Lo scudiero artropode della Malesia

Duliticola

La larva duliticola del Borneo dimostra i sintomi della schizofrenia. Presenta almeno quattro personalità. La prima è quella dello scarabeo, un bacarozzo che zampetta in cerca di delizie putrescenti. Vista da dietro, pare invece un verme. Misura l’estensione dei centimetri con la punta del sedere, trascinata, quindi sollevata, infine spinta avanti con geometrica insolenza. In terzo luogo, rassomiglierebbe vagamente ad un guerriero medievale in armatura, se non avesse cosi tanti rozzi scudi, veramente troppi da portare! Per non parlare del suo aspetto più irreale…
Le vestigia preistoriche risuonano del canto degli eoni e in tempi straordinari, se si verifica la giusta situazione o circostanza, persino un sasso può parlare. Insieme a tutti i suoi antichissimi fratelli. Successe per l’appunto, intorno al 1700, che i minatori inglesi della zona di Wren’s Nest, presso Dudley, ridente cittadina delle Midlands, alla fin della giornata fossero saliti da quel buco, sporchi di fuliggine, sudati e con l’espressione tipica del dubbio esistenziale. Questo perché picconando, martellando, oltre al calcare siluriano avevano trovato qualche cosa di diverso. Un animale…Mostruoso? Non vivo, certamente, ma in forma fossile pietrificata. Era come un granchio, più che segmentato, quasi serpentino, senza coda né le antenne di un insetto. Aveva cento piedi acuminati e una bitorzoluta testa tondeggiante. Qualche anno prima, nell’epoca dei cromwelliani, l’avrebbero chiamato, chi lo sa, forse il Demone del Pozzo. Caso volle, invece, che ci fosse stata la restaurazione. E che il re Carlo II, figlio di un monarca vittima di regicidio, con piglio decisionista e un gesto meritorio, avesse fatto fare la Reale Società. Luogo di persone colte, medici, architetti e filosofi del mondo naturale. Tra cui Isaac Newton della mela, Boyle della molecola e dell’atomo, Hooke di cellule, pianeti ed altre cose. La prassi scientifica riecheggia di quei nomi ponderosi. Ma ce n’erano degli altri, molto meno noti. Chiunque fosse laureato, giovane o desideroso d’imparare era sempre il benvenuto in quelle auguste sale. Tra loro figura un certo Charles Lyttleton, pyccolo (little) solamente nel cognome, visto che fu proprio lui a dirimere il mistero della bestia sotterranea.

Duliticola 2

Abiogenesi: c’era una volta il mare e solamente quello. Ogni forma di vita superiore del pianeta è faticosamente sorta dalle acque primordiali, dall’ipotetica primordial soup. Procarioti, eucarioti e tutto il resto. Giunte allo stadio multicellulare, tuttavia, le ancestrali creature presero a differenziarsi. Certi pesci furono dapprima delle rane, anfibi e un giorno, molto fortunatamente, protoscimmie con esattamente: due braccia, due gambe. Altri, dal canto loro, se ne ritrovarono davvero molte in più. Insetti e così via.
Il nostro Charles Lyttleton aveva scoperto il trilobite, o nelle sue testuali parole: “La locusta pietrificata delle cave di Dudley”. Il duca locale, per celebrare l’evento, se lo mise sullo stemma. Soltanto più tardi, nel 1757, ad opera di Manuel Mendez da Costa, la Royal Society espresse il dubbio che, in effetti, quel fossile potesse appartenere ad un crostaceo. Eppure, benché la prima classificazione fosse sbagliata, non lo era poi di molto.
La maggior parte degli artropodi odierni, acquatici o meno, derivano infatti da quella creatura ritrovata nelle Midlands, o dalle sue innumerevoli simili, disseminate in giro per i cinque continenti. Tale discendenza appare davvero lampante, ad esempio, quando si osserva la forma larvale dello scarabeo duliticolo del Borneo; il cui nome viene dal monte Dulit, paradiso di ogni bestia strana.

Duliticola 4

Nell’isola più grande dell’Asia, quarta in tutto il mondo, non ci sono cave di calcare né colonie inglesi (d’entroterra). Ma una foresta vecchia 130 milioni di anni e un tempo piena di tribù guerriere. I Dayak non erano cannibali, bensì cacciatori di teste, un’attività comunque sufficiente a scoraggiare i primi esploratori: “Il sacro recipiente non può essere aperto da chi non abbia decapitato almeno un nemico della sua famiglia” Recitavano gli spiriti. Meglio lasciarli indisturbati, fecero di contro, gli avventurieri d’Occidente.
Questa fu la forza della straordinaria biodiversità locale, minacciata solo in tempi molto più recenti, soprattutto per l’effetto del disboscamento a scopo edilizio. Vedi, di contrasto, lo sfacelo che fecero i topi e gatti vittoriani, importati (involontariamente) dai primi coloni delle isole Galapagos.

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A tutt’oggi, ci sono punti poco chiari in merito alla duliticola hoiseni, insetto mai sopravvissuto a lungo in cattività. Lo studio più famoso, forse l’unico degno di nota, è stato pubblicato da un esimio Dr. Wong, nel 1996. Egli ritiene che il coleottero si nutra di sostanze putride, come erba rovinata oppure funghi marcescenti. E scaverebbe la sua tana dentro al legno dei tronchi caduti, che quindi tarla per un anno intero, prima di riuscire deporre alcune centinaia di uova. La sua forma più affascinante, quella da cui prende il nome colloquiale di “scarabeo trilobite” è in realtà lo stadio larvale della femmina, che essa mantiene per buona parte del suo intero ciclo vitale. Misura dai 4 agli 8 centimetri. Il maschio sarebbe più piccolo e, a quanto dicono, più simile a un normale coleottero della famiglia dei licidi; purtroppo, su Internet non mi è riuscito di trovarne alcuna immagine. Ci sono altri insetti, comunque, che si giovano di una rassomiglianza al primordiale, straordinario trilobite. Ad esempio il lampiride della thailandia, un lontano parente della lucciola notturna, però segmentato come un’aragosta.
Charles Lyttleton, nato un secolo più tardi, si sarebbe imbarcato verso le terre dell’Oriente misterioso. Questo, in fondo, fecero i suoi eredi. Chissà se lui, giunto sulle coste del Borneo, con elmetto coloniale e splendido retino fra le mani, avrebbe ritrovato il suo fantasma di locusta. Però stavolta viva, semovente! L’agile abitante di un ombroso sottobosco, meraviglia delle meraviglie…Ci avrebbe perso la testa, poco ma sicuro.

Duliticola 5
Lampiride thailandese

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