzazione sarebbe stato tracciato dalle inconoscibili zaibatsu (conglomerati di compagnie) così perfettamente riassunte nelle poderose ed inquietanti insegne al neon della nascente estetica del cyberpunk, ideogrammi fiammeggianti nella pioggia del Blade Runner di R. Scott. Perché in Giappone l’ego della singola persona non esiste. O per meglio dire, la sua stessa concezione è quella di uno stato transitorio, l’illusione momentanea di chi al termine di scuola, lavoro e/o incontri familiari, finalmente si ritrova sopra il proprio letto silenzioso, per pensare, idealmente, ai propri impegni del domani. E così soprattutto il ferroviere: perché non ci vuole molto a capire che il treno, come essenza noetica, è più grande di coloro che lo guidano, di chi lo usa per giungere a meta…

Awa Odori
L’Awa Odori di Tokushima è la festa danzante più grande del Giappone, in grado di attrarre oltre un milione di turisti l’anno. Trarrebbe l’origine, secondo la leggenda, dalle festività indette dal signore del feudo di Awa, Hachisuka Iemasa, nel 1586, per l’inaugurazione del suo nuovo castello.

La prassi esecutiva dell’affascinante spettacolo di danza, ad ogni modo, è quella che nasceva nel 1954 presso la città di Kōchi nell’isola meridionale di Shikoku, come ausilio moderno all’antica cultura giapponese del matsuri (祭) la sagra, o festa di paese. Che può avere, a differenza dell’usanza predominante in Europa, ogni sorta di origine, sia sacra che profana. O ancor più spesso trae le origini dal complesso sistema di credenze e valori dello shintoismo, che non può dirsi una semplice religione, più di quanto lo siano per noi altri la “democrazia” oppure “l’aristotelismo”. Tutti i giapponesi, come esemplificato da un celebre detto, nascono con la percezione antica di un mondo parallelo a quello evidente, in cui kami (Dei) mostri e spiriti determinano il flusso e il corso naturale. Al punto che è una cosa buona e giusta, ogni qualvolta sia possibile, rendere loro onore, per ritardare terremoti, cicloni e onde catastrofiche, nonché trovare una ragione di aggregazione che come dicevamo, è già essa stessa un metodo per dare un meritevole significato alla propria vita. La Yosakoi, differentemente dalla sua ispiratrice storica e vicina geografica, la Owa Odori di Tokushima creata nel contesto buddhista di una delle più importanti feste giapponesi, presenta soltanto tre regole precise: deve impiegare almeno un arrangiamento della canzone scritta appositamente dall’autore Takemasa Eisaku, creata a partire da un’amalgama di canti e melodie folkloristiche pre-esitenti. Non può vedere più di 150 partecipanti per un singolo numero. È infine necessario che questi ultimi impieghino una qualche versione del naruko, la paletta giocattolo in legno che produce un suono simile alla nacchera spagnola. Mentre l’Awa Odori, più antica, vuole la mimési predeterminata di quello che si dice fecero i partecipanti ad una mitica festa dell’epoca feudale, tanto ubriachi da “non riuscire a camminare in linea retta” ma non abbastanza, a quanto sembra, da dimenticare come vadano suonati flauti o shamisen.
Questa esecuzione a tema dei ferrovieri del Kyushu, ad ogni modo, non dovrebbe stupire troppo gli spettatori, visto come sia tradizionalmente accettato il fatto che durante le festività di Obon, che si tengono a seconda della regione del Giappone tra i mesi di Luglio e Agosto, ciascuna regione del paese metta in scena una danza differente, che celebra l’attività industriale considerata più rappresentativa della regione. Il più celebre esempio di questa prassi, spesso mostrato nei manga e cartoni animati del paese, è il Soran Bushi, un numero musicale creato a partire da un antico canto marinaresco, i cui partecipanti mimano a ritmo le attività di gettare le reti da pesca, trasportare i bagagli e remare. Senza tralasciare di fermarsi occasionalmente, per gridare in modo energetico DOKKOSHO! (Orsù!) Oppure SORAN! SORAN! (Si, evviva!) Del resto sono molti i campi giapponesi della vita civile, nel mondo reale come in quello dei matsuri, che hanno saputo trovare un metodo espressivo meritevole di essere esportato:

Tanko Bushi
La Tanko Bushi è una danza originaria della regione della città di Togawa, un tempo effettuata durante la festa di Obon dai minatori di carbone. I suoi passi includono il gesto dello spingere i carrelli, il picconare, l’appendere lanterne. Non si può negare, a vederla così realizzata da quattro signore in kimono formale, che sia in grado di restituire un senso straordinariamente surreale!

È sempre rapido, efficiente. È la pura perfezione. Non ha i topi, né le pulci, né la spazzatura sotto i suoi sedili. Lo Shinkansen che sfreccia, senza un singolo suono molesto, attraverso i palazzi della città ancora addormentata. Colui che lo guida, nell’immaginario popolare, rappresenta il tramite tra gli uomini e le loro costruzioni più tecnologicamente ineccepibili, nella sostanza, un’espressione di divinità. Non per niente, a seguito del loro debutto nel mondo della danza tradizionale, la JR Kyushu Oentai è stata paragonata a un gruppo di sentai (supereroi). Naturalmente nessun singolo essere umano, per quanto eccezionale, può davvero costituire la manifestazione terrena di un sommo kami, ma è per questo che esiste lo spirito di aggregazione. Venerare l’uniforme e le movenze del ferroviere in quanto tale, contrariamente all’apparenza, non è (soltanto) il frutto di un bizzarro spirito pseudo-militarista, ma il riconoscere un’importanza quasi filosofica alla sua attività, per quanto prosaica e legata al mondo della convivenza urbana. La differenza che può fare un simile approccio all’individualismo si osserva facilmente nella quotidianità. Quando ritarda uno dei nostri treni, è colpa di un numero imprecisato di persone: chi ha stabilito gli orari, chi ha pianificato il traffico, i passeggeri problematici, i ladri di rame, chi ha lasciato gli animali sui binari… Che è poi come dire, che la sfortunata situazione andrebbe, idealmente, attribuita unicamente alla ragione delle circostanze. Ovvero a nessuno. Quando ritarda un treno giapponese, parimenti, siamo di fronte ad un sistema che ha fallito. Ma poiché il conduttore è pronto a mettere il suo prestigio personale in prima linea, la ferrovia continua, almeno nella mente dei suoi utilizzatori, a risplendere dell’assoluta perfezione. È tutta una questione d’immagine, o per usare un termine più carico d’implicazioni, pura propaganda. I vantaggi di ciascun approccio, nel complesso, sono sotto gli occhi di chi ha voglia di vederli…

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